L’editoria digitale vive una crisi senza precedenti: l’arrivo dell’intelligenza artificiale e i cambiamenti negli algoritmi di Google stanno ridisegnando il mercato, lasciando aziende e famiglie in seria difficoltà.
Per anni si è creduto che il web fosse il futuro dell’informazione. Notizie gratuite, pubblicità online e un pubblico sempre connesso sembravano la ricetta vincente. Ma oggi quel modello non regge più.
Gli editori si trovano a fronteggiare un crollo dei ricavi pubblicitari, un pubblico sempre meno fedele e un ecosistema dominato da piattaforme globali. Bastano piccole modifiche negli algoritmi per ridurre a zero la visibilità di intere testate.
L’arrivo dell’intelligenza artificiale generativa ha accelerato la crisi. Sempre più utenti cercano risposte direttamente da chatbot e assistenti digitali senza cliccare sui siti di news. Per gli editori significa meno traffico, meno pubblicità, meno entrate. Paradossalmente, l’IA utilizza spesso i contenuti prodotti dagli stessi giornalisti che ora rischiano di perdere il lavoro, senza che ci sia un reale riconoscimento economico.
Uno dei casi più discussi è quello di Google Discover. In passato era una delle principali fonti di traffico per gli editori, oggi invece molti vedono i propri articoli sostituiti da annunci di piattaforme di compravendita, come subito.it. Questo significa che al posto delle notizie compaiono biciclette usate, smartphone in vendita o altri annunci commerciali, mentre l’informazione scivola in secondo piano.
Per i publisher è un colpo durissimo: un articolo di approfondimento non ha più lo stesso spazio di un’inserzione pubblicitaria.
Dietro ogni redazione che chiude ci sono famiglie che perdono reddito, giornalisti che restano senza incarichi, collaboratori che vedono sparire contratti e compensi. La crisi non è solo aziendale, ma sociale: in molte realtà locali, l’informazione sta scomparendo. Dove prima c’era un giornale online capace di raccontare i problemi di quartiere, oggi resta solo un feed dominato da pubblicità e contenuti superficiali.
Per sopravvivere, molte testate scelgono di tagliare costi e personale. Il risultato è una produzione di contenuti sempre più rapida e superficiale, che spinge i lettori ad abbandonare le fonti tradizionali. In parallelo, l’IA è in grado di scrivere articoli automatici in pochi secondi. Ma se le testate cercano di competere solo sulla velocità, finiscono per perdere la loro vera forza: la qualità e l’affidabilità.
Nonostante il quadro difficile, ci sono strade da percorrere:
Una questione di democrazia
Questa crisi non riguarda solo il mercato, ma la democrazia stessa. Senza una stampa libera e sostenibile, la società rischia di perdere il controllo sul potere, la pluralità di voci e la capacità di distinguere tra informazione e pubblicità. Ogni redazione che chiude è una voce critica che si spegne, una domanda scomoda che non verrà mai fatta, un’inchiesta che non sarà mai pubblicata.
L’editoria online è a un bivio. L’IA e gli algoritmi hanno cambiato le regole del gioco, ma non devono cancellare il ruolo fondamentale del giornalismo. Servono nuove regole, nuovi modelli e una maggiore consapevolezza dei lettori. Se continueremo a privilegiare annunci di biciclette usate al posto delle notizie, rischiamo di ridurre l’informazione a un bene marginale. Ma se editori, istituzioni e cittadini sapranno reagire, questa crisi potrà trasformarsi in un’occasione per ricostruire un ecosistema più solido, indipendente e sostenibile.
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