E forse il bacio – Un saggio di Belinda Cannone

Pubblicato in italiano nel settembre 2017, tradotto da Chiara Contini ed edito da Mucchi Editore, E forse il bacio è l’ultimo saggio di Belinda Cannone che, in Francia, con questo saggio, ha inaugurato per Alma di Parigi, la collana intitolata «Pabloïd» che ricorda ed evoca Pablo Picasso. «Una volta, il grande pittore aveva infatti affermato che i temie forse il bacio fondamentali dell’arte erano (e sarebbero sempre stati) “la gravidanza, la nascita, la sofferenza, l’assassinio, la coppia, la morte, la rivolta – e forse il bacio”. Questa dichiarazione attribuiva al bacio, a questo piccolo gesto della vita quotidiana, un’importanza davvero inaspettata.»

Se ci si pensa, ciò che affermava Pablo Picasso è la pura verità. Il bacio, in letteratura, nell’arte e nel cinema, è stato descritto, narrato, disegnato, scolpito, ripreso. Mi viene in mente il famoso dipinto di Francesco Hayez, la fotografia di Alfred Eisenstaedt, il quinto carme di Catullo, il bacio di Paolo e Francesca. Il bacio ci appartiene e «quante cose interessanti ci fa scoprire il bacio d’amore! Per esempio: che il dare e il ricevere possono essere il medesimo gesto. Che la differenza tra i sessi viene meno, perché, in fondo, l’uomo e la donna praticano il bacio nello stesso modo. Che il bacio investe il nostro volto ovvero il luogo elettivo della nostra umanità. Che il bacio presuppone una straordinaria inventiva: perché nessun bacio assomiglia a un altro, anche quando non ci si bacia per la prima volta.»
All’interno del suo saggio, la narratrice, Belinda Cannone (molto interessante lo scambio di opinioni fra le due donne che sono, in realtà, una), e il suo fidanzato si interrogano triplicemente sul bacio, sul suo significato, sui diversi modi di baciare, sul vocabolo in sé e sulle trasposizioni culturali, usando aneddoti, ricordi e reminiscenze varie.

Per prima cosa, la narratrice, facendosi guidare da Francesco Patrizi, filosofo del Cinquecento e teorico del bacio, scrive che bisogna «soffermarsi sul fatto che sono due le tipologie di amore che ci inducono a baciare: eros e philia. […] I baci dati all’amico, al figlio e alla sorella sono generati da quella forma di amore che i Greci nominavano philia.» Da qui si comincia a ragionare sulle parti del corpo che godono dei baci e che si dividono in erotiche, come la bocca, e affettuose, come le guance. Attraverso un excursus letterario si arriva addirittura a Dracula e sul fatto che questo personaggio «non cessa di tenere alta la fiaccola del bacio di Eros: donde il suo successo universale e il suo valore di mito letterario, cioè la sua destinazione a essere costantemente riscritto.»

Tra i tanti quadri, fotografie e passi letterari citati, tre mi sono piaciuti particolarmente. Innanzitutto, la riflessione sulgiove e io correggio quadro Giove e Io dipinto dal Correggio nel 1531. Come potrete vedere dall’immagine a lato, Giove si trova davanti a Io, figlia del dio fluviale Inaco. Zeus ha deciso di rendersi vapore acqueo perché Io appartiene a un mondo liquido. Il dio diviene nuvola (abbiamo parlato di nuvole qui), «l’imponderabile informe assimilabile a qualsiasi forma, diventa allora rappresentazione del desiderio nel suo principio, del Desiderio stesso.» E, avendo scelto Correggio, il momento del bacio, il pittore dipinge l’esatto momento in cui i due diventano uno.

Innumerevoli sono le fotografie che immortalano il bacio. Tra tutte, prevale Bacio davanti all’Hôtel de Ville di Robert Doisneau, scattata negli anni Ottanta. La foto «faceva parte di un reportage commissionato nel 1950 dalla rivista Life sulla Parigi romantica e per realizzarlo, Doisneau aveva ingaggiato in una scuola d’arte drammatica, per mezzo di contratti formali, vari modelli che fotografò in alcuni luoghi emblematici della città» (e i modelli erano davvero delle coppie!). La foto, si sa, è diventato uno dei più famosi scatti internazionali, ma quello che forse non tutti conoscono è che moltissime coppie scrissero a Doisneau convinti di essere i soggetti della fotografia. Quest’immedesimazione ci riporta indietro nel tempo, a quelle malattie letterarie che tra il XVIII e il XIX secolo contagiarono decine e decine di lettori: tra queste, la Wertherfieber e il bovarismo. La differenza tra Flaubert e Doisneau è che il primo non rivendicò a nessuna fanciulla il diritto di essere Emma Bovary, mentre il secondo inviava una foto originale a ogni coppia che si riconosceva nel suo scatto per non disilludere nessuno e fargli credere che sì, gli amanti della foto fossero loro. Questa bugia, però, evidenzia la potenza del bacio e dell’amore in generale, cosa a cui probabilmente mirava Doisneau.

bacio davanti all'hotel de ville

A proposito di potere evocativo delle parole e dei baci, concludo con il terzo rimando (stavolta letterario) che mi è piaciuto di più ovvero la trattazione del bacio di Paolo e Francesca, i due giovani incontrati da Dante nel secondo girone dell’Inferno. La loro storia è nota: Francesca racconta a Dante, nel V canto della prima cantica, il momento in cui i due si baciarono.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.

La narratrice fa una riflessione interessante scrivendo che l’evocazione letteraria dei baci è contagiosa e che Dante esalta «non solo la potenza del bacio ma anche quella della letteratura e, più precisamente, della lettura: il bacio nella conclusione ne è l’allegoria» ed «evidenzia la perdizione per mezzo dei libri. Ecco da dove provengono altre due celebri imitazioni, Don Chisciotte ed Emma Bovary.»

In questo interessante saggio, Belinda Cannone riflette appieno su un gesto – che è anche archetipo e cliché – antichissimo, attraverso un tono umoristico e dialoghi in cui le idee vengono articolate. Scritto in modo scorrevole, senza mai essere pedante, cita spunti stimolanti, dona al lettore le sue riflessioni e ricorda che «nel bacio noi ridiventiamo quell’androgino primitivo di cui parla Aristofane nel Simposio di Platone: due esseri in uno.»

Photocredit: www.culture.biografieonline.it; www.bbc.com; www.iconos.it; www.mucchieditore.it

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