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Nicotina: storia di un Io “disperso in battaglia”

Quando ho acquistato questo romanzo non avevo aspettative particolari, una bella copertina con varie tonalità di rosso e un titolo interessante: Nicotina. Ho finito di leggere questo libro e ciò che ho trovato è stato al di là di ogni aspettativa, anche di quelle inesistenti, mentre ciò che ne è venuto fuori è stato una serie di domande e riflessioni che ancora mi ronzano in testa.

Nell Zink, è l’autrice di questa storia forte e intensa. Di origini californiane, ora residente vicino Berlino, la scrittrice ha dedicato la prima parte della sua carriera ad attività in ambito di costruzioni, farmaceutica e software. Attualmente si dedica all’attività di traduttrice e i suoi testi Nicotina e Senza pelle sono stati tradotti e pubblicati in Italia dalla Minimum fax.

https://goo.gl/qWLi6wNicotina è la storia di Penny, la più giovane dei tre figli di Norm, una sorta di sciamano guaritore, nata dall’unione con una giovanissima orfana appartenente alla comunità colombiana dei Cogui. La prima parte della narrazione si srotola attraverso una serie di salti temporali: prima ci viene raccontato in poche righe il momento in cui Norm trova e salva la giovane Amalia poi, con un salto di vent’anni, ecco apparire sulla scena Penny e i suoi fratelli Matt e Patrick per una breve, ma già esauriente, descrizione di questa strana “famiglia”. Ed eccoci, con un ultimo salto temporale di undici anni al presente della narrazione.

Quella di Nicotina sembra quasi essere una storia nella storia, dove tutto inizi da quegli “undici anni dopo”, con una Penny ormai adulta che assiste un Norm, ormai anziano e malato terminale, durante le sue ultime settimane di agonia. Eppure tutto era iniziato molti anni prima, ancor prima che suo padre incontrasse sua madre sedicenne. Forse (e perché no?) tutto era iniziato in quella casa dove Norm era nato e cresciuto e dove Penny si ritroverà, quasi costretta, a vivere.

Sono vari gli aggettivi che mi vengono in mente se penso a questo romanzo: crudo, violento, schietto, contorto, meditativo. Nicotina è un insieme di emozioni contrastanti, e scatena nel lettore una serie di reazioni altrettanto inaspettate. Come una pellicola di un film quando si srotola veloce e fa correre le immagini, la narrazione è percorsa da scatti inaspettati che impediscono al lettore di prevedere cosa avverrà di lì a poco. Esiste, tuttavia, un filo conduttore che tiene insieme le vite di tutti i personaggi e che giustifica, motiva e comanda le loro azioni: l’amore.

Eppure Nicotina non è un libro romantico, non parla o racconta di storie d’amore. Al contrario, questo sentimento viene preso, scomposto, analizzato al microscopio in ognuna delle sue più piccole componenti. E quello che viene fuori è un sentimento violento, quasi surreale, che travolge e sconvolge le vite dei personaggi. Ognuno di loro, senza nessuna eccezione, vive l’amore in modo contorto e viscerale, con un’intensità che porta a conseguenza estreme,  pensiamo al gesto sconsiderato di Matt nella parte finale del libro, o al sentimento di Amalia nei suoi confronti.

Ecco come funziona l’amore. Ti afferra e ti prende come una valanga, un’ambizione emotiva, e il posto in si trova più a casa è l’inferno.

Nicotina, però, è anche altro. È un romanzo che si interroga sulla società, sul capitalismo e sulle minoranze. Gli amici che Penny incontra, il ragazzo di cui si innamora, la donna che fa perdere la testa (in tutti i sensi) a Matt, sono un gruppo di anarchici convinti di poter cambiare il mondo con le loro rivoluzioni, o semplicemente con le loro idee rivoluzionarie. Nicotina analizza l’amore, ma anche il senso di appartenenza, o forse sarebbe meglio dire di non appartenenza sociale. Lo sfondo all’analisi di questo amore folle e insano è quella società capitalista che ne nutre le perversioni e le fomenta, riducendo tutto ad una questione di numeri.

Una storia. Sono brava a raccontare storie. Tutte quelle che vuoi. Non c’è modo migliore per manipolare le persone. Come i miei genitori, che mi hanno convinta con l’inganno a laurearmi in economia con le loro storie sull’indipendenza economica e intellettuale di cui avrei goduto. Ho imparato solo una cosa. Come inventarmi le cose. Ogni numero racconta una storia. Probabilmente nulla racconta le storie meglio dei numeri. Mettici dentro un po’ di statistiche e la gente crede a qualunque cosa.

E in fondo è proprio così che è iniziato tutto, da una storia raccontata da suo padre a sua madre e ai suoi fratellastri. Come un circolo continuo di storie che si intrecciano una all’altra e una dento l’altra, così anche la vita di Penny, dei suoi amici sballati, di sua madre e dei suoi fratelli altro non https://goo.gl/LeHkYdsono che tanti numeri diversi, storie diverse, che addizionate, sottratte, divise e moltiplicate tra loro portano al risultato finale. Lì dove tutto è cominciato coincide anche con il luogo in cui tutta la storia si conclude. Ed è solo a questo punto, quando si torna al punto di partenza, che i nodi vengono al pettine e il fulcro intorno a cui la storia ha sempre ruotato viene messo a nudo, finalmente spiegato. Perché, in fondo, il problema è solo uno: “sono le storie che ci raccontiamo a causare tutti i problemi. Se si guarda in faccia la realtà, ci si ritrova molto meno confusi. È una questione di rapporto segnale/rumore. Ogni storia che racconti deve essere tutta segnale. Qualsiasi distrazione è rumore. Tutto ciò che le è estraneo è rumore.” E solo quando si arriva a comprendere questo problema in modo profondo è possibile creare di nuovo l’ordine, ristabilire i rapporti e ricucire le ferite, superare dispiaceri e umiliazioni per (ri)trovare un nuovo equilibrio.

Immagini: https://goo.gl/TVa519, https://goo.gl/qWLi6w, https://goo.gl/LeHkYd

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