Figli e anime ribelli – Le indagini di Alper Kamu tra omicidi e ironia

Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).

Antoine de Saint-Exupéry

Se esistesse unә bambinә che di essere tale non vuole proprio saperne, e che fosse piuttosto unә adultә intrappolato nel corpo di unә bambinә, come lә immaginereste?

Alper Canigüz lo ha fatto e lo ha reso addirittura il protagonista del suo romanzo Figli e anime ribelli, edito in Italia da Brioschi editore, con la bellissima traduzione di Rosita D’Amora.

Alper Kamu è un bambino di cinque anni decisamente fuori dagli schemi. Odia l’asilo e ә suә coetaneә, è innamorato della sua vicina ventenne e passa il tempo libero a leggere grandi classici o a stare nascosto sotto il divano. Troppo grande per il mondo deә bambinә e semplicemente troppo per quello deә grandә, Alper vive in un mondo tutto suo, più onirico che reale, è ciò che potremmo definire una versione sprezzante e pungente del Detective Conan a cui eravamo abituatә da bambinә.

Prendiamo me per esempio: un moccioso che ogni giorno trascorre ore sotto il divano, che ha come amico del cuore il matto del quartiere, che non fa una piega neanche di fronte a una cadavere sgozzato, che si fa fantasie davanti a una ragazza di vent’anni e per di più amante di alcol e pistole. Il ritratto di un mostro con le sembianze di un bambino. La reincarnazione di Rasputin.

Una sera, al rientro da una passeggiata nei dintorni del quartiere, viene attirato da alcuni strani rumori provenienti dall’appartamento di un vicino, il vecchio signor Hicabi, e si ritrova ad essere l’unico testimone di un omicidio.

Da questo momento in poi la storia procede a velocità sostenuta seguendo le rocambolesche avventure del protagonista, alle prese con forze dell’ordine incapaci di svolgere il proprio lavoro, guerre tra quartieri, delinquenti con qualche rotella fuori posto.

In un’atmosfera surreale, in una storia che sembra un giallo ma è soltanto questo, Alper Canigüz riesce ad affrontare la spinosa questione genitori – figlә. Dietro la trama avvincente di un omicidio da risolvere si nascondono le paure e i sensi di colpa di essere statә figlә egoistә e assentә, le paure di essere genitori che hanno fallito. Il tutto all’interno di una società corrotta, che esalta il patriarcato e le idee conservatrici e punisce chi ha il coraggio e la sfortuna di ritrovarsi a nascere dotatә di un animo ribelle.

Un romanzo che trae la sua forza non tanto dalla trama – costruita su un intreccio di eventi e personaggi impeccabile – quanto dal linguaggio. Complice una traduzione che adatta perfettamente il testo alla lingua d’arrivo, pur non dimenticando di mantenere alcuni elementi necessari della lingua di partenza, l’intera storia è costruita sul meccanismo dell’ironia.

Le vite dei personaggi sono vite allo sbaraglio e le loro storie sono sull’orlo della disperazione; a criticarle è l’occhio inquisitore di un bambino di cinque anni. Il risultato è una narrazione estraniante e esilarante che riesce così a smorzare i toni di una critica sprezzante.

Un romanzo che vi terrà costantemente con il fiato sospeso tra inaspettati colpi di scena, sorrisi e un piacevole retrogusto di straniamento dalla realtà.

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