Bouquet #readwomen2015

Antologia, lo sappiamo tutti, etimologicamente significa scelta di fiori, oggi – in occasione della Festa Internazionale della Donna – mi fa piacere pensare che siano batuffoli di mimosa, ma nel mondo dell’editoria un bouquet letterario è stato pensato in relazione al fiore universalmente associato alla femminilità per delicatezza e grazia, Le Rose, questo il nome della collana che la casa editrice E/O dedica dal alle scrittrici di tutto il mondo, selezionando racconti brevi suddivisi secondo area geografica – opere che consiglio fortemente; le mie preferite sono Le Rose d’Oceania e particolarmente una spina come il racconto Il demonietto di Christina Stead.

La piccola antologia 2015 di Tropismi segue la scia della campagna #readwomen2014 che si rinnova anche quest’anno e si abbina ai festeggiamenti in occasione della Giornata Internazionale delle donne che, personalmente, dedico alla celebre Olympe de Gouges. Dunque, passiamo il confine e ci stabiliamo in Francia, rispolverando la voglia di conoscere la scrittura femminile delle scorse epoche per riscoprire alcune letterate che non sono ancora state pienamente riconosciute a livello universale.

Come fare di una festa un piccolo inventario e una preziosa biblioteca.   Le spine di Madame d’Aulnoy Cresciuta al castello di Barneville, visse a Parigi dal 1661, ossia dopo il vedovato di sua madre parente del marchese di Béringhem alleato ai Louvois. Sposata all’età di 15 anni a Francesco de la Motte, barone d’Aulnoy-en-Brie, di 30 anni più anziano, ebbe quattro figlie e un figlio. È conosicuta per aver ordito una oscura macchina politica di cui la vittima, suo marito, seppe tirarsi senza troppe conseguenze, mentre i veri autori cospiranti, ossia il marchese Crux de Courboyer e il cavaliere de La Moizière, furono decapitati il 13 dicembre 1669, esecuzione che fece desertare la prima rappresentazione di Britannicus di Racine. Reclusa, a seguito di qesta vicenda, per due anni in convento, Madame d’Aulnoy viaggiò dal 1678 al 1690 in Spagna – dove sua madre era diventata marchesa di Gudane -, ed in Inghilterra dove prese a frequentare lo scrittore Charles de Saint-Evremond che aveva conosciuto durante l’infanzia come ospite della casa di Barneville. Nel 1960 pubblicò Relazione del Viaggio in Spagna e le Memorie della Corte di Spagna che tratta della presentazione – in stile elegante e piano – dei costumi della vita politica e mondana alla corte iberica alla fine del XVII secolo. Lo stesso anno pubblicò La storia di Hippolito conte di Duglas – romanzo storico in cui si mescolano la realtà dell’epoca e la fiction secondo il modello fornito dalla Principessa di Clèves. Queste due opere conobbero un successo considerevole, tuttavia Madame d’Aulnoy decise di sperimentare un altro genere dedicandosi al prezioso filone della scrittura e riscrittura di fiabe come Storia di Mira che è un racconto sulla fuga del tempo, tema da lei già affrontato e che verrà ripreso nel XIX secolo dal poeta danese Oehlenschläger. Mme d’Aulonoy non si è solo ispirata a Perrault[1], ma ha altresì sfruttato il gusto dell’aneddoto che in Memorie alla corte d’Inghilterra (1695) – come nel romanzo storico la Storia di Jean de Borbone e Carency (1692) – si abbina all’abbondanza di exploits pirateschi al tempo dei Mori, di ostaggi e liberazioni, e colpi di scena romanzeschi di cui è un esempio lampante anche il romanzo Conte di Warwik del 1703[2]. Parallelamente, ha lavorato ad opere di pietà o erudizione come I sentimeti dell’anima penitente -parafrasi del Salmi – e la celebre elegia intitolata De Barnin. delle più belle opere di poesia da Villon a M. de Benserade. Soprattutto, nel 1698, pubblicò ben otto volumi di fiabe: Racconti nuovi, le Fiabe alla moda e le Illustrazioni firmate MADAME D. Le fiabe sono sempre eleganti e ben scritte, il meraviglioso tradisce però un’intenzione moralizzatrice: i veri miracoli sono sempre prodotti dai meriti degli eroi che rispecchiano i valori tradizionali e aristocratici dell’epoca.   Il destino irregolare di Béatrix Beck Romanziera di orgine belga figlia del poeta e polemista Christian Beck (1879-1916), ha studiato in Francia facendo studi di rilievo a Grenoble. Suo marito di origine ebrea russa militante e di fede politica comunista è caduto durante la guerra nel 1946. Béatrix rimane così sola con una figlia piccola che cresce lavorando come operaia[3], domestica e impiegata[4], finché nel 1950 diventa, per un anno, la segretatia di Gide. La svolta letteraria avviene durante gli anni dell’Occupazione che le daranno modo di sviluppare un corposo filone letterario autobiofrafico. È il caso di Una morte irregolare e Leon Morin prete, quest’ultimo romanzo – vincitore del Premio Goncourt nel 1952 – conosce nuova fortuna dieci anni dopo, grazie all’adattamento cinematografico di Jean Pierre Melville.

– Monsignore, vorrei parlarvi, articolai con difficoltà. Alzò i suoi occhi attenti su di me. – Ecco. Sono in fiamme. – Siete in fiamme? – Sì. Mi converto. Sono ai vostri ordini. Morin sembrò costernato… – Siete forse un po’ troppo affaticata, o malnutrita di questi tempi. – No, non sono stanca e ho appena mangiato delle patate… – É completamente fuori di testa questa ragazza, mormorò Morin.

La notorietà conquistata farà diventare Béatrix Beck membro della giuria del Prix Femina da cui dimissionerà perché chiamata dalle università americane e canadesi per tenere lezioni e conferenze in merito alle sue opere. Celebre è poi il ciclo di Barny nel quale ogni romanzo affronta il processo verbale di una crisi sempre brutale dolorosa, la rappresentazione di uno smottamento dell’essere e l’irruzione simultanea nella vita psichica di alterazioni che rivelano i veri desideri o esprimono le vere angosce del protagonista. Da lì una disintegrazione del cosicente attraverso una narrazione ellittica frammentata – vero e proprio specchio rotto che il lettore deve ricomporre. Barny appare nuovamente in Tagliare sempre collo corto – sempre accompagnato da una piccola bambina che l’autrice si impegna a far parlare in discorsi alla Queneau, stile che si trova anche in Spavento e stupore e soprattutto La discarca – un faccia a faccia tragico tra l’amore per un linguaggio nobile e il paternalismo di una istitutrice contro la spontaneità ravageuse – devastante di una nuova Zazie che redige le proprie memorie. Sostituto del sé autobiografico, lo strappo della scrittura si risolve comunque nell’unità romanzesca attraverso il legame perverso che lega Mademoiselle Minnier, l’istitutrice, alla sua allieva La discarica e il deposito dove vive la giovane Noemi sono il simbolo della liberazione dalle forzature sociali e dalle responsabilità adulte, o dell’indipendenza senza concessioni*. Allo stesso modo, autrice di racconti, la scrittrice sa creare, in poche righe, un universo quotidiano e al contempo fantastico (come in Guidata dai sogni), marcato da una costante esigenza e pratica di invenzione linguistica. Infine, Confidenze di gargouille è il rendiconto di un percorso letterario e spirituale tormentato. Grazie al suo talento ha ottenunto il Premio della Letteratura dell’Académie française per l’insieme della sua opera. «Ci si prende gioco degli scrittori che dichiarano di essere condotti dai loro personaggi, ma non lo sono tutti, almeno in parte, nella misura in cui tali personaggi sono la sintesi dei loro ricordi, sentimenti, esperienze vissute?»   Ma questo è solo l’inizio, continua qui.

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[1] Una delle più recenti rivisitazioni dell’operadi Perrault la dobbiamo a Barbablù di Amélie Nothomb.

[2] Per un quadro sull’Inghilterra dell’epoca, Lo strano passo della storia. Conservazione, sintesi e progresso nella Gloriosa Rivoluzione

[3] Condizione conosciuta anche dalla scrittrice Agota Kristof.

[4] Una scrittura che trova spazio e cresce fertile a partire da un momento di crisi appartiene anche al destino della celebre J.K. Rowling. * Articolo di Payot su l’ExpressBéatrix Beck, l’indépendece sans concessions

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