Ma chi me lo fa fare Colamedici Gancitano

La fine dell’incantesimo: “Ma chi me lo fa fare?” di Colamedici & Gancitano

È solo un pugno nell’anima questo bisogno di esserci per la paura di perdersi nell’universo.

(Colapesce e Dimartino, Considera, 2023)

Leggendo Ma chi me lo fa fare? Come il lavoro ci ha illuso: la fine dell’incantesimo, l’ultimo libro di Andrea Colamedici e Maura Gancitano (HarperCollins), qualcuno potrebbe obiettare che il dibattito sul tema del lavoro è ormai un passatempo radical chic, o più cinicamente che è molto facile parlare di lavoro se il lavoro ce l’hai già.

Il tema è stato abusato dalla politica, strumentalizzato, manovrato nelle stanze dei bottoni, creando una spaccatura tra il motore del Paese e gli ideologi rinchiusi nei think tank. Da un lato c’è chi pensa di fare un lavoro vero, manuale, dall’altro chi cerca di evitare la catastrofe intorno a una tavola rotonda: stanno dalla stessa parte, ma non lo sanno. E a ogni livello, con le dovute eccezioni, coltivano lo stesso sentimento di sfiducia verso un sistema che soffoca, discrimina per genere ed estrazione, o più semplicemente abitua alla ripetitività di alcuni gesti, non incoraggia la creatività, fa compravendita di anime in cambio di una sicurezza economica.

New Yorker Work

Per Colamedici e Gancitano, però, parlare di lavoro significa anche parlare del suo opposto, di ozio e vita contemplativa, specialmente se si pensa che «abbiamo trasformato un potenziale strumento di liberazione nella più sottile e pervicace forma di schiavitù mai apparsa sulla Terra». Siamo tutti consapevoli che scegliere il giusto copy per un nuovo formato di chewing-gum sia meno rilevante di un’operazione a cuore aperto, eppure non riusciamo a farne a meno; siamo vittime di una sindrome di Stoccolma aziendale che tocca altre corde oltre a quella del salario: lealtà, sottomissione, adesione a uno status.

Come in un incantesimo. O in una televendita, dove qualcuno promette felicità e amore in cambio di una fede cieca. Come spezzare il sortilegio, quindi? Tanto più nel mondo post-pandemico falcidiato dalla crisi (in Italia, il tasso di disoccupazione giovanile resta piuttosto alto, specie se paragonato a quello degli altri Paesi dell’Ue) e dentro un’economia neoliberista che ha sciolto le briglie alle classi più elevate e ha ingabbiato quelle più umili in una condizione di semi-immobilismo.

Attraverso esplorazioni storiche e accurate ricognizioni del presente, Colamedici e Gancitano mettono in campo la loro esperienza (e una ricchissima bibliografia) per dimostrare che c’è vita oltre il lavoro: i due autori sono da anni l’anima di Tlon, un progetto di formazione filosofica per la fioritura personale, dispiegato attraverso una casa editrice, una factory culturale, due librerie e un’instancabile attività di ricerca e divulgazione. Andrea e Maura promuovono un ripensamento radicale del mondo del lavoro, una grande rivoluzione sociale per riconquistare tempo e senso.

Dietro un apparente nichilismo, quella degli autori è una battaglia colta e pop per liberarci dall’idea che solo il lavoro nobiliti l’uomo: l’invito a disertare, a rivalutare la stanchezza, a fare del sonno «l’ultimo argine a un mercato senza soste» e «un atto di resistenza all’obbligo al profitto» appare impraticabile in una società in cui il lavoro è la principale fonte di sostentamento, e perciò va inteso come una provocazione, uno schiaffo per risollevarci dal torpore e riaccendere il desiderio.

New Yorker Work HardTanti si sono già arresi, imbevuti dell’ansia «di giustificare in qualche modo la propria vita sulla Terra» attraverso un lavoro che li ha sopraffatti: perché l’ascensore sociale è angusto e il senso, se c’è, non va ricercato disperatamente nella performance e nel successo professionale. Non è questo che definisce l’individuo, ma le sue azioni, i suoi slanci, la capacità di tessere relazioni con altre cose e altri individui: il lavoro, perciò, è il tentativo di produrre un senso nel modo peggiore possibile, convinti che «prima o poi, di traguardo in traguardo, di task in task, qualcosa spunterà fuori».

Andrea e Maura immaginano un approccio al lavoro più sostenibile, libero dalle credenze sul sacrificio, sul dovere e sul merito, associato a un reincantamento del mondo che dia nuovo significato alle priorità che abbiamo smarrito – a patto di avere cura degli altri e di un pianeta dato per vinto troppo in anticipo. Prima di essere si deve esistere, spiegava Sartre: per tutti noi, specie per i disillusi, il viaggio riparte da qui. Chi ce lo fa fare, altrimenti.

Andrea Colamedici e Maura Gancitano

(le immagini provengono dalle colonne del New Yorker e dal sito ufficiale di Tlon)

 

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