Riportando tutto a casa, ovvero come l’Europa si sta riappropriando dell’Historical Drama
Articolo di Chiara Grondana
AMERICA PIGLIATUTTO | Non è un mistero che l’America tende ad appropriarsi di tutto ciò che è interessante e lucrativo e, dopo averlo condito in salsa USA, lo rispedisce nel mondo in maniera piuttosto distorta. La cosa che stupisce di più è il fatto che il punto di vista d’oltreoceano diventi in breve tempo la visione ufficiale condivisa dal resto del globo.
Forti di una lingua internazionale e di budget spropositati, le case di produzione statunitensi non hanno risparmiato nemmeno la storia della nostra vecchia Europa, producendo serie tv che con gli eventi e i personaggi d’origine condividono forse solo i nomi.
Esempio eclatante è Reign prodotto da The CW che dovrebbe raccontare le sfortunate vicende di Maria Stuarda, dal matrimonio con Francesco II di Francia fino alla sua esecuzione per ordine di Elisabetta I d’Inghilterra. Il risultato è una versione cinquecentesca di Gossip Girl, in cui la vera storia della regina di Scozia fra capolino qua e là fra intrighi di corte e problemi di cuore, il tutto decorato da costumi degni di un ballo delle debuttanti. Paradossalmente tutti questi anacronismi sono il punto di forza di Reign, visto più come un piacere proibito piuttosto trash.
Mary Stuart, interpretata da Adelaide Kane, con le sue dame di compagnia, tutte esempio di sobrio stile XVI secolo
Spartacus, diffuso dal canale Starz, racconta in tre stagioni le vicende di Spartaco e dei suoi compagni gladiatori e, con il suo immaginario di sesso e battaglie, sembra essere un precursore di Game of Thrones. Da notare nel cast una scarlatta Lucy Lawless, che, dismessi i panni di Xena, interpreta la moglie di Lentulo Batiato.
Il nostro Rinascimento viene invece reinterpretato in Da Vinci’s Demons, sempre tramite Starz, in cui Leonardo da Vinci finisce con incontrare Vlad Tepes, al secolo Conte Dracula.
Voce fuori dal coro è Marco Polo, prodotta nel 2014 da Netflix. La serie, di cui è stata appena annunciata la cancellazione dopo due stagioni, ha ricevuto molte critiche positive grazie alle inusuali vicende trattate e a un cast multiculturale di tutto rispetto, tra cui spicca Benedict Wong nel ruolo di Kublai Khan, che si discosta dalle altre per un tentativo di ridare agli avvenimenti un gusto vagamente originale: gli attori assunti per interpretare Marco, suo padre Niccolò e suo zio Matteo sono i nostrani Lorenzo Richelmy, Pierfrancesco Favino e Corrado Invernizzi.