Questa opera di narrativa, L’azione (Handlingen) di Sara Mannheimer (Safarà Editore), che oggi recensisco è davvero più unica che rara. Adesso vi spiego perché.
La protagonista è una donna che vaga per le stanze della sua Casa, stanze ricolme di lussureggianti scaffali pieni di libri, fra infinite possibilità della letteratura. La Casa è un luogo spaventoso e invitante, fra artificio ed effettività, fra il mai-accaduto e il quel-che-potrebbe-accadere. Una Casa vera, con C maiuscola, è un vero ritorno a casa, un vero arrivo a destinazione; dove costruire i cuscinetti, depositi di grasso, un sedere traballante e dove l’anima si accaserà in quei cuscinetti, dove sedersi con il naso in un libro, poi un altro e un altro ancora; dove diventare più umana, più corpo, più memoria.
La catastrofe può accadere, anche nel pieno della fiducia ma la protagonista lascia che le cose succedano perché questo è l’accordo per la Casa. La cucina diventa l’Accomodatoio perché è il luogo in cui ci si dedica meccanicamente ai lavori manuali che placano lo spirito e il pensiero, dove tutto può essere accomodato e offerto nel modo migliore. L’Azione qui è chiara, è azione propriamente detta, movimenti del corpo che si traducono in prodotto finito: un pasto caldo o un centrino.
L’azione tiene lontano il pensiero della Stanza di Mezzo dove si può prendere il té e dove tutto si sviluppa come una possibilità o un’eventualità sregolata, dove tutto può diventare dissoluzione.
Ma è nella Stanza dei Dorsi che c’è una sorta di vita propria:
«Per placare il moto degli eventi devo muovermi a un ritmo più veloce. Così sembrerò più avanti e meno indietro. Ma poi mi richiedo, all’unisono con un sospiro: quando troverò la pace per intrecciare un legame con i Dorsi, quando se non adesso?
La mia meta è arrivare a maneggiare i Dorsi con dimestichezza, senza scrupoli, con fare ardito e, sì, voracemente.»
– pag. 43
La protagonista si avvicina ai libri, per conquistare tutta la conoscenza e tutta la mistica contenuti in questi Dorsi. Si inizia ad approcciare libri per afferrare qualcosa che è a tempo stesso immobile e mutevole e il corpo potrà prendere forma di capanna. Quando poi la protagonista scopre Il grado zero della scrittura di Roland Barthes tutto diventa inizio e apertura travalicando i confini del tempo. Solo la letteratura può colmare i vuoti e le inquietudini di questa protagonista.
Nella sua scrittura poetica e leggera, Sara Mannheimer riesce a rappresentare la fragilità della vita quotidiana e dei pensieri umani cancellando il confine sottile tra realtà e immaginazione. Si aprono infiniti universi narrativi e possibili sincretismi di vita e letteratura. Tutto ciò rende la lettura di questa prosa complessa ed eclettica ma molto attenta.
«Ora sono al centro della Casa, un traguardo che quasi mi si chiude intorno, e nonostante la sensazione cristallina dell’essere approdata, mi sento in qualche modo smascherata, sì, mi sento spogliata di tutto, senza mezzi termini, nuda.
Se nella mia vita raminga mi ero cucita o avvoltolata addosso una bandiera del futuro, mi ero vestita di un promettente divisa color carota, ora tutta questa uniforme se n’è volata via dal mio corpo e sfarfalla come una fiaccola selvaggia fuori dal portone della Casa.»
– pag.12
Sara Mannheimer è cresciuta a Göteborg in Svezia e ha studiato negli Stati Uniti, in Olanda e in Repubblica Ceca prima di stabilirsi a Stoccolma. Insieme all’attività di scrittura gestisce la vetreria Stockholm Heta Glas.
Reglerna (The Rules) è stato il suo primo romanzo è stato candidato per l’August Prize e ha vinto il Premio Borås Tidnings per il miglior debutto. L’azione invece è stato candidato allo Swedish Radio Prize e si è
aggiudicato il Premio Europeo per la Letteratura.
L’autrice riporta alla luce, attraverso numerose citazioni dei grandi classici della letteratura, l’amore per i libri in modo passionale e incondizionato. La prosa di Mannheimer scivola leggera al confine con la poesia, per poi mostrarsi fondamentalmente profonda, nuda e speculare ai pensieri della protagonista. Alla traduttrice, Deborah Rabitti, che dallo svedese ha tradotto in italiano questo libro complesso, va davvero tutta la mia stima.