Dalla Scandinavia a viale Brianza: ecco il nuovo modello di scuola che ripensa il tempo, lo spazio e il ritmo dell’apprendimento.
Milano – e forse l’Italia intera – si prepara a cambiare radicalmente il concetto di scuola. All’Istituto comprensivo Simona Giorgi di viale Brianza, infatti, debutta la prima esperienza pubblica italiana ispirata al metodo finlandese, un modello didattico che punta sul benessere dello studente e su un apprendimento più pratico e collaborativo. La formula è sorprendente per chi è abituato alle lezioni tradizionali: ogni lezione dura solo dieci minuti, i compiti a casa praticamente scompaiono e l’attenzione è posta sulla partecipazione attiva in aula.
Il progetto non è solo teorico: già da settembre alcune classi hanno iniziato a sperimentare il nuovo approccio, mentre circa cinquanta insegnanti hanno seguito una formazione specifica sul Modello Organizzativo Finlandese (Mof). L’obiettivo è chiaro: creare una scuola più vicina ai bisogni degli studenti e capace di rispondere alle sfide di una società in rapido cambiamento, dove competenze pratiche e autonomia contano quanto la conoscenza teorica.
“Vogliamo una scuola dinamica, che osservi e ascolti le necessità individuali di ciascun alunno e che adotti metodi inclusivi, creativi e moderni”, spiegano i promotori del progetto. L’idea è trasformare la giornata scolastica in un’esperienza equilibrata: lezioni brevi, pause frequenti e attività che stimolino la collaborazione e l’interesse. In pratica, l’apprendimento non è più un carico da sopportare, ma un processo coinvolgente e personalizzato.
Nel modello finlandese, la scuola dura circa cinque ore al giorno, con inizio tra le 9 e le 9:45, e intervalli frequenti che permettono agli studenti di muoversi e respirare. Lezioni frontali? Solo quando strettamente necessario. Il focus è su attività pratiche, laboratori e lavori di gruppo, pensati per sviluppare competenze concrete e sociali.
Anche la valutazione cambia: i compiti a casa diventano quasi inesistenti e le verifiche tradizionali si riducono, lasciando spazio all’autovalutazione. In questo modo, gli studenti imparano a riconoscere i propri punti di forza e le aree da migliorare, sviluppando responsabilità e consapevolezza del proprio percorso. Un ruolo fondamentale è svoltoanche dall’aula stessa, che non è più una semplice fila di banchi e cattedra. Gli spazi diventano modulari e flessibili: isole di lavoro, configurazioni a ferro di cavallo e zone dedicate alla discussione rendono la classe un ambiente vivo, pronto a trasformarsi in base alle attività.
Si tratta di un modello educativo che ha già rivoluzionato le scuole del Nord Europa, puntando su qualità della vita, coinvolgimento e risultati concreti. Molti sono scettici e perplessi sull’effettiva realizzabilità di una didattica del genere, altri invece credono che possa essere la chiave per risolvere le criticità dell’attuale sistema di istruzione. Non resta che attendere la prova dei fatti.
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