Boris Vian una vita fino all’ultimo strillo di tromba

“È mostruoso sapere che esistono delle passioni, e non provarle.”

Il 10 marzo del 1920 a Ville-d’Avray nasce in un assolo di tromba Boris Paul Vian, un uomo che si destreggia tra spartiti e frasi, tra note musicali e parole fino all’ultimo respiro.

A diciannove anni si trasferisce nella Parigi del dopoguerra dove può fare e ascoltare Jazz ma non basta, ci vuole un posto nuovo da chiamare casa e allora apre un locale che diventerà fulcro della filosofia esistenzialista.

In quel luogo dove si respira arte in ogni sua accezione passano il tempo niente di meno che Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir e Vian assorbe ogni sillaba che esce dalle loro bocche.

Nel 1947 Gallimard pubblica il romanzo di Boris Vian L’Écume des jours (La schiuma dei giorni).

Il libro si apre con una premessa che riassume l’essenza stessa della letteratura:

“La storia è interamente vera, perché io me la sono inventata da capo a piedi”

Vian scrive la storia d’amore tra Colin e Chloè in un mondo con invenzioni assurde e fantastiche e in mezzo c’è anche il personaggio di Jean-Saul Partre (riferimenti tutt’altro che casuali), su cui l’autore ironizza e ne prende in giro l’abbondante produzione letteraria.

Nel romanzo Chloè si ammala di una condizione rara, una ninfea nel polmone e l’unico modo di guarirla è ricoprirla di fiori.

“Ma lei cosa fa nella vita?” domandò il professore.

“Imparo delle cose” disse Colin. “E amo Chloé”

In questo ambiente così pregno di esistenzialismo Boris Vian devia per una corrente filosofica più vicina alla sua natura e diventa membro del Collège de ‘Pataphysique (Collegio di Patafisica).

La corrente filosofica della Patafisica si definisce come “un’ipotetica scienza delle soluzioni immaginarie”. Nulla di più affine a Vian che oscilla tra il più inconcepibile surrealismo delle forme e la più estenuante crudezza dei sentimenti.

Nel 1946 l’editore Jean d’Halluin voleva pubblicare un romanzo americano, di quelli sul genere noir che andavano tanto di moda sia oltre Oceano che in Europa e Boris Vian si propose di scriverglielo in quindici giorni, meglio di un americano.

Così nasce J’irai cracher sur vos tombes (Sputerò sulle vostre tombe) un romanzo che fece scandalo. Sesso, violenza, alcol e inseguimenti. Neri che sono bianchi, ragazze borghesi disinibite e tutto è innaffiato da toni dark . Boris Vian, per questa pubblicazione, prende lo pseudonimo di Vernon Sullivan. È un successo, migliaia di copie vendute ma c’è un processo, Vian viene identificato come effettivo autore e condannato per offesa alla pubblica morale.

I libri vengono sequestrati, multate fino a centomila franchi le persone che ne posseggono una copia, la critica è unanime contro di lui. Boris non è un uomo che resta fisso ai rancori e ricomincia da capo, con la musica, con le canzoni.

Scoppia la guerra in Algeria e lui scrive la sua canzone più famosa Il Disertore che fa il giro del mondo e in Italia ha le sue versioni più famose con Ivano Fossati e Ornella Vannoni.

“E dica pure ai suoi

Se vengono a cercarmi

Che possono spararmi

Io armi non ne ho.”

Ma quel romanzo abortito contro la sua volontà lascia una ferita aperta, bisogna suonare con tutto il fiato per soffiare via il sale che ci brucia sopra. Viene invitato a una proiezione privata del film tratto da Sputerò sulle vostre tombe. È inferocito dall’adattamento della sua opera ma resta per non mancare di rispetto agli attori e ai tecnici.

Le luci in sala si spengono, sullo schermo appaiono i titoli di testa e Boris Vian muore stroncato da una sincope. È il 23 giugno 1959 non ha nemmeno quarant’anni.

“Morirò un poco, molto,

Senza passione, ma con interesse 

E poi quando tutto sarà finito 

Morirò.”

Alessia Incampo

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