Il tema della piantumazione di miliardi di alberi in tutto il mondo è tornato a occupare un posto centrale nel dibattito sul clima.
Da anni si parla di riforestazione come di una possibile soluzione naturale per ridurre gli effetti del riscaldamento globale, migliorare la qualità dell’aria e restituire equilibrio agli ecosistemi.

Ma dietro questa visione positiva si nascondono anche interrogativi e complessità che spesso vengono trascurati. Piantare alberi, infatti, non è sempre sinonimo di beneficio automatico per il pianeta, e i risultati possono variare molto a seconda di come, dove e perché lo si fa.
Potenziali benefici e limiti della riforestazione su larga scala
La riforestazione, ovvero la piantumazione di alberi in aree che ne sono state private, rappresenta una delle strategie più discusse per contrastare i cambiamenti climatici. Gli alberi, infatti, assorbono anidride carbonica, migliorano la qualità dell’aria, proteggono il suolo dall’erosione e contribuiscono a ristabilire l’equilibrio degli ecosistemi. Tuttavia, non basta piantare alberi ovunque per ottenere benefici duraturi.
I risultati dipendono dal tipo di specie scelte, dalle condizioni del terreno e dal contesto climatico. In alcuni casi, ad esempio, le foreste miste risultano più efficaci di quelle formate da un’unica specie, perché più resistenti e in grado di immagazzinare una maggiore quantità di carbonio.

Ma la riforestazione non è una soluzione immediata: servono anni, talvolta decenni, perché un bosco diventi maturo e inizi ad avere un impatto concreto sull’assorbimento della CO₂. Inoltre, in aree aride o densamente abitate, mancano spazi adatti e risorse sufficienti per grandi progetti di piantumazione. Se gestita male, la riforestazione può persino causare danni ambientali, come la riduzione delle riserve idriche, la perdita di biodiversità o la diffusione di specie non autoctone.
Rischi, criticità e scenari da non sottovalutare
L’idea di piantare miliardi di alberi nel mondo può sembrare una soluzione semplice e immediata, ma la realtà è più complessa. Dietro ai grandi numeri si nascondono numerose sfide, a partire dalla sopravvivenza stessa delle piante: senza cure costanti, irrigazione e manutenzione, molte piantine non riescono a superare i primi anni di vita. In alcune regioni, poi, il consumo d’acqua necessario per far crescere nuovi boschi può diventare insostenibile, mettendo a rischio agricoltura e risorse idriche locali.
Anche l’aspetto sociale è delicato: la riforestazione su larga scala può entrare in conflitto con le comunità che vivono di quei territori, modificando abitudini e usi del suolo. Inoltre, c’è il rischio che il fenomeno venga sfruttato come operazione di facciata, con progetti annunciati ma mai davvero realizzati o mal gestiti.
Il pericolo più grande è che la riforestazione diventi un alibi per non ridurre le emissioni alla fonte, spostando l’attenzione da ciò che realmente serve: cambiare modello di sviluppo, proteggere le foreste esistenti e promuovere una gestione sostenibile delle risorse naturali. Solo così piantare alberi potrà avere un impatto concreto e duraturo.




