Comprare pesce al supermercato è un’abitudine diffusa, attenzione però quello che è in vendita è contaminato, i test effettuati non lasciano alcun dubbio.
Ognuno di noi è abituato ad andare al supermercato, in genere almeno una volta alla settimana a seconda del tempo che ha a disposizione, e a comprare gran parte delle cose che poi dovrà mangiare. Si tratta evidentemente di una questione logistica, oltre che di convenienza, visto che girare tra i vari negozi di settore porta poi a spendere di più. Un ragionamento analogo può essere fatto anche per il pesce, disponibile sia fresco sia surgelato, con prezzi che finiscono per essere più vantaggiosi rispetto a quelli di una pescheria, ma con la garanzia che quello che si acquista sia di qualità.

In genere si tende a pensare che tutto quello che è in commercio sia buono, ma purtroppo non accade sempre così, non sempre per una responsabilità del punto vendita a cui si decide di rivolgersi. E purtroppo ora sta emergendo un dato che non ci lascia per niente tranquilli in merito a gran parte dei prodotti ittici in commercio, non è escluso possa esserci un rischio per la nostra salute.
Pesce contaminato al supermercato: un allarme da non sottovalutare
È naturale avere fiducia nel punto vendita a cui decidiamo di rivolgerci per i nostri acquisti, specialmente se si tratta di un supermercato in cui ci rechiamo da tempo, che ci ha dato quindi modo di pensare in positivo. Un’equazione come questa potrebbe non essere però così scontata come pensiamo, come appare evidente da un dato relativo a uno studio effettuato recentemente, da cui emersa una contaminazione che coinvolge anche quello che mangiamo.
Tutto questo è il risultato di un’indagine che ha riguardato il Mare del Nord e del Mar Baltico, effettuata dalla sezione tedesca di Greenpeace, in prima linea per conoscere il livello di contaminazione da PFAS nelle acque potabili e minerali, oggetto di analisi già in tempi recenti. Questa volta i dati non lasciano scampo e non possono che generare forte preoccupazione: pesci e molluschi che consumiamo spesso, come platessa, aringa, rombo e granchio, risultano contaminati da PFAS. A mettere in allarme è soprattutto la quantità, una sola porzione da 150 grammi può già coprire o addirittura superare la dose settimanale tollerabile fissata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

Le rilevazioni eseguite non lasciano scampo a equivoci, il problema riguarderebbe ogni tipo di pesce, ma con un livello maggiore per il il rombo chiodato, l’aringa e la sogliola. Granchi e altre quantità di pesce presentano quantità minori, ma da non sottovalutare, cosa che non può quindi permetterci di stare tranquilli. Anzi, alcuni campioni hanno superato, e di molto, i limiti UE.
Sottovalutare questa situazione è un grave errore, visto che a rischio c’è la nostra salute. Se prendiamo come riferimento un adulto di peso medio, il consumo di una porzione di 150 grammi di rombo o granchi può far superare fino al 40% la dose settimanale tollerabile di PFAS stabilita dall’EFSA. Il quadro evidentemente peggiora se si è tra gli amanti del pesce e si ariva a consumarlo più volte a settimana, arrivando a raggiungere il 321%.

I problemi peggiori possono esserci però per i bambini, visto che hanno un peso più basso. In questo caso possono bastare piccole porzioni per andare incontro a malesseri. Per chi non lo sapesse i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono un gruppo di oltre 10.000 composti sintetici utilizzati per le loro proprietà idrorepellenti e oleorepellenti, presenti in cibi e cose che usiamo ogni giorno, quali abbigliamento tecnico, tappeti, imballaggi alimentari e utensili da cucina antiaderenti. Sono diversi gli studi che hanno trovato un collegamento tra questi e la comparsa di tumori, oltre a disturbi al sistema immunitario, al fegato e alle funzioni riproduttive, Negli ultimi anni sono stati individuati in Italia sia nell’acqua del rubinetto in diverse regioni (la situazione come è noto è parecchio critica in Veneto) sia in alcune marche di acqua minerale imbottigliata.