Genova 2001-2021: Circospetti ci muoviamo

Ho dieci anni da una manciata di giorni e ci sta per essere tolta ogni innocenza. È Adriano Lauro che prima con il dito e poi con il manganello punta a caso tra la folla e incolpa un manifestante urlando «Bastardo! Tu l’hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda! Col tuo sasso l’hai ucciso, prendetelo!», urla precisamente così, perché dall’immortalità delle riprese non si sfugge. L’ucciso è Carlo Giuliani, a cui un carabiniere ha sparato e sul quale è passato, due volte, il fuoristrada delle forze dell’ordine per allontanarsi dalla scena. Le telecamere hanno filmato tutto. È il 20 luglio 2001, non sono a Genova ma quello che sta succedendo cambierà anche la mia vita per sempre.

Genova brucia – con il tuo sasso!
Qualcuno muore – proprio adesso!
L’Italia cade – con il tuo sasso!

Modena City Ramblers, La legge giusta

Poco più di ventiquattr’ore dopo, il 21 luglio, la polizia (più di quattrocento agenti, ma ancora oggi il numero definitivo non è mai stato rilasciato) irrompe alla Diaz e inizia un pestaggio feroce degli occupanti, che sarà condannato nel 2002 da Amnesty International e nel 2015 dalla Corte europea dei diritti umani, quando verrà legalmente stabilito che quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane a Genova è tortura.

Oggi è il 21 luglio 2021: sono passati vent’anni – com’è possibile che siano passati vent’anni? Cosa ne è stato di quella Genova? E di quei ragazzi? Cosa ne è stato di noi, nel frattempo?
Provano a dare parola a questa inquietudine Michele Vaccari e lə autorə di Circospetti ci muoviamo. Genova 2001: avere vent’anni, la nuova antologia di effequ dedicata a quelle giornate infami: Ivan Carozzi, Roberta Covelli, Giuseppe Fabro, Veronica Galletta, Valentina Maini, Ndack Mbaye, Matteo Porru, Paola Ronco, Orso Tosco, Nicoletta Vallorani, Daniele Vicari e Federico Zappini interpretano, immaginano, ricordano e ci costringono a guardare negli occhi le persone che siamo diventatə.

Chi mise in pericolo l’ordine pubblico, a Genova, in quelle giornate di luglio?

Roberta Covelli, p. 155

disclaimer: seguono alcune immagini esplicite, foto di reportage di cosa accadeva fuori da quel G8


Genova 2001 – 2021

La prima parola che apre questa antologia, nella prefazione di Michele Vaccari, è profetica: trauma. Nessuna delle ricostruzioni, nessuno dei racconti, nessuno dei ricordi in queste pagine è esente dal trauma che hanno comportato quei giorni, e nemmeno noi lo siamo. In modi che ancora magari non abbiamo esplicitato, che non abbiamo processato, che ancora ci tormentano: Circospetti ci muoviamo è un esorcismo pubblico e collettivo, non per annullare o liberarci da quegli eventi, ma per rievocarli e riappropriarcene, per dire la nostra verità e non quella del potere.

Sei stato tu con il tuo sasso, ti urlano, e ti inseguono, e ti tappano la bocca finché la loro verità diventa uno slogan da ripetere come un modo di dire, una formula universale. E non lo sopportano, che qualcuno ancora si rifiuti di dar loro ragione.

Paola Ronco, p. 34

Da chi ha mancato per poco l’incontro con la morte a chi ha accolto una nuova vita, da chi non c’è mai statə e a chi non ha mai smesso di pensarci, da chi ci torna sempre a chi non se n’è mai andatə: ogni autorə affronta quei giorni, quelle ore, quegli eventi in modo personale e universale, stupito e sofferente, lucido e arrabbiato. Ricostruisce oppure immagina, rivede oppure studia, dando un’impronta a quello che è successo, indirizzando quello che succederà: Orso Tosco (Gadda Gadda Boy) ci accompagna in un viaggio allucinato intervallato da citazioni terribili – proprio come doveva accadere in quei giorni – da cui emergiamo nauseatə, Veronica Galletta (Esondazione) ci parla di argini, tombamenti e strutture che saltano, Matteo Porru (Se viene il temporale) era appena nato e Giuseppe Fabro (L’appuntamento) racconta di qualcuno che diventa padre. Paola Ronco (La parte del torto) lascia la parola e le azioni a Elio, Francesca e Loris, che anche dopo vent’anni non accettano di essere ridotti a «un reperto» o «un cattivo esempio da sciorinare», mentre Ivan Carozzi (Piatti puliti) ci dimostra come sia stata diffusa la protezione dello schermo della televisione, un tipo diverso di arma contro quella Genova in ginocchio.

Una città che brucia, che si accartoccia su se stessa, nelle cui strade insanguinate si trovano faccia a faccia quello che ora sembra un trasognato e impossibile passato, invecchiato in pochi minuti – «sono molto felice che andiamo a Genova, perché quando facciamo le manifestazioni papà parla con il microfono e io sto sulle sue spalle» (Ndack Mbaye, Per chi resta, p. 98) –, e la cruda realizzazione che ora «fare politica doveva somigliare a quello, lacrimogeni o palloncini di sangue, scegliere che cosa lanciare» (Valentina Maini, Un’idea come un’altra, p. 98).
E anche chi sceglierà di non dire mai una parola su quanto successo a Genova, e Daniele Vicari (Non) ci assicura che molti non parleranno o rinnegheranno, non potrà mai liberarsi dalle conseguenze che quei giorni hanno avuto e continuano ad avere.

Perché tenere le fila e i fili non deve essere un lavoro solitario e nascosto, silenzioso e discreto, ma una responsabilità collettiva, che ci tocca tuttə; e se Nicoletta Vallorani pianta Il chiodo nel tempo che ne ferma il flusso, che ne evidenza gli intoppi – Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, George Floyd, Breonna Tylor – e i nodi che verranno al pettine che carda, che ne smaschera la farsa e nella cui trama totale accoglie gli errori, Roberta Covelli li chiama per nome: L’eccezione e la regola. Chi è chi? Stavano uno di fronte all’altro, specchiandosi.

Dopo dirà, essendo creduto, che non è colpa sua ma della vittima che si è fatta uccidere. Ha inseguito il corpo del proiettile, autoimmolandosi a una presunta rivoluzione […]. Quindi la responsabilità della sua stessa morte è solo sua. Le brave persone non intercettano i proiettili delle forze dell’ordine.

Nicoletta Vallorani, p. 181

Un corpo più fedele alle leggi che a noi, come testimonia lo stesso giuramento – leggi che, ci ricorda Covelli, sono state «scritte e approvate sotto un regime dittatoriale […] basato sulla trascurabilità dell’individuo e della sua dignità […] dove il conflitto […] deve essere silenziato» (pp. 159-160). Un corpo di potere che del corpo di un ragazzo non se ne fa nulla, come successe «in quel sabato 21 luglio in cui tutto pareva accaduto, e invece inspiegabilmente accadeva ancora» (Veronica Galletta, pp. 171-172).

Circospetti ci muoviamo è uscito lo scorso 14 luglio, data che nella nostra fetta d’Europa corrisponde, dalle scuole elementari in poi, all’anniversario della Rivoluzione francese. Quel giorno ho visto su Facebook un post che suonava qualcosa come “Cosa si fa il giorno dopo la rivoluzione, quando anche Lady Oscar è morta?” e la risposta di Maria Gaia che invece era proprio “Che domande, si fa la rivoluzione ancora più forte“.
Circospetti ci muoviamo è il giorno dopo la rivoluzione, perché è «a questo siamo chiamati. A un salto di specie» (Federico Zappini, Postfazione, p. 200).


Altre cose da leggere o ascoltare e con cui ricordare:

Vent’anni lontani dalla verità, intervista alla famiglia Giuliani su il manifesto
Nessun Rimorso. Genova 2001-2021, Coconino Press
Limoni, il podcast di Internazionale sul G8 di Genova

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