Il grande cacciatore (e altre violenze)

All’inizio è una commedia.

La protagonista si ritrova a condividere il fidanzato, Adelmo, con la nuova vicina di casa, Marilyn, che è una complottista tanto anomala da essere credibile. Sembra uscita da una puntata della Zanzara e pensa che Piero Angela in realtà sia il fondatore del CICAP, il comitato italiano contro le affermazioni del paranormale, e la cosa non va giù alla protagonista che invece, da mite infermiera che ama il suo lavoro, è una grande appassionata di Super Quark.

«Ho la tremenda sensazione che la scelta di stare dalla parte giusta dipenda solo dal fatto di godere, in questo modo, una prospettiva migliore su quella sbagliata. Che osservare il male, insomma, mi piaccia molto di più che fare il bene» pensa la protagonista, che buona lo è per davvero. Aiuta tutti senza chiedere nulla, e allora questa prospettiva sul male deve avercela più chiara di chiunque altro, ma non è sempre facile riconoscerlo, specie se è più vicino di quanto uno pensi.

Sembra, il male, poter arrivare solo dal cielo, che a detta di Marilyn è pieno di alieni da non far incazzare, che a vendicarsi ci mettono un attimo – sono suscettibili. Col passare del tempo si assottiglia la distinzione tra chi ci sta con la testa e chi no, e forse quell’oroscopo idiota su una rivista ci aveva visto più lungo di quanto non potesse sembrare. Lo strano trittico familiare degenera in fretta. Non tutto si può condividere, o forse non lo si vuole, specie in amore. Invidia e violenza sono umanissime ma ben più pericolose di qualunque alieno là fuori.

Il grande Cacciatore (e altre violenze) è un racconto lungo che era uscito per la prima volta nel 2011, ma TerraRossa lo ripropone ora nella collana Fondanti, che dà nuovo spazio a testi del recente passato che non vanno persi.

Non è facile far ridere con la scrittura, e nemmeno far paura. Eppure nel breve arco di questa storia Carlo d’Amicis fa succedere entrambe le cose, come se nello stesso spot il clown del McDonald’s lasciasse il posto a quello di It, e in quella che pensiamo essere una storia di alieni finiamo col ritrovarci di fronte al massimo del delirio e di tutte le altre violenze umane cui richiama il titolo.

«Aprii gli occhi e vidi i suoi, umidi e tondi, che mi osservavano curiosi, senza capire. Cos’è il pianto di una donna per un animale?». La protagonista si pone una bella domanda alla quale è difficile rispondere, e non solo per un animale.

Achim Noffke

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