L’impossibilità di ricomporre. Qui non crescono i fiori di Luca Giordano

Credo che nella narrativa di oggi, quella migliore, sia improprio parlare di lieto fine o meno. Un fine, una fine rimandano sempre all’individuo, all’eroe, a certi personaggi incredibili e totalizzanti con cui siamo cresciuti. Sempre più spesso, invece, ci ritroviamo a fare i conti non tanto con i destini di qualcuno, che sia un eroe o un disperato poco importa, ma di un mondo narrativo che sta deflagrando, e che alla fine può ricomporsi o esplodere definitivamente.

Qui non crescono i fiori di Luca Giordano, riedito da Terrarossa Edizioni, è l’innesco perfetto di una bomba. Una bomba che fa un male cane.

E di cani si parla, fin dalla copertina, che vede un ragazzo e la bestia vicini e insieme irraggiungibili, come quelle rette parallele che sappiamo bene essere destinate a non incontrarsi mai.

Ma andiamo con ordine. C’è un’isola, che immaginiamo essere Lampedusa, con il sole a picco, la polvere, l’abbandono, le miserie private. Sull’isola si moltiplicano i cani randagi, affamati e soli, arrabbiati come tutti. In mezzo a tutto questo c’è una famiglia normale, Giordano lo sottolinea più volte, con due fratelli e un padre, che lavorano insieme dentro un’officina, l’unica dell’isola. Il fratello più grande, Damiano, odia il più piccolo, Salvatore, indifeso. Il padre è taciturno e scontroso, un alcolizzato che proverà per tutta la vita a smetterla definitivamente, autolesionista. C’è Pietro, praticamente un fratello acquisito, con una maledizione personale e il sogno di dare un senso alla propria vita andando al Grande Fratello. Una famiglia asfittica, disfunzionale. Una famiglia normale, dicevo.

Qui non crescono i fiori ci parla dell’incontro di Salvatore e un cane, Tonno, così simile alla storia della sua famiglia, quella che è stata sempre nascosta a Salvatore, che tutti sanno ma non hanno il coraggio di affrontare. L’esperienza cinematografica di Giordano gli permette di eliminare la retorica, le frasette perfette e preconfezionate, gli esercizi di stile ad ogni costo, lasciandoci in mezzo alle parole aspre e dure che sanno di terra e di polvere, dove i silenzi e le pagine bianche sono ricchi di spiegazioni, rimpianti, speranze disattese.

E in mezzo l’empatia sconfinata per uomini e bestie, per i fallimenti e le sconfitte, per i ravvedimenti tardivi, per le conseguenze impreviste, per una pena eterna e attualissima, per tutto ciò che fa di Qui non crescono i fiori la bellissima riscoperta di un mondo che è lontano soltanto per apparenza o pudore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.