La vittoria di Diodato

Sanremo (e il resto scompare)

Il Festival dell’amicizia, l’edizione dei record, il festival delle donne o contro le donne: sono tante le chiavi di lettura per il Festival di Sanremo appena concluso, arrivato quest’anno alla settantesima edizione. Il dibattito dei giorni scorsi e gli ottimi ascolti sono il segno di una kermesse che non accusa la stanchezza del tempo, ma che rimette il piccolo schermo al centro del panorama mediatico.

C’è un dato che merita un approfondimento particolare, accanto alle percentuali dell’Auditel e ai ricavi per la pubblicità, ossia il primato assoluto di Sanremo sul web e sui social network. È il digitale, di questi tempi, che stabilisce il sentiment intorno all’evento mediatico, e questa edizione della kermesse – che proprio sul digitale ha piantato una banderuola con L’altro Festival di Nicola Savino – non sarebbe stata la stessa senza l’ombra lunga di Instagram e delle community specializzate. Seguire il Festival tramite il flusso continuo di meme e cinguettii su Twitter non è più una provocazione o un’iperbole, ma certifica un nuovo tipo di fruizione che intercetta l’entusiasmo di un pubblico diverso, un po’ come il Nutella Stage posto a qualche metro dall’Ariston.

Nella settimana della kermesse e in quelle precedenti, il web ha rappresentato un asset strategico, ha spostato i consensi e integrato il racconto televisivo, più di quanto Gigi e Ross ci abbiano fatto credere snocciolando le statistiche della TIM Data Room: onestamente, chi avrebbe fatto caso all’ultim’ora di Sky TG24 senza gli spoiler della rete? E quanto insignificante sarebbe apparsa la querelle tra Fiorello e Tiziano Ferro senza le stories di Instagram o le indiscrezioni di Selvaggia Lucarelli?

Bugo e Morgan
«Prove fantastiche con Morgan, grande intesa» (fonte: Adnkronos)

Sono all’incirca le due del mattino quando Morgan biascica parole confuse contro il povero Bugo, che sparisce oltre una tendina e fa perdere le sue tracce. Dietro quella tendina non c’è solo un corridoio che porta all’esterno del teatro: è il limes tra la realtà e le fake news, tra lo show e le speculazioni, che immediate cominciano a moltiplicarsi. Il Bugo-gate alimenta il dibattito per le 24 ore successive, assumendo i contorni di una spy-story: il video dell’esibizione sale in cima alle tendenze di YouTube, fioccano i retroscena e le testimonianze oculari, irrompe la satira. Nicola Savino chiama in causa anche il VAR. A bocce ferme, Bugo convoca i giornalisti per raccontare la sua versione dei fatti, ma la messa in onda su RaiPlay collassa e tutti rimbalzano su Facebook per seguire le dirette clandestine dalla sala stampa. Un dispiegamento di forze che neanche a Wuhan, dove peraltro si spengono i riflettori per dirottare tutta l’attenzione sugli outfit insolenti di Achille Lauro.

Achille Lauro
C’è cascato di nuovo (via Corriere della Sera – Style)

Basterà alla lunga per rimpiazzare il racconto televisivo o il digitale conserva una valenza di accessorietà? La grande domanda di quest’epoca dell’intrattenimento non sembra poi così stringente: la rete non ha un codice deontologico, lascia ampi margini di manovra – anche a costo di guastare in tempo reale la narrazione di un altro medium. Saltano gli schemi, decade il fair-play, si sgretola l’embargo sull’ufficialità del vincitore: il ticker, assicura Sky in una nota, era stato programmato con i nomi di tutti e tre i finalisti, poi per sbaglio è stata pubblicata la stringa relativa a Diodato. L’errore umano è fisiologico, ma quanto può essere diabolica la perseveranza di chi, anche tra i fan più accaniti, refresha, spamma e spoilera per il gusto masochistico dello scoop? Verrebbe quasi da riabilitare il tecnico che si è addormentato sulla tastiera.

Spoiler del vincitore su Sky
Come può uno spoiler arginare il mare? (fonte: Libero Quotidiano)

Lo smartphone è un pennarello indelebile, le chat di WhatsApp sono lavagne da riempire: la comunicazione ha diversificato i suoi canali e fagocita i contenuti, barattati per un like di approvazione o per una forma di incontinenza digitale. Ma questa “democrazia multipiattaforma” – che allarga la platea e trasforma anche l’opinione più superficiale in un dato sensibile – fa gioco allo show: Fiorello che trasmette in diretta sui social mentre Amadeus lancia il cantante in gara, registrando ascolti da canale satellitare, è solo l’ultima delle provocazioni, un cortocircuito che rompe la liturgia televisiva e porta gli utenti dentro lo spettacolo. Ci siamo anche noi su quel palco, orbitiamo intorno ad Amadeus e ne vogliamo sempre di più, per il piacere fisico di discuterne poi sulle nostre chat.

La complementarietà fra televisione e smartphone ha bypassato anche uno dei problemi atavici della kermesse, il fattore-tempo: la dimensione dei social è atemporale, il feed di notizie non segue l’ordine cronologico ma l’algoritmo che si basa su like e condivisioni, e la RaiPlay 2.0 inaugurata proprio da Fiorello ha consentito a molti spettatori di seguire Sanremo in differita e rimanere, citando un Bugo d’antan, nel giro giusto.

«Un minuto ancora e poi / uno sguardo tra di noi» (fonte: Open)

Viene da chiedersi allora se non sia vero anche il contrario di quello che si dice da anni, e cioè che i social abbiano progressivamente interferito col meccanismo del Festival. Partiamo da un fatto assodato: Sanremo è l’unico prodotto, rimasto interamente televisivo, che si possa definire “evento”. Imperdibile, fondativo, seguito da tutti, al centro del flusso di informazioni; come i Mondiali di Calcio, le Olimpiadi o la finale di Champions League, che però sono eventi prettamente sportivi cui la televisione si limita a fare da contrappunto, almeno finché non saranno inglobati anch’essi nel catalogo delle piattaforme streaming.

E i social, dal canto loro, non riescono a sfuggire alla liturgia sanremese, ne assecondano la durata immane, novecentesca, la studiano senza capirla fino in fondo, abituati a un altro tipo di fruizione, a una messa in onda istantanea ed effimera. Il Twitter italiano si risveglia durante Sanremo per poi accartocciarsi su se stesso e sui suoi tic, le storie di Instagram sono schermi che inquadrano altri schermi, pixel e pollici insieme, i cinguettii di Salvini non riescono più a imporre l’agenda politica del Paese ma sembrano assopiti in un’inevitabile letargo settimanale.

Elettra Lamborghini e Myss Keta
Il duetto fra Elettra e la Myss: non succederà più? (via Funweek)

Forse bisognerebbe smetterla di considerare social e televisione due media antagonisti, quanto piuttosto il battere e levare dello stesso movimento. Certo, sarà dura per la casalinga di Voghera capire il senso dell’esibizione di Myss Keta ed Elettra Lamborghini, e forse i giovani si chiederanno chi diavolo sia Marina Occhiena: ma la televisione di oggi, rispetto a quella di tanti anni fa, riesce a comprendere un pubblico diverso, portatore di tutte quelle alterità che sono rimaste storicamente fuori dal racconto televisivo. Achille Lauro, con i suoi outfit e il suo grido di libertà, ci ha dimostrato come la televisione possa diventare uno strumento di riappropriazione e inclusione, anche in un contesto istituzionale e antico come il Festival di Sanremo, finalmente pronto a tornare il Festival di tutti.

Vittorio Polieri e Adriano Pugno

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