Quante artiste conosci? Nomina almeno #5womenartists. La campagna del NMWA e alcuni spunti

In fatto di donne, marzo è un mese un po’ impegnat(iv)o:  è già ora della festa della mamma in alcuni Paesi e poi c’è quella internazionale della donna, certo, ma negli USA, UK e Australia è anche il Women’s History Month, per ricordare e promuovere il contributo femminile negli eventi della storia, soprattutto quella contemporanea. Quest’anno, però, marzo è diventato anche il mese delle artiste.
L’iniziativa è partita come una provocazione, lanciata dal National Museum of Women in Arts già a fine gennaio, con la domanda diretta «Riesci a dire il nome di cinque artiste?» Probabilmente ce la facciamo, ma cercando nomi riconosciuti internazionalmente che non siano Frida Kahlo o Tamara de Lempicka cominciamo a zoppicare. Così tanto che, ancora prima di partire, la campagna è diventata virale negli USA, dimostrando esattamente ciò che il NMWA voleva mettere in luce: serve più consapevolezza sulla disparità di genere nelle arti, specialmente quelle accolte nei musei o nelle gallerie. La provocazione, infatti, è forse rivolta maggiormente alle istituzioni che si occupano di arte, affinché si accorgano di quanto ancora si debba lavorare perché le artiste donne e i loro lavori siano condivisi, supportati e promossi.

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In uno dei primi poster del collettivo Guerrilla Girls, attivo dal 1985, si può leggere che «meno del 3% degli artisti nei musei d’arte contemporanea americani è di sesso femminile, mentre l’85% dei nudi è di donna». Cosa è cambiato in questi anni? Hanno provato a fare un bilancio a metà gennaio, ospiti al Late Show with Stephen Colbert, che ha loro chiesto «Why choose art as a place for feminism?» E loro rispondono, candide: beh, siamo artiste. E continuano: «Ogni decisione, anche estetica, ha un valore che la sostiene. Se tutte le decisioni sono prese dalle stesse persone, allora l’arte non assomiglierà per niente all’insieme della nostra cultura. E, in questo momento, il mondo dell’arte è comandato da collezionisti bilionari che comprano solo opere che corrisponde ai loro valori. Noi sosteniamo che l’arte dovrebbe assomigliare anche al resto della nostra cultura: a meno che tutte le nostre voci non siano comprese, questa non è veramente la storia dell’arte. È la storia del potere».

SC: Nel 1985, il Guggenheim ha avuto zero esibizioni di artiste donne. Il Metropolitan, zero.  Il Whitney, zero. E il Modern, una. Trent’anni dopo, il Guggenheim ne ha avuta una, il Metropolitan una, il Whitney una, il Modern ne ha avute due.  GGs: Esatto. Questo è il progresso che si è riusciti a fare in trent’anni.

Dal primo marzo, l’iniziativa del NMWA è diventata ufficialmente social con l’hashtag #5womenartists: mentre sulla pagina Facebook del museo vengono pubblicati approfondimenti e aggiornamenti quotidiani, su Twitter i contributi arrivano già da tutto il mondo.∗ 
La National Gallery di Londra, tra molte altre istituzioni, ha accolto l’iniziativa e promuoverà, per tutto il mese, le artiste presenti nella collezione, dedicando loro soprattutto, in questi giorni, le 10-minute talks, ovvero le brevi visite guidate del pomeriggio.    Rimanendo nella stessa città, il 9 marzo (domani! accorrete!) termina invece l’esibizione Champagne Life alla Saatchy Gallery, che per due mesi ha fatto convivere le opere di 14 artiste molto diverse tra loro.

questa sono io davanti alle 233 di 478 burning pots di Maha Malluh. la foto me l'ha fatta Charity, che magari ricordate per questo

questa sono io davanti alle 233 di 478 burning pots di Maha Malluh. La foto me l’ha fatta Charity, che magari ricordate per questo

Alla Tate Modern, invece, nell’esposizione Making Traces c’è una sezione dedicata interamente a Rebecca Horn, di cui spero di scrivere presto − mentre ho già raccontato di Ottonella Mocellin, di Marina Abramovic e di Artemisia Gentileschi,

Per finire, oggi in Italia le donne entrano in tutti i musei statali, i siti archeologici e i monumenti gratuitamente  − c’è un hasthag anche per questo, ed è #8marzoalmuseo. Andate a caccia di artiste e non tenetevele per voi: la prima forma di arricchimento è la condivisione.

PS. Quella qui sopra è Georgia O’Keeffe. Magari regaliamoci i suoi fiori, oggi, invece delle mimose. 
∗ Ho appena scoperto, tra l’altro, che il NMWA mi ha aggiunto alla lista di persone che twittano e parlano del #5womenartists.

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