Le relazioni fluide di Bauman

Tutti ci innamoriamo una volta nella vita, chi è fortunato persino più di una. Non riesco a ricordare dove io abbia sentito per la prima volta questa rassicurante affermazione, ma ne ho apprezzato da subito la tranquilla demistificazione dell’amore come forza estranea, ultracorporea e sovraumana, della convinzione (ma anche del desiderio, certamente) che si tratti di un’esperienza unica e irripetibile.
Come è razionalmente (se mi è permesso l’ossimoro) possibile vivere un’esperienza amorosa di questo tipo nella società attuale? Come conciliare l’innegabile desiderio di amare e di essere amati con la velocità e il profitto? L’attualità non ha forse reso l’amore ancora più fragile da creare e sperimentare, accentuandone la natura in bilico tra gli aspetti biologici e carnali e quelli psicologici e culturali? Riguardo questioni simili si sono interrogati Zygmunt Bauman e Aleksandra Kania durante l’edizione 2013 del Festivalfilosofia di Modena, dedicata appunto all’amore, ma si tratta di una tematica cara allo stesso Bauman e che ha approfondito, in un’analisi completa, nel libro Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi¹.

La sociologia contemporanea riconosce a  Zygmunt Bauman  la paternità della definizione di modernità liquida, con cui ci riferiamo alla nostra condizione attuale. Rispetto al rigido e predeterminato sistema politico-sociale che ha contraddistinto gran parte della storia umana fino al secolo scorso e che ha garantito (e autorizzato) nel tempo l’esistenza di un ordine assai solido di crescita e sviluppo, l’attualità deve necessariamente fare i conti con la propria condizione di realtà (e quindi identità) continuamente manipolabile. È l’uomo stesso a poterla modificare secondo le proprie esigenze immanenti: l’immagine del “liquido” vuole proprio indicare la presa di coscienza (ma anche l’imposizione) di come nulla abbia o debba avere contorni nitidi e definiti, tanto nel mondo lavorativo (Bauman nasce infatti come filosofo e sociologo del lavoro) quanto  sulle ricadute etiche di questo nuovo modo di vedere la vita e viverla.

Anche i rapporti umani si sono liquefatti, ma non nel senso che siano improvvisamente spariti, anzi: hanno subito una sorta di dilatazione e allentamento che paiono, in un primo momento, in opposizione alla concreta frenesia della vita liquida. Per Bauman, gran parte dell’incertezza da cui si sente attanagliato l’uomo postmoderno deriva dalla sua trasformazione, agli occhi della società, da produttore a mero consumatore. Questo è valido anche in campo affettivo: la liquefazione e la rarefazione toccano tanto la forma quanto i contenuti delle relazioni, che si adeguano via via ai bisogni momentanei del consumatore. L’uomo (inteso come essere umano) è stordito e disorientato, la sua realizzazione nella società liquida è continuamente rimandata e ridefinita; quale può essere il senso di una relazione stabile di coppia che richiede investimento e continuo lavoro? Qual è il senso del “per sempre”, del “finché morte non ci separi”? Non è forse preferibile l’incontro occasionale? Quello che si deve ricercare non è forse il legame libero?

Bauman, chiarisce subito, non si schiera né da una parte né dall’altra. Ciò che osserva ed è oggetto dei suoi studi  è la relazione  in sé come fenomeno postmoderno, con particolare attenzione «ai rischi e alle angosce del vivere insieme e in disparte»¹.

marion fayolle

Marion Fayolle

L’amore come atto morale

Come si combina il desiderio di un legame duraturo con la persona che si ama con ciò che ci si aspetta dall’uomo consumatore (e che egli si aspetta da se stesso), che è il vero protagonista della modernità liquida? Costretto a muoversi velocemente tra una gamma di offerte in continuo cambiamento (“solo per oggi!”, “comodamente a casa tua!”, “affrettati!”), il consumatore è alla ricerca non tanto degli oggetti, quanto del godimento che trae dall’oggetto: e così egli non ricerca relazioni, quanto le soddisfazioni che spera le relazioni gli arrechino.
Rendendoci consumatori, tuttavia, siamo stati resi anche calcolatori: parliamo di relazioni in termini di guadagni e perdite, di offerte e indice di soddisfacimento; le energie non devono essere spese nella costruzione di legami ma nell’attento calcolo su come «costringere la relazione a dare senza prendere, a offrire senza chiedere, ad appagare senza opprimere»¹. Agile, veloce, funzionale: come un oggetto, lo acquisto perché mi serve. Secondo l’analisi di Giddens, la relazione si fonda unicamente sulla gratificazione del desiderio e deve proseguire prosegue solo fino a che si ritiene, da parte di entrambi i partner, che la relazione restituisca sufficiente soddisfazione perché ciascun individuo vi dedichi tempo e impegno. Una volta consumata, la relazione è finita. Sembra una deduzione scontata, ma poniamo l’accento sull’idea del “consumare”.

Il desiderio è tipico dell’uomo consumatore, mentre l’amore ancora deve essere riconosciuto come atto morale: «Il desiderio è la brama di consumare, i beni di consumo attraggono – per contro, l’amore è il desiderio di prendersi cura e preservare l’oggetto della propria cura»¹.  Anche il desiderio, tuttavia, va coltivato:  ha costitutivamente bisogno di una continua procastinazione del suo soddisfacimento per esistere, necessita di lavoro sulle lunghe distanze e sulle tempistiche, della collaborazione di entrambe le parti. Una fatica anche questa, insomma.

Odo Marquard ha rilevato, non necessariamente in senso ironico, la parentela etimologica esistente tra zwei e Zweifel – “due” e “dubbio” – e ha affermato che tale collegamento non si limita a una mera allitterazione. Quando si è in due, non esiste certezza; e quando l’altro è riconosciuto a tutti gli effetti come il “secondo”, un secondo sovrano, non una mera estensione, o un’eco, o uno strumento, o un inserviente di me il primo, l’incertezza viene riconosciuta e accettata. Essere in due significa accettare un futuro indeterminato.

Zygmunt Bauman, Amore liquido

Pensiamo a Franz Kafka e alle sue celebri Lettere a Milena o quelle, meno conosciute, alla sua prima fidanzata Felice Bauer: con entrambe, Kafka rimanda di continuo il momento dell’incontro faccia a faccia e della realizzazione concreta (matrimonio) e corporea (atto sessuale) della loro unione, ma non manca mai di scrivere direttamente loro quanto sia desideroso di ricevere altre lettere, di mantenere inalterato il legame amoroso in questa dimensione − che sia amore, ma che rimanga amore scritto, linguistico, più facilmente addomesticabile: Franz Kafka è il desideroso di comunicare per eccellenza.  Tra i tanti che se ne sono occupati, Franz Rosenzweig ha ben individuato la parentela tra desiderio e parola nel loro essere “forze vettoriali”: come il desiderio, «il linguaggio è legato al tempo e nutrito dal tempo […] e prende spunto da altri. Di fatto, vive in virtù della vita di un altro». Questo è ciò che fa l’amore: ci fa desiderare di essere in due, di avere «qualcuno dotato di una bocca cosicché lo si possa ascoltare, qualcuno con cui conversare cosicché possa accadere qualcosa»¹.

Il continuo allontanamento−avvicinamento a cui a inizio Novecento si dedicava Kafka e che ora si gioca sul social network (il to friend-unfriend smn, per intenderci)  rende manifesta la possibilità, per l’uomo consumatore, di conciliare il desiderio di libertà con la brama dell’appartenenza: “sono io a decidere di chi essere amico, sono io a decidere con chi parlare”. Tutto è a portata di click: tanto l’aforisma quanto l’amicizia; “c’è un’app per tutto”: anche per l’amore.

 

Può assomigliare a un pigiama
o a del salame piccante dove non c’è da bere?
Per l’odore può ricordare un lama
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È tagliente o ha gli orli lisci e soffici?
Ditemi la verità, vi prego, sull’amore. […]
Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto grattando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sull’autobus mi pesterà un piede?
Arriverà come il cambiamento improvviso del tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
Ditemi la verità, vi prego, sull’amore.

Wystan Hugh Auden

La relazione tascabile

La relazione ai tempi del social network diventa connessione; isolato nella sua stanza, di corsa per il lavoro, un minuto prima di cena, nella pausa sigaretta: ogni momento è buono per inviare un messaggino o una fotografia su WhatsApp o tenersi aggiornato su cosa sia successo agli altri amici su Facebook.  «Slegati da tutto, essi devono connettersi»¹: gli uomini postmoderni non possono smettere di correre, cercano perciò il modo di mantenere il passo con gli altri senza modificare il proprio. Tramite WhatsApp e la possibilità di chattare in gruppi, per esempio, «il senso di appartenenza si esplica nel costante flusso di parole e frasi incomplete, […] il senso di appartenenza sta nel parlare, non in ciò di cui si parla»¹.  Le connessioni avvengono su richiesta del singolo utente e a suo piacimento possono essere interrotte.

Durante l’edizione di quest’anno di Festivalfilosofia Bauman ha sottolineato il bisogno costitutivo per l’uomo di sentirsi parte di una comunità e della profonda rivoluzione che questo bisogno ha subito nella nuova modernità liquida: da una community che si mantiene stabile e inalterata nel tempo, a cui appartieni perché ci sei nato e da cui è molto difficile uscire, a un network, in cui è molto facile entrare e che è altrettanto facilmente abbandonabile (per esempio, smettendo di twittare). Individui per definizione, non riusciamo a smettere di desiderare di appartenere. Ma alle nostre condizioni: «La dipendenza dal suono incessante del walkman non ha fatto che acuire il senso di vuoto lasciato dall’affievolirsi dei rapporti umani. […] Oggi, grazie a internet, anche quel vuoto può essere ignorato o dissimulato, e dunque privato della propria tossicità; il dolore dell’assenza può essere quanto meno lenito» (Un’affollata solitudine)² dalla suoneria che ci avverte dell’arrivo di un nuovo messaggino su WhatsApp. 

La modernità si sta svelando per ciò che veramente è: una guerra dichiarata (e tutta umana) a qualsiasi scomodità, tanto biologica quanto affettiva. Nel discorso di inaugurazione al Kenyon College, intitolato Liking is for cowards. Go for what hurts, lo scrittore Jonathan Franzen ha sottolineato anche questo aspetto mentre argomentava la sua visione della relazione ai tempi dei social:  «To speak more generally, the ultimate goal of technology, the τέλος of τέχνη, is to replace a natural world that’s indifferent to our wishes — a world of hurricanes and hardships and breakable hearts, a world of resistance — with a world so responsive to our wishes as to be, effectively, a mere extension of the self»³.
Quindi, se lo smartphone nella mia tasca può calcolare il percorso più veloce per raggiungere il nuovo winebar in centro, perché non può anche suggerirmi chi potrei invitare a condividere quel bicchiere di vino? Se vedo online su WhatsApp la persona a cui penso perché non scriverle immediatamente qualcosa, cogliendo l’attimo?  La velocità della risposta amorosa, quasi istantanea grazie alle varie app social, diventa di per se stessa soddisfacente, sostituendo il contenuto del messaggio come elemento di soddisfazione: la fatica è ridotta, il rischio è ridotto, ci accontentiamo del surrogato; «Ne abbiamo guadagnato in convenienza – riducendo gli sforzi al minimo assoluto – e in rapidità – accorciando la distanza tra il desiderio e il suo appagamento» (Sesso virtuale)².
Aleksandra Kania, che sottolinea la tragica perdita della dimensione fisica in questo scambio amoroso via app, così riassume: «La distanza non è un ostacolo al tenersi in contatto – ma il tenersi in contatto non è un ostacolo all’essere distanti».

l'ultima opera di Bansky ( http://www.internazionale.it/news/regno-unito/2014/04/16/lultima-opera-di-banksy-2/ )

l’ultima opera di Bansky ( http://www.internazionale.it/news/regno-unito/2014/04/16/lultima-opera-di-banksy-2/ )

Nelle app e nei siti per incontri , le fotografie e le descrizioni che gli utenti forniscono di se stessi sono chiaramente falsate dal desiderio di essere considerati belli e cliccabili, e quindi contattati. Lo scopo, più o meno voluto ma certamente raggiunto, è quello di rendere l’esperienza d’amore online simile a un acquisto di merci: le persone sono catalogate per altezza, vicinanza, interessi in comune. Questo corrisponde ai miei criteri, questo no. Tutto è rapido e indolore mentre con l’indice si passa al volto successivo che riempie la schermata dello smartphone.  La presenza del tasto “mi piace” su Facebook ha fatto praticamente lo stesso, spingendo i propri utenti a desiderare di essere “piacevoli” agli occhi dei propri amici e quindi a pilotare, più o meno consapevolmente, la fruizione dell’immagine e del loro profilo.

Secondo Jean-Claude Kaufmann, l’alternativa al modello economico attuale, consumistico e liquido, è quello offerto dall’amore come atto morale: «La differenza tra un uomo e uno yogurt è che una donna non può far entrare un uomo nella sua vita e aspettarsi che tutto resti uguale». Bauman in parte rifiuta questa netta contrapposizione, preferendo invece riconoscere al modello economico la responsabilità del conflitto tra egoismo e altruismo, che invece sono mischiati fino all’indistinto nel modello amoroso.
Ecco un’altra importante differenza tra relazione online e offline: «The simple fact of the matter is that trying to be perfectly likable is incompatible with loving relationships»³ spiega Franzen, così come Bauman: «Non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose»¹. Il piacere della costruzione e del sacrificio sono invece visti come dannosi e rischiosi dall’uomo postmoderno, che vuol rimanere forte della propria individualità e allo stesso tempo condividerla con gli altri, riproponendo quel gioco di allontanamento−avvicinamento che, alla fine, almeno a Kafka, ha fatto incontrare “la persona giusta”.    «We are connected loneliness»  ha detto Bauman al Festivalfilosofia, ma d’altronde «i ponti non servono a niente se non coprono l’intera distanza che separa le due sponde opposte»¹.

Finché dura, l’amore è in bilico sull’orlo della sconfitta. Man mano che avanza dissolve il proprio passato; non si lascia alle spalle trincee fortificate in cui potersi ritrarre e cercare rifugio in caso di difficoltà. E non sa cosa lo attende e cosa può serbargli il futuro. L’amore è un mutuo ipotecario su un futuro incerto e imperscrutabile.¹

 

Bibliografia essenziale
Zygmunt Bauman, Aleksandra Kania, Legami fragili, paginette festivalfilosofia, 2014
¹Zygmunt Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, trad. di Sergio Minucci, Editori Laterza, 2012
²Zygmunt Bauman, Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido, trad. di Marzia Porta, Editori Laterza, 2012
³Jonathan Franzen, Liking is for cowards. Go for what hurts. Commencement Speech at Kenyon College, NYTimes [link all’articolo]

L’illustrazione di copertina e la prima ad apparire nell’articolo sono entrambe opera dell’artista Marion Fayolle, a cui sono riservati tutti i diritti.

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