La trama alternativa

È finalmente una giornata di sole, siamo seduti al bar a fare aperitivo, il caldo si fa sentire sulla pelle, chiacchieriamo con gli amici. Parliamo dei progetti per l’estate che sembra stia arrivando troppo in ritardo, la speranza di tornare a un clima adatto alla stagione. D’improvviso le nuvole si fanno strada tra i raggi solari, il cielo diventa cupo, l’odore di pioggia si impossessa dell’aria e questa forte corre giù. Il rumore incessante sul tendone del dehor sovrasta ogni cosa.

Questo suono grave continuo, che porta con sé il peso della caduta, è lo stesso prodotto dalle domande che si pone Giusi Palomba ne La trama alternativa. Sogni e pratiche di giustizia trasformativa contro la violenza di genere, edito da Minimum Fax. Nel momento del racconto l’autrice è appena arrivata a Barcellona e incontra l’attivista Bernat, punto di riferimento per i più, persino per la classe dirigente borghese. I due diventano migliori amici e grazie a lui Giusi conosce e attraversa un tessuto sociale, culturale e politico alternativo, che si muove ai lati e nel sottosuolo della città. Una comunità che porta i valori di uguaglianza, parità e lotta per i diritti di chiunque. Bernat ne è il portavoce e proprio lui, che rispetto ad altri uomini agisce avendo pieno rispetto delle donne, si macchia della colpa di stupro. Uno strappo che fa affiorare atteggiamenti machisti e di come siano stati assorbiti inconsciamente anche da coloro che professano gli ideali più puri. Mar, la ragazza che subisce la violenza, decide di affidarsi alla comunità e attuare un percorso non solo riparatorio, ma anche di trasformazione. Sin da subito si trovano le parole più consone: “sopravvivente” e non “vittima”, “persona che ha inferto il danno” e non “perpetratore”. Vengono creati dei gruppi di supporto per entrambi, l’obiettivo è quello di riconoscere il danno e interiorizzarlo affinché ci sia una riparazione che vada oltre la punizione. Un processo lungo che divide, ma che va avanti con l’aiuto di tutti. La responsabilità diventa collettiva. 

La struttura del libro della Palomba parte da immagini tipicamente narrative per arrivare alla teoria del saggio. Attraverso una scrittura sincera smonta il pensiero comune sulla giustizia penale e si affaccia a quella trasformativa.

Un libro necessario, che pone in discussione la logica punitiva a cui siamo abituati: il carcere. Molto spesso quando si parla di violenza di genere chi ha inferto il danno riesce a sfuggire alla giustizia, la donna diventa “quella che chissà cosa voleva” o “se è vero, se l’è cercata”. Nel momento in cui la detenzione diventa la condanna, questi individui sono abbandonati a loro stessi. Non vi è alcun tipo di supporto per capire la motrice del meccanismo e per la reintegrazione all’interno della società. Questo comporta il ripresentarsi di altre violenze. Allora ha più senso andare alla radice del problema, analizzarlo e iniziare un percorso che trovi una soluzione, mettendoci tutti in gioco. 

Quella raccontata da Giusi Palomba è una storia che noi donne abbiamo sentito, letto, visto e vissuto anche troppe volte. Le domande e gli argomenti da lei sollevati risuonano nella testa come un temporale che non vuole cessare.

“Ci sono domande che ancora abbiamo paura di farci”.

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