Di piante e confini. Non tutti gli alberi di Gianmarco Parodi

Ci sono due postulati sulla letteratura, affascinanti nel loro assolutismo: che ogni storia parli del doppio e del superamento di un confine. Certo, si va da esempi molto letterali alle allegorie più spinte, ma entrambi ci aiutano a orientarci meglio nel mondo della narratologia, imponendo il primo un certo tipo di compagni di viaggio, il secondo una direzione certa e in un certo senso inesorabile.

Non tutti gli alberi di Gianmarco Parodi, finalista al premio Calvino e oggi pubblicato da Piemme, gioca continuamente sui confini e sul doppio, in un mondo realissimo e insieme magico dove alberi, uomini e animali si uniscono e fanno parte dello stesso ciclo di vita. La storia è ambientata in un paesino vicino Sanremo, il paese dove Parodi è cresciuto e muove i suoi personaggi: Alice, la protagonista, una bambina di dieci anni attaccata al suo papà, che lavora con gli alberi e sugli alberi, prende la vita come una grande avventura ed ha un carisma fortemente radicato alla terra, come i suoi sogni e le sue ambizioni.

Sullo sfondo la madre di Alice, che in questa storia, lo ripetiamo, terrena e fatata gioca la parte della strega e, meno spesso, della fata buona: il suo rapporto con il padre è agli sgoccioli, alle sue esagerazioni risponde con un sorriso ironico e il disincanto di chi deve, in una coppia, fare la difficile parte del genitore. Una famiglia che si regge con un equilibrio sbilenco fino al trasferimento del padre in Francia e a una notizia inaspettata e inaccettabile per Alice, che andrà a cercarlo (e ritrovare se stessa) oltralpe.

E il doppio? Il papà di Alice ce lo insegna, “non tutti gli alberi sono solo alberi”: le persone con le loro storie, le piante con i loro frutti si sovrappongono e si alternano fino a creare una rete di rimandi e indizi che seguono Alice per tutta la sua avventura.

Seguiamo Alice diventare più grande e determinata tra sterpi e ortaggi, passare da Ventimiglia insieme ai tanti migranti che provano ogni giorno a trovare, anche loro, la loro salvezza al di là della frontiera. Parodi ci porta qua e là tra i confini con lo sguardo e le contraddizioni di una bambina ferita, che si è stancata di essere un’avventuriera noiosa, come la definiva il papà, e vuole riscattarsi da un senso di colpa che la fa sentire la causa di tutto ciò che di brutto è successo dopo.

La lingua di Parodi è precisa nel descrivere una natura viva e il suo ciclo di vita, dall’estate all’inevitabile inverno, con la sua nuova e triste consapevolezza. La gioventù va via presto sulla terra, ci ricorda il Calvino del Barone Rampante, figuratevi sugli alberi, donde tutto è destinato a cadere: foglie, frutti. E le piante accolgono e partecipano a questo processo, una natura che strepita, agisce e subisce tutto ciò che causiamo noi umani, simboleggiato da un fuoco che distrugge e dal quale è quasi impossibile, dopo, riportare la vita. Non tutti gli alberi è una favola che ci fa credere ad un lieto fine, che forse è possibile comunque, ma sarà difficile e dovremo perdere qualcosa nel percorso.

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