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Le sorelle Stephen: Vanessa Bell e Virginia Woolf

La prima versione di questo pezzo è stata pubblicata da SoftRevolution il 5 luglio 2017.


Ci sono sorelle molto famose, nella storia della letteratura inglese: Brontë, ovviamente, ma anche Jane e Anna Maria Porter, che pubblicarono ventisei libri, oppure . Ma, anche frugando bene, perché il cognome Stephen non è mai un’opzione? Chi sono, queste britanniche sorelle Stephen?

Forse, se le cercassimo con i nomi con cui sono diventate note, potrebbe accendersi una lucina: Vanessa Bell e Virginia Woolf. Tutta un’altra cosa, vero?
Questa è soprattutto la storia di quando condividevano ancora lo stesso cognome.

Sensibilità familiare

Vanessa e Virginia hanno tre anni di differenza e sono figlie di seconde nozze: Julie Jackson, rimasta vedova con tre figli a carico, sposa Leslie Stephen, vedovo con una figlia dal primo matrimonio. Insieme si trasferiscono al numero 22 di Hyde Park Gate, a Londra, dove la famiglia si allarga ulteriormente con l’arrivo di Vanessa, Thoby, Virginia e Adrian.

L’ambiente domestico in cui crescono gli Stephen ha un’impronta decisamente umanista, che segnerà il futuro delle due ragazze: Virginia diventerà scrittrice, proprio come il padre, uno dei più importanti filosofi e biografi vittoriani, e Vanessa pittrice, influenzata dalle lezioni di disegno che Leslie impartiva ai figli e dalla madre, una delle modelle preferite dai Preraffaelliti.

Le giovani Stephen sono acculturate (conoscono il latino e il francese, la loro passione per la scrittura li porta a creare una sorta di bollettino domestico), viaggiano (la loro meta prediletta era St. Ives, in Cornovaglia, ma andranno anche in Italia, Grecia e Turchia) e vivono in un mondo apparentemente perfetto, da privilegiata e colta tarda aristocrazia inglese di fine Ottocento. Il loro salotto era frequentato, tra gli altri, anche da Henry James, T.S. Eliot e dalla fotografa Julia Margaret Cameron, una loro parente. Cosa poteva andare storto?

La morte, per esempio – contro cui c’è davvero poco da fare. Nel 1895, quando Vanessa ha sedici anni e Virginia solo tredici, Julie muore. Il lato luminoso e accogliente di Clarissa in Mrs Dalloway (1925) e di Mrs Ramsay di To the Lighthouse (1927), forse le due protagoniste woolfiane più celebri, è un omaggio al carattere e alla figura della madre, come dirà Vanessa dopo aver letto le bozze che la sorella le aveva inviato:

A me sembra che tu abbia tracciato un ritratto della mamma che le somiglia più di quanto avrei mai creduto possibile. È quasi doloroso vedersela resuscitare davanti.

A prendersi carico della famiglia è Stella, la sorellastra maggiore: dedica molte cure particolarmente a Virginia, che ha avuto un crollo nervoso per il lutto e deve fare controlli medici. Dopo due anni, però, e dopo soli tre mesi di matrimonio, anche Stella muore. È Vanessa, ora, la nuova figura materna di casa Stephen.

Nel 1904, è la volta di Leslie. Per Virginia è davvero troppo: entra in un istituto mentale e trascorre mesi lontana dalla città, al sicuro da alcuni parenti. In tarda età, Vanessa confesserà che lei e la sorella subirono continui abusi da parte dei due fratellastri maggiori, come già molti critici avevano ipotizzato da alcuni frammenti dei diari di Woolf. Vanessa è risoluta: vuole proteggere a tutti i costi quel che rimane della sua famiglia. Con l’aiuto di Adrian vende la casa di Hyde Park Gate e decide di trasferire ciò che resta della famiglia al sicuro, al numero 46 di Gordon Square, nel cuore di Bloomsbury.

Quellə di Bloomsbury

Intelligenti, carismaticə e per la prima volta liberə, raccolgono attorno a sé il più importante circolo intellettuale dell’epoca, aprendo la loro casa a giovani intellettuali, criticə, artistə e sperimentatorə, che, come loro, volessero esplorare arte, letteratura, politica e sesso.

Tra chi frequenta la casa di Gordon Square, ci sono anche Clive Bell e Leonard Woolf, i futuri compagni delle due sorelle Stephen. In entrambi i casi, la libertà sessuale sperimentata durante gli anni a Bloomsbury si ripercuoterà all’interno del matrimonio: Vanessa e Clive mantengono una relazione aperta, con numerosə amanti ciascunə, tra cui altre persone del gruppo stesso, mentre gli amori lesbici di Virginia sono diventati leggendari.

Ma, ancor di più, è a Bloomsbury che Vanessa e Virginia cominciano a vedere le loro passioni – pittura e scrittura – come una possibile professione. Nel 1904 Virginia inizia a scrivere contributi giornalistici (il primo dei quali è una recensione su una mostra che riguarda… le sorelle Brontë), ma ci vorranno altri undici anni per pubblicare il primo romanzo, The Voyage Out.
Vanessa inizia ad affermarsi nel mondo dell’arte e dell’interior design attorno al 1907 e già nel 1916 tiene la sua prima mostra personale, mantenendo viva la collaborazione con altri due membri del gruppo di Bloomsbury, Roger Fry e Duncan Grant, da cui avrà anche una figlia.

Vanessa Bell, The Other Room, 1930s

Ciò che rimane

Sia Vanessa che Virginia si allontanano dalla produzione femminile stereotipata che ancora, in epoca edwardiana, ci si aspetta da parte di una donna:

Mi sono costretta in una certa misura a rompere ogni schema e a trovare una nuova forma d’essere – cioè di espressione – per ogni cosa che sento e penso.

Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, 27 luglio 1934

Decidono, soprattutto, di raccontare a parole e con le immagini quello che conoscono: la vita di tutti i giorni, i dettagli, le zone di penombra, le cose che ci spezzano (l’adorato fratello Thoby morirà nel 1906) e quelle che ci tengono unitə (e rivivrà per sempre nel personaggio di Percival ne The Waves, 1931).

Questa sintonia tra parole e immagini si concretizza in particolare nelle cover e nelle xilografie che Vanessa realizza per la Hogarth Press, la casa editrice che Virginia fonda con il marito Leonard e che pubblicherà, tra lə altrə, Woolf stessa, T.S. Eliot, Lacan, Anne Freud, Dostoevskij.
Piccoli oggetti accostati, macchie di colore, linee decise o che scompaiono totalmente: sono la presentazione dei libri di Virginia, che si legano con un filo rosso al potere delle sue parole, che evocano e suggeriscono, riflettono e illuminano.

Vanessa non smette mai di essere un punto di riferimento per la sorella ed era sempre al corrente delle difficoltà di Virginia a gestire la sua salute mentale. E se quella più nota è la lettera che la mattina del suo suicidio Virginia lascia a Leonard, qualche giorno prima è proprio a Vanessa che Virginia scrive, con il cuore in mano:

Dearest, You can’t think how I loved your letter. But I feel I have gone too far this time to come back again.
I am certain now that I am going mad again. It is just as it was the first time, I am always hearing voices, and I shan’t get over it now. All I want to say is that Leonard has been so astonishingly good, every day, always; I can’t imagine that anyone could have done more for me than he has. We have been perfectly happy until these last few weeks, when this horror began. Will you assure him of this? I feel he has so much to do that he will go on, better without me, and you will help him.
I can hardly think clearly anymore.
If I could I would tell you what you and the children have meant to me.
I think you know.
I have fought against it, but I can’t any longer.
Virginia

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