Arturo Pérez-Reverte: «Escribo novelas para recrear la vida a mi manera»

Cuando estás en el mar, estás ahí y miras el cielo, y miras el mar y lo ves encabrearse, pegar fuerte… Te das cuenta de que la vida es un territorio peligroso y que saberlo ayuda a sobrevivir, o a mantenerte vivo más tiempo, y que los estúpidos mueren primero. Hay una cosa que está clara, los idiotas mueren, real o simbólicamente, siempre se los lleva la riada primero.

Nato a Cartagena nel 1951,  per 21 anni (1973-1994) reporter di guerra in Libano, Eritrea, Falkland, Nicaragua, Mozambico, Romania, Bosnia e in altre zone roventi del pianeta fino al 1994, anno in cui decide di dedicarsi completamente alla letteratura. Territorio comanche è lo scritto della sua catarsi dalla sua esperienza di vita come reporter di guerra, qui lo scrittore riporta il suo sguardo passato. Stiamo parlando di Arturo Pérez-Reverte che, sopra a ogni altra cosa, rimase impressionato a vita dalla Guerra di Eritrea del 1977, in mezzo alla quale, peraltro, rimase disperso mesi e mesi, sopravvisse a stento soccorso da alcuni guerriglieri. Dovette difendere la propria vita, armato. Fu testimone di omicidi, stupri, saccheggi e torture.

Una pistola no es más que el símbolo de una civilización decadente.

1519_bigDedica la sua opera, Territorio comanche, a José Luis Márquez, cameraman che lo accompagnò in quegli anni (scrive «Dedicarle el libro no sólo era justo, sino que era necesario para hacer debido honor a ese fulano taciturno y silencioso que, merced a varios recuerdos y a algunos ratos buenos y malos compartidos, me hace el favor de ser mi amigo») —  e nel 1997 esce il film omonimo. Il primo romanzo, scritto nel 1983, che pubblicò con discreto successo, fu El húsar (1986), ambientato nel XIX secolo durante la Guerra di Indipendenza Spagnola.

Appassionato di navigazione, scherma, antichi classici latini e greci, ma soprattutto romanziere di lungo corso, è autore di libri pubblicati in quaranta lingue: tra i più celebri El maestro de esgrima (1988), El club Dumas  (1993 – dal quale è stato tratto il film dal titolo La nona porta, diretto da Roman Polanski), La carta esférica (2000), la serie Las aventuras del capitán Alatriste. Dal 2003 è membro della Real Academia Española. Con El tango de la guardia vieja (2012), il primo dei suoi romanzi pubblicato da Rizzoli nel 2013, ha dominato per mesi le classifiche spagnole riuscendo nella rara impresa di ottenere un successo di pubblico e di critica insieme. Ha ricevuto il Premio per la letteratura europea Jean Monnet (1997) e il Prix Méditerranée étranger assegnato dall’Académie Goncourt (2001), dall’Italia ha ricevuto il Premio internazionale Vallombrosa Gregor von Rezzori (2008) con Il pittore di battaglie (El pintor de batallas), e il riconoscimento “La storia in un romanzo” a Pordenone con Le avventure del capitano Alatriste. Nominato Cavaliere dell’Ordine delle arti e delle lettere di Francia nel 1998, dal 2003 è membro della Real Academia Española, che rappresenta la più alta istituzione spagnola per la lingua e la letteratura. Oggi divide la sua vita tra la letteratura e il mare – d’altronde il mare è uno dei grandi protagonisti della sua opera, non solo della sua vita, così come è stato per Ernest Hemingway.

Ha dichiarato durante un’intervista di un quotidiano italiano: «Quando mi sono stancato del giornalismo ho cambiato mestiere, senza pensarci troppo. I romanzi però sono un’altra cosa, mi rendono vivo. Dicono che si è giovani solo prima della battaglia: dopo la battaglia, che si vinca o si perda, si è sempre vecchi. Ecco, per me ogni romanzo è come una nuova battaglia, e quando comincio il primo capitolo mi sento sempre giovane».

Ospite durante la terza edizione del festival Encuentro, Arturo Pérez-Reverte

Ospite durante la terza edizione del festival di Perugia, Encuentro

Recentemente il film Oro di Agustín Díaz Yanes è basato su uno scritto di Arturo Pérez Reverte sulla conquista dell’America – per certi versi molto simile a un’altra sua opera del 2010 El asedio ambientato negli anni della Costituzione spagnola del 1812. I toni spesso delle sue dichiarazioni sono anticonformiste, aspri a volte però sempre onesti sulla società odierna – in particolare della crisi spagnola. La guerra è un leitmotiv che forse mai abbandonerà la sua opera: la guerra che trasforma le città in luoghi misteriosi, quasi enigmatici, inquietanti. La guerra come il mare ha la potenza mortifera di distruggere. Pérez Reverte dà loro sempre un volto multiforme e vero.

Per lo scrittore l’esperienza della guerra è stata la conferma di quanto già conosceva, ma è stata la scrittura che l’ha portato alla comprensione della vita.  Ha dichiarato: «Ho visto esseri umani compiere le peggiori atrocità o bellissimi gesti altruistici. Ho visto Ettore salutare Andromaca e il figlioletto mille volte, perché tutto questo è già successo. Quando arriverà Troia – e Troia arriva sempre – quei giovani che non avranno letto libri saranno orfani e vittime della storia, perché non capiranno».
Noi uomini, consci del passato, della sua memoria e della sua verità, dovremmo guardare il presente con tali responsabilità.

A la hora de perfilar el esquema original de ‘El asedio’ decidí que no quería hacer un homenaje, pero sí un recorrido por los distintos tonos de todas mis creaciones anteriores; quería que cualquiera de los lectores que me han seguido pudiera distinguir esos rasgos, esas huellas. (…) Es cierto que cada novela que uno escribe es un problema personal que resuelve, y que con cada título vas avanzando, adentrándote más en esas obsesiones que te mueven. Por eso no están tratados de la misma forma que la primera vez, claro. Podríamos decir que todas mis novelas me han llevado a ésta.

Non crede di cambiare il mondo, né la letteratura. Scrive perché farlo lo aiuta ad accettare le regole imprescindibili del mondo ignorante e brutale creando personaggi che in qualche modo potrebbe essere lui stesso in differenti condizioni, reazioni e situazioni. Solo così dice di riuscire a superare i suoi timori. E di storie ne ha ancora da raccontare….

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