Un semplice scatto online può trasformarsi in una prova decisiva davanti a un giudice, capace di riscrivere gli equilibri economici di una separazione.
Pubblicare una foto sui social sembra un gesto innocuo, quasi automatico: un viaggio, una cena elegante, un weekend esclusivo. Eppure, dietro quel clic apparentemente neutrale può nascondersi una conseguenza giuridica tutt’altro che trascurabile. Oggi i social network non sono più solo vetrine di vita quotidiana, ma veri e propri archivi digitali che raccontano chi siamo, come viviamo e, soprattutto, quanto spendiamo.
Negli ultimi anni, i tribunali italiani hanno iniziato a guardare con sempre maggiore attenzione a ciò che viene condiviso online, soprattutto nelle cause di separazione e nei procedimenti che riguardano l’assegno di mantenimento per i figli. Le immagini pubblicate su Facebook o Instagram possono infatti diventare indizi, se non vere e proprie prove, della reale capacità economica di un genitore, andando oltre i numeri dichiarati al fisco.
Una recente decisione della Corte d’Appello di Torino ha segnato un punto fermo: se lo stile di vita ostentato sui social appare incompatibile con i redditi ufficialmente dichiarati, il giudice è legittimato a dubitare di quelle dichiarazioni. Nel caso esaminato, un genitore che affermava di avere entrate piuttosto modeste condivideva regolarmente foto di vacanze in località di lusso, viaggi internazionali, ristoranti esclusivi e acquisti costosi. Non si trattava di episodi isolati, ma di un racconto coerente e continuo di un tenore di vita elevato.
Quelle immagini non sono state liquidate come semplice voglia di apparire. Al contrario, sono state interpretate come segnali concreti di una capacità di spesa superiore a quella dichiarata. Da qui la decisione di rivedere al rialzo l’assegno di mantenimento, ritenendo che le risorse economiche effettive del genitore fossero ben diverse da quelle risultanti sulla carta. Questo orientamento ribalta una convinzione ancora diffusa: ciò che pubblichiamo online non resta confinato alla sfera personale. Una volta condiviso, diventa potenzialmente utilizzabile anche in sede giudiziaria.
Un altro punto cruciale chiarito dai giudici riguarda la nascita di nuovi figli da una relazione successiva. Molti genitori pensano che questo evento comporti automaticamente una riduzione dell’assegno dovuto ai figli avuti in precedenza. In realtà, non funziona così. La presenza di un nuovo figlio può incidere sull’importo solo se si dimostra una reale e significativa diminuzione della capacità contributiva. Se, nonostante le nuove responsabilità, il genitore continua a disporre di beni, proprietà o risorse adeguate, l’obbligo verso i figli precedenti resta invariato.
È importante chiarire anche un altro equivoco frequente: l’assegno di mantenimento non serve a “pareggiare” i redditi tra ex partner. Il suo scopo è uno solo: garantire ai figli tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere in modo equilibrato. Non può diventare uno strumento di compensazione economica tra adulti. Morale: chi è coinvolto in una separazione, o potrebbe esserlo, dovrebbe riflettere attentamente prima di raccontare online una vita fatta di lusso e spese elevate. Quelle immagini, oggi, non sono solo ricordi digitali: possono trasformarsi in argomenti decisivi in tribunale e incidere concretamente sull’assegno di mantenimento. A volte, un po’ di discrezione vale molto più di un like.
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