Il disambientamento negli anni ’70-’80

Bologna, 1976/77: la città è animata dalle contestazioni studentesche, l’Alma Mater Studiorum è occupata. In questi anni, Gianni Celati è docente di letteratura anglo-americana al DAMS e la sua classe vanta di studenti come Enrico Palandri, Andrea Pazienza in arte Paz, Roberto Freak Antoni: giovani che hanno conferito spessore all’aspetto culturale bolognese degli anni ’80. Il corso di letteratura, scelto dal professore, si basava sullo studio della letteratura vittoriana minore del nonsense, di cui gli autori principali sono Edward Lear (Book of Nonsense) e Lewis Carroll (Alice in Wonderland e Alice through the Looking Glass). Dal momento che le aule universitarie sono occupate, Celati tratta con le autorità firmando carte in cui si prende la responsabilità di eventuali devastazioni e raccoglie dei materiali da far circolare fra gli studenti. Da qui nasce Alice disambientata, esperimento di scrittura collettiva, composto dai vari assemblaggi di schede, appunti, fogli stropicciati, registrazioni e interventi di un anno. Ma perché la scelta ricade sulla bambina raccontata da Lewis Carroll? Cos’ha in comune con i giovani di quel periodo che volevano sfogarsi e andare contro le convenzioni?

Gianni Celati inventa la formula Alice disambientata perché disambientati sono i suoi giovani studenti: «Il disambientamento dipendeva dal medio strozzinaggio degli affitta-camere, dal frequente malservizio delle mense, dalla mancanza di posti per radunarsi senza dover stare sempre per strada». Dietro la figura bambinesca di Alice, si cela l’idea di un individuo destabilizzato, senza qualità, disperso nello sradicamento di tutte le classi. «Il nome di Alice era stato messo in giro alla controcultura americana ed era diventato una parola d’ordine per riferirsi a quel tipo di aggregazione sparsa e senza gerarchie che è stato chiamato movimento» e il nome di Alice viene usato dall’emittente radiofonica bolognese, nata nel 1976, che si chiama appunto Radio Alice.  alice dis

Alice e la psicoanalisi
Ciò che per prima cosa bisogna osservare è perché si parli di figura di Alice e non di simbolo: Alice è sempre in movimento, è dappertutto e manda dappertutto. È dunque sbagliato cercare di fissarla in un preciso contesto. Addirittura si è cercato di ricondurre Alice al simbolismo e di psicoanalizzarla, ponendola a lato rispetto al sistema centrale fallico. È Melanie Klein, psicoanalista austriaca-britannica ad estendere il simbolismo del sesso nell’area dei bambini: la sua psicoanalisi nel campo infantile è un modo di riambientare il bambino e la bambina intorno al nucleo simbolico della scena primaria, il coito dei genitori. Così anche Alice è stata sottoposta a studi psicoanalitici, che l’hanno riportata alla centralità simbolica del pene: secondo Martin Grotjahn, psicoanalista, Alice che si allunga e che si accorcia starebbe a rappresentare un pene in erezione e secondo Florence Becker, la biografa più nota di Lewis Carroll, tutti i comportamenti bizzarri dello scrittore sarebbero da ricondurre all’attaccamento edipico alla madre, a un conflitto sessuale irrisolto. Goldschmidt, scrittore di Alice in Wonderland Psycho-Analysed, dice che tutto il corso delle avventure di Alice si potrebbe spiegare con il desiderio di una completa virilità, in conflitto col desiderio d’una soddisfazione anormale. Ma se questo simbolismo resta fisso, non vi è più invenzione e immaginazione che non riporti a vecchie storie come castrazione, colpevolizzazione, infelicità permanente. Dunque, secondo Celati e i suoi studenti, si sbaglia a leggere Alice in chiave psicoanalitica, durante gli incontri viene criticata la copertina di un’edizione economica di Alice (Area Editore): Una lucida invenzione, la creazione poetica di una Lolita vittoriana. Lolita un c***o, si legge in Alice disambientata.

La letteratura del nonsense
Alice dev’essere letta per ritrovare il movimento della figura, la figura è un disegno che concentra delle linee attraverso le quali transita un impulso, un’intensità. Il movimento continuo di Alice si collega al disambientamento: essere disambientati significa stare in un posto non tuo, usare una lingua ufficiale per necessità, circolare a lato delle istituzioni. Per comprendere meglio tutto ciò, è necessario aprire una parentesi per contestualizzare il libro di Carroll: nell’Inghilterra degli anni di Alice esistevano i cautionary tales per insegnare ai bambini cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Carroll vuole parodizzare questa letteratura, porre Alice a lato: già all’inizio del racconto, Alice è scettica riguardo al bere la pozione e quando deve recitare una poesia per ritrovare la sua identità di scolara, la sbaglia tutta ed è più disambientata di prima. Mentre le fiabe davano un modello di comportamento in forma orale in cui il protagonista si allontana da casa e giunge in luoghi in cui non vi sono più rapporti di allenza o parentela che gli forniscono modelli di comportamento, la letteratura ottocentesca per l’infanzia è tutto il contrario perché vuol fare evitare l’estraneità ed evitare tutto ciò che è disambientamento.
La fiaba di Alice, invece, appartiene al nonsense, caratterizzato dall’humor britannico. L’obiettivo di questa letteratura è quello del recupero della forma orale a quella scritta. Tuttavia, tutto ciò che ha avuto un luogo preciso di circolazione e recitazione e un senso secondo le circostanze in cui le fiabe, i nursery rhimes, le canzoncine per bambini, venivano recitate, appena fissato sulla pagina diventa nonsenso. L’età vittoriana imprigiona l’oralità nella correttezzza della scrittura per inquadrare la crescita dei bambini. Quindi la tradizione orale che, precedentemente, aveva scopo sia edonistico che didascalico, viene utilizzata dagli adulti per l’educazione disciplinare del bambino: le filastrocche e le conte vengono selezionate e tutto ciò che può esservi di osceno viene eliminato.
La funzione di apprendimento legata al gioco cessa quando l’apprendimento diventa solo studio e il gioco diventa quindi il suo contrario, tempo vuoto di ricreazione dallo studio. La letteratura nonsense nasce dalla relegazione del gioco in una zona separata e vuota (per gli educatori) di senso. Alice è la testimonianza di un mondo totalmente libresco in cui vive il bambino, ma viene fatta una differenza fra i libri di svago, letti solamente per tener buoni i bambini, e i libri di apprendimento scolastico che, invece, insegnano come ci si debba comportare. La letteratura del nonsenso è fluida e attraverso la lettura di Alice in Wonderland si comprende quella netta distinzione fra letteratura orale e letteratura scritta: per esempio, le poesie che Alice recita, sono recitate come puri suoni, ciò che viene detto oralmente non si sa mai come si scrive a differenza di ciò che viene scritto. Alice non fa caso a ciò che dice, il senso delle filastrocche diventa nonsenso. L’imperialismo della lettera abolisce le situazioni specifiche a cui sono legati gli avvenimenti orali in cui le parole, prima di avere un senso, hanno un suono.

Alice e il regime vittoriano
Quando Carroll scrive Alice in Wonderland, la borghesia ottocentesca costringeva i bambini a lavorare circa dodici ore al giorno nelle fabbriche. Carroll vuole rappresentare la schizofrenia delle società socialdemocratiche: la Regina è la figura della legge socialdemocratica. Per esempio, la continua ripetizione del «Taglietele la testa!» o quella del fatto che il verdetto debba precedere la sentenza, indica la legge socialdemocratica che deve tenere tutto sotto sorveglianza, i mali del mondo sono risolvibili soltanto con le riforme. Ci si trova, dunque, in una società che accetta il capitalismo e in uno stato che deve cercare, attraverso le riforme, che il profitto non venga disturbato. Nello sradicamento generale prodotto dall’industrializzazione nessuno si sente più a casa sua, il matrimonio vittoriano concentra in sé tutti i valori sociali, vi è una sacralizzazione della famiglia borghese. Il bambino vittoriano non è il bambino settecentesco raccontato da Rousseau, non è il buon selvaggio. Al contrario, l’idea del bambino innocente e asessuato lo rende isolato, il bambino viene visto come terreno in cui coltivare la morale. Il bambino vittoriano, lavoratore nelle fabbriche, è un piccolo adulto separato e soprattutto espropriato dei propri giochi e delle proprie esperienze. Anche Alice si comporta da piccola adulta saccente, la sua figura disambientata è posta come interlocutrice ideale per la mancanza di differenza fra i due soggetti. carroll

Animalizzazione in Alice
Alice è una figura posta a lato: i laterali cercano l’intensità del corpo. Soprattutto nel Book of Nonsense di Lear, vi sono moltissimi collegamenti con gli animali. L’animalizzazione è vista come disambientamento assoluto e ricerca di intensità del corpo dove si dissolvono le forme, i significati e i significanti. L’animalizzazione che produce disambientamento la si trova perfino nei racconti kafkiani: La metamorfosi, La tana, Josefine. Per esempio, il Gregor de La metamorfosi diventa scarafaggio per sfuggire non soltanto alla famiglia, ma anche al suo lavoro.

Cadere nel buco & La figura della non coincidenza
Il disambientamento di Alice lo si nota soprattutto dal fatto che Alice fa le cose con la testa da un’altra parte: il buco di Alice è un movimento di caduta, una fuga da fermi fatta con la mente. Gli impulsi e le pressioni esterne la dilatano e la comprimono, la portano ovunque. Il viaggio di Alice è fatto con la mente e non con il corpo e tutto dipende da ciò che accade all’esterno. Gli impulsi non possono essere disciplinati con i precetti della ragione: la sua caduta è un ego-trip senza ego perché Alice è priva d’interiorità, il suo viaggio è un puro movimento positivo.
In Alice in Wonderland, il desiderio è l’attesa dell’avvenimento, il cadere in un avvenimento è come perdersi in un buco che non si sa dove porti, tutto procede per automatismi. Molti capitoli sono incentrati sulla perdita della giusta misura, Alice o diventa troppo grande o diventa troppo piccola. La caduta nel basso è la caduta nell’instabilità delle voglie, nell’instabilità perpetua del come uno si sente. Il tema del come uno si sente è importantissimo in un periodo in cui il mondo britannico era dominato dall’idea del dover essere vittoriano. La società degli animali in Alice in Wonderland ricorda quella delle classi vittoriane con la regina Vittoria come vertice supremo.
Quando Alice rimpicciolisce, ritorna l’animalizzazione del corpo, contrapposta al diventare adulti che indica la perfezione armonica dell’umano. Anche il passaggio al di là del buco (il rabbit hole e il rat hole) richiama – già dai nomi – il tema dell’animalizzazione e quindi del disambientamento.
Se il primo snodo è quello del cadere nel buco, nelle voglie, il secondo snodo è dato dalla figura della non coincidenza che introduce lo spaesamento e la perdita d’identità. La figura della non coincidenza è rappresentata dalla scena in cui Alice vuol prendere la chiave sul tavolo, ma quando lei è troppo piccola, la chiave si trova in alto; quando lei è troppo grande, non può passare dalla porticina. Il pianto di Alice indica il dubbio dell’identità, soprattutto in campo linguistico in quanto si pronuncia io solamente di fronte ad un’altra persona. Sospensione dell’identità è anche fare le cose senza rendersene conto, con la testa da un’altra parte. Ma quindi dove si trova il puro movimento positivo del viaggio tra tutti questi drammi? È attraverso il meccanismo della figura della non coincidenza che il disambientamento di Alice diventa positivo: il suo viaggio non ha una meta, ma piuttosto si potrebbe parlare di sospensione di qualsiasi meta. L’evoluzione di Alice non ha un fine, procede per spostamenti laterali così come il racconto che potrebbe andare avanti all’infinito.

Il movimento di Alice è inarrestabile ed è questo procedere lateralmente che la rende disambientata, privata d’interiorità. Vi è una concentrazione nelle reazioni esterne e negli impulsi interni che sono dati dall’immaginazione (il viaggio di Alice è un sogno, alla fine del racconto, lei si risveglia).

La scelta del testo da parte di Celati ha permesso di creare dei collegamenti fra un libro e la Storia delle contestazioni che si stava vivendo in quel periodo. Attraverso lo studio di un testo dell’800 gli studenti sono riusciti a dire di loro molto più di quanto avessero già fatto, non soltanto trovando la figura di Alice nella musica, nei film, ma anche paragonandola a loro stessi. Ed è anche grazie a questa esperienza che Gianni Celati scrisse Lunario del Paradiso, ma di questo ve ne parlerò la prossima volta.

1. CELATI, Alice disambientata; Le lettere; 2007

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