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Il gusto del cloro secondo Bastien Vivès

C’è una regola, probabilmente scritta, per cui se in una serie tv un personaggio va a nuotare in piscina sicuramente dopo poco capitano un innamoramento o un tradimento. È un espediente narrativo che serve a mostrarci il/la protagonista in un momento di tensione fisica anche erotica, in genere nelle primissime scene di apertura: senza bisogno di parole, in pochi fotogrammi (o bracciate) capiamo che il corpo e i suoi bisogni saranno centrali, senza che ci siano ancora chiare allusioni, a parte la foga e i muscoli tesi, all’energia sessuale che il protagonista sta cercando di incanalare in un altro modo – basti pensare a The Affair (2014-19).

In altri casi, in cui il corpo rimane comunque centrale, il sollievo che procura l’acqua è nella sua capacità di annullarne il peso, di sostenerlo senza fargli fare fatica, di permettere alla colonna vertebrale di allungarsi nello spazio. Le scene in piscina di Dolor y Gloria di Pedro Almodóvar (2019) hanno esattamente questo scopo: Salvador Mallo, il protagonista, si immerge per avere qualche momento di sollievo dalle difficoltà fisiche che gli causano le molteplici malattie di cui soffre. Ma anche per isolarsi dalla routine, dalle interviste, dalle richieste pressanti di tornare a lavoro, dal proprio cuore spezzato e indurito, dalla memoria dolorosa.

Sono momenti che funzionano molto bene per il grande schermo (o quello piccolo dello smartphone): fanno sì che la concentrazione dello spettatore si fermi sulle minuzie del corpo e delle sua forma, della sua energia e di ciò che lo trattiene, permettendo un’espressività muta che rivela molto del protagonista, prima ancora che sappiamo (o abbiamo bisogno di sapere) il suo nome, il suo tono di voce, la sua postura. Prima ancora della sua vita sulla terra, conosciamo quella nell’acqua, in cui è solo con se stesso, in cui le convenzioni sociali non agiscono ancora, in cui gli è permesso essere qualcosa d’altro.

Ne Il gusto del cloro di Bastien Vivès ci sono entrambi: il dolore alla schiena del protagonista, motivo per cui viene sollecitato a iniziare a nuotare, e l’incontro fortuito con un’altra nuotatrice.

Tutto si svolge ogni mercoledì all’interno della stessa piscina, in cui le differenze di vita dei due ragazzi – che altrimenti avrebbero avuto ben poche occasioni di conoscersi e incontrarsi – vengono annullate. Anzi, sono proprio le diversità nelle abilità e nello stile di nuoto che li avvicinano ulteriormente, in un aggiustarsi di ritmo per lei e un amministrarsi di forze per lui che li portano a muoversi alla stessa velocità per tutta la lunghezza della corsia, mercoledì dopo mercoledì – se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro

I momenti che non accadono in acqua si svolgono per lo più negli spogliatoi, sotto le docce, sugli spalti e occasionalmente nello studio medico dove il protagonista va per tenere sotto controllo la schiena: tutto continua a ruotare però attorno a quelle scalette, a quel bordo vasca, a quella corsia a volte affollata a volte così vuota da farne rimbombare il silenzio attraverso le pagine.

Le sfumature rilassanti del blu si susseguono pagina dopo pagina, mantenendone il tono uniforme, facendoci capire che i cambiamenti saranno minimi, non chiassosi, quasi impercettibili – proprio come avviene nel nuoto e in ogni disciplina fisica, quando all’inizio manca perfino la coordinazione e, all’improvviso, si riesce a fare tutta la vasca senza nemmeno riprendere fiato. Il tutto mentre lei si sbottona, nel suo costume e cuffia Arena perfetti, e acquista fisionomia – un altro incredibile regalo di Bastien Vivès, che comanda i tratti del viso con incredibile maestria, annullandoli del tutto o componendoli in ogni minimo dettaglio.

Il gusto del cloro è una graphic novel per chi si è dimenticato come si sta in piedi dritti, come si conoscono gli altri, come si migliora rimanendosi fedeli. Mentre si cresce in se stessi, infatti, si acquista una nuova posizione nel mondo, si ritorna a esserne il centro e avere, allo stesso tempo, coscienza di ciò che continua a girarci attorno. E non importa se alla fine l’appuntamento sarà rispettato oppure no, se lui capirà cos’ha detto lei – secondo quel vecchio canone per cui le donne capiscono tutto prima: l’amore ha molti modi di manifestarsi, il migliore è quello dell’attesa.

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