Ventre – Giulia Della Cioppa

“Se non dovessi tornare, / sappiate che non sono mai / partito. / Il mio viaggiare / è stato tutto un restare / qua, dove non fui mai.” scriveva Giorgio Caproni nella sua poesia Biglietto lasciato prima non andare via. Gli ultimi tre versi incarnano una duplice condizione: la staticità e il movimento. È la peculiarità più evidente di Ventre, romanzo d’esordio di Giulia Della Cioppa, edito da Alter Ego Edizioni. La narrazione è affidata a Margherita, la protagonista, che si ritrova in un letto di ospedale. È in stato vegetativo dopo aver tentato il suicidio il giorno del suo compleanno, ma nessuno sa che lei vede e sente tutto. Soprattutto pensa. Intorno e accanto al capezzale si affacciano le altre due figure che tessono la trama: la madre e Bianca, l’infermiera che si occupa di lei. Il punto di vista è fermo in un’unica posizione, eppure da lì la storia muove verso intrecci relazionali che fanno emergere il filo che annoda le tematiche di fondo del romanzo: l’ambiguità delle cose. La madre tutti i giorni parla a Margherita, le legge delle poesie, confessa i propri pensieri e sentimenti, eppure tra di loro – anche in passato – l’incomunicabilità è sovrana. Con Bianca invece si crea una connessione che sfocia in una sadica, perversa esplorazione del corpo e del desiderio. In entrambi i casi la cura, questa parola antica che racchiude la nobiltà dei gesti in totale dedizione all’altro, è anche un gioco di potere. Ed è grazie alle attenzioni di Bianca, nella loro tenerezza e animalità, attraverso un fisico privo di vita, che Margherita la riscopre. 

Lecca la ferita, la malattia, la morte e il sangue che la rinnega. Vedo la sua natura irrequieta e sento la mia, sento la mia per la prima volta

Diventa così il re persiano Shahriyār in attesa del giorno seguente, quando la sua Sharazade le racconterà il prossimo pezzo di una storia fatta di corporeità, tagli, ferite, sensazioni e pulsioni che partono da dentro. Dalla pancia, dal ventre. Una parola anche questa, titolo del romanzo, che racchiude in sé un doppio pensiero: il ventre di donna che crea il mondo, contiene la vita, principio del tutto, è il centro dove le emozioni si fanno fisiche, concrete; ma è anche il ventre dimagrato della terra, se pensiamo a Majakowskij e alla sua poesia All’amato se stesso dedica queste righe l’autore. Il pieno e il vuoto.

Giulia Della Cioppa manifesta una scrittura che sa essere carezza e lama che affonda, capace di catturare gli odori, qui sia capsula nel tempo di momenti passati, sia messa in scena del cambiamento. L’autrice costruisce tre figure femminili feroci e deboli, volte all’azione, Margherita è allo stesso tempo il selvatico e la selva.

Il testo infine attraverso Cintia, compagna di stanza della protagonista, e i suoi cari pone luce su una tematica sociale importante qual è l’eutanasia. Invita a porci domande sulla vita e sulla morte,  sulle volontà, mette in discussione quelle decisioni che spacciamo per “amore”, colme invece di logiche egoistiche. 

Dai libri ci si aspetta proprio questo: che aprano la mente a diverse riflessioni possibili.

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