I volti delle parole

C’è un luogo in cui scrittura e disegno si toccano, in cui il significato e il segno grafico di una parola si mescolano al tratto nero del carboncino, al fluido scorrere dell’olio sulla tela.

In occasione del Festival Filosofia 2014 organizzato, come ogni anno, nelle distese di nebbia e sole bianco e boccheggiante dell’Emilia, è stata allestita alla Galleria Paggeriarte di Sassuolo la mostra Volti di volti di Tullio Pericoli.

Di pomeriggio nei dintorni di Modena, a volte, d’autunno c’è una luce particolare. Tutto è evanescente, pallido di un pallore rovente, secco come il ricordo di una carezza. Ogni cosa racchiude in sé una voce rara, da ricercare con pazienza.

Dopo la conferenza di Zygmunt Bauman mi trovavo con due anime carissime al parco ducale. L’imponente sagoma del palazzo sembrava un miraggio. Si ha spesso questa impressione, facendo arrampicare lo sguardo sulle scanalature delle pareti dell’antica residenza degli Estensi, lontano oltre l’inaccessibile prato di erba alta che vi si apre davanti.

Alzandoci, ci siamo diretti verso il centro, camminando nel torpore dei raggi chinati del sole, con un sapore intenso di caffè in bocca. In questo dolce stato d’animo siamo entrati nella piccola galleria che si affaccia sul Piazzale della Rosa.

Dalle pareti mi guardavano i volti degli scrittori che più amo e che mi accompagnano ogni giorno nei miei studi e nelle mie letture. Mi sembrava di varcare uno spazio nuovo e allo stesso tempo di abbandonarmi riconoscente tra le braccia dei custodi dei miei sogni e delle mie paure.

La serie di ritratti di Samuel Beckett ha attirato immediatamente il mio sguardo. Il rosso e il nero predominavano, a volte graffiando altre riscaldando la superficie al centro della quale gli occhi di Beckett sembravano perforare la tela o la tavola. Le linee di quei disegni creavano un moto incessante, disegnando ora le rughe spesse del volto, ora i capelli, il collo del maglione, lo sfondo carico di impulsi.

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Samuel Beckett, 2013

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Samuel Beckett, 2014

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Samuel Beckett, 2013

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Samuel Beckett, 2013

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Samuel Beckett, 2013

In altri ritratti il volto di Beckett appariva in una nube di segni grigi, bianchi, neri. Al centro sempre quello sguardo teso in avanti, costante nella sua veggenza in mezzo al temporale di ombre e vapori addensati sulla tela.

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Samuel Beckett, 2007

Ho iniziato a camminare disordinatamente per la galleria, chiamando gli altri due che erano con me a ogni quadro, insistendo perché lo osservassero, chiedendo loro un confronto. Avevo la sconvolgente sensazione che tutto quello che ero riuscita a capire e a assorbire di quegli scrittori, di quei filosofi fosse concentrato in quei ritratti. Tullio Pericoli aveva dato una forma ai miei più aerei e inafferrabili sentimenti e alle intuizioni che nel corso di anni erano maturate dentro di me.

In un ritratto ho riconosciuto il profilo dell’adorato e continuamente ricordato Carlo Emilio Gadda, senza il quale gli oggetti materiali che mi circondano e il muoversi incessante e discorde di ogni essere non avrebbero la stessa imponente vitalità, lo stesso senso straziante, quell’ineluttabilità che mi fa sorridere ogni giorno. Nel ritratto di Tullio Pericoli lo sguardo di Gadda era aperto nella constatazione di qualcosa che, inevitabile, gli stava di fronte. Il disegno del corpo, rivestito da un cappotto marrone, trasmetteva tutto il senso di pesantezza che nei libri di Gadda ricopre ogni organismo che incessantemente si muove. I capelli grigi, tirati indietro, leggermente scompigliati nell’azzurro dello sfondo, esprimevano la sconcertata presa di coscienza che nei romanzi di Gadda è inevitabile pellegrinaggio.

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Carlo Emilio Gadda, 2014

Poi ancora lo sguardo nero di Pier Paolo Pasolini, il naso e la bocca quasi celati. Gli occhi e i capelli neri risaltavano su tutto, sovrastano la parte inferiore del viso. Un ritratto muto e per questo ancora più eloquente, duro nei tratti scuri e marcati.

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Pier Paolo Pasolini, 2008

E quindi Giovanni Testori, il volto abbassato verso il petto. Le guance dilagavano sulla tela. Segni rossi macchiavano il volto e lo sfondo, quasi bagliori del pensiero fremente.

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Giovanni Testori, 2009

La mostra proseguiva con Oscar Wilde dipinto con colori accesi e tratti morbidi, Primo Levi, con il mento appoggiato sulle mani, le dita incrociate, Arthur Schnitzler disegnato col carboncino su carta in bianco e nero, un ritratto del 1991 di Witold Gombrowicz, Charles Baudelaire, l’adorato Jorge Luis Borges disegnato a matita con una cravatta a pois, Robert Walser, Franco Loi, Marcel Proust, Friedrich Nietzsche.

A questo punto della mia visita ho notato due ritratti di Franz Kafka, entrambi eseguiti quest’anno, che mi hanno costretta a fermarmi di nuovo. Davanti a me si agitava la somma di emozioni, stimoli, ombre e riflessioni che La metamorfosi, Il castello e Il processo avevano fanno nascere dentro di me.

Nel primo ritratto, i capelli e la giacca dello scrittore erano riempiti da tratti spessi, neri, che suggerivano un movimento verso l’alto nell’osservare il quadro. Gli occhi di Kafka erano aperti, leggermente strabici, attenti a studiare un punto, un dettaglio, forse qualcosa di inconsueto alla sua sinistra. Il viso bianco, come la camicia, era tratteggiato con linee spesse. Sullo sfondo, una striscia gialla e arancione saliva verso l’alto, sbilenca, in mezzo a due colonne tendenti al bianco. Questa folgore colorata alle spalle dello scrittore sembrava rimetterne tutta l’immagine in discussione, forse invitando a una lettura diversa. Come ha detto Ermanno Cavazzoni, a volte ci dimentichiamo che Kafka fa anche ridere. Pericoli sembrava aver colto perfettamente il lato comico di Kafka, la sua nascosta potenzialità irriverente e divertente e ce lo suggeriva con questo inserimento di un colore pieno, corposo, apparentemente inspiegabile, in realtà necessario e rivelatore.

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Franz Kafka, 2014

Nel secondo ritratto di Kafka, lo scrittore era disegnato da una prospettiva diversa che faceva apparire il corpo, avvolto in un cappotto scuro, imponente. La camicia era serrata sin sotto il mento, conferendo una sensazione di costrizione al corpo, esaltando la voluminosità dell’abito. All’altezza del cuore, il cappotto si scoloriva e lasciava apparire la figura di un uomo chinato su un tavolo, con la fronte sulle mani. Questo piccolo disegno sembrava voler contrastare l’apparente serenità del volto, una calma irregolare a metà tra la parola e il silenzio. Dietro allo scrittore, pennellate grigie simili a onde si impennavano creando uno spazio vuoto, un varco verso il fondo bianco.

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Franz Kafka, 2014

Infine Louis-Ferdinand Céline. Non avrei saputo dire se gli occhi fossero socchiusi per scrutare meglio o per non vedere. La bocca sottile come una linea, i capelli e le sopracciglia scure disegnate con naturalezza. Dietro, tre colori in blocchi diversi, quasi continenti, approdi per un viaggio al termine della notte.

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Louis-Ferdinand Celine, 2014

Le opere di Tullio Pericoli hanno dato una consistenza ai miei pensieri, un corpo alle mie emozioni. Hanno dato un volto, per richiamare il titolo dell’esposizione, non solo a molti tra gli autori che stimo di più ma anche alle loro parole. Ho avuto la conferma del fatto che le parole hanno un volto, cosa che prima potevo soltanto sospettare. Tullio Pericoli è stato in grado di portare alla luce la materialità, la corporeità delle parole. Niente nei suoi ritratti è lasciato al caso, in ogni tratto si scopre qualcosa, ci si avvicina a capire qualcosa che prima si poteva soltanto intuire.
Mentre tornavo verso Modena, guardando la pianura che si allargava come una goccia d’acqua, ho iniziato a sentire il bisogno di raccontare quello che avevo vissuto. Avevo scoperto qualcosa che doveva continuare il suo percorso, da me doveva arrivare a qualcun altro, forse a qualcuno di voi che mi ha pazientemente seguita fin qui.

Note Biografiche

Tullio Pericoli nasce a Colli del Tronto (Ascoli Piceno) nel 1936. La sua vita è caratterizzata da una produzione intensa, che comprende mostre personali a livello internazionale, numerose collaborazioni con giornali e riviste e un alto numero di pubblicazioni.
Si annoverano tra le collaborazioni quelle con «Linus», il «Corriere della Sera», «L’Espresso» e «la Repubblica».
Tullio Pericoli, nei primi anni della sua carriera, realizza i disegni di “Robinson Crusoe” per l’Olivetti che vengono esposti nel 1985 a Milano, Bologna, Genova e Roma.
Nel 1988 l’artista pubblica “Woody, Freud e gli altri”, che diventa anche catalogo di una mostra presentata in Germania e in Austria.
Nel 1990 esce per Einaudi “Ritratti arbitrari”. Nel 1993 Tullio Pericoli riceve il Premio Gulbransson e presenta la mostra “Il tavolo del re” al Gulbransson Museum; l’esposizione viene poi portata anche a Bamberg, Francoforte e New York.
Nel 1995 disegna scene e costumi per l’opera “L’elisir d’amore” di Donizetti. Nel 2001 cura “Le sedie di Ionesco” e nel 2002 disegna scena e costumi per “Il turco in Italia” di Gioacchino Rossini per l’Opernhaus di Zurigo.
Il volume “Terre” pubblicato da Rizzoli raccoglie opere sul paesaggio esposte a Palazzo Lanfranchi a Pisa nel 2002. Sempre nel 2002 Adelphi pubblica “I ritratti”, alcuni dei quali vengono esposti allo Spazio Oberdan di Milano; per questa occasione Adelphi fa uscire il volume “Otto scrittori”. Nel 2004 Pericoli espone al Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma una mostra sui dipinti realizzati nella residenza di Carlo Caracciolo a Torrecchi. Pubblica “La casa ideale” di Robert Louis Stevenson per Adelphi e “Viaggio nel paesaggio” con Edizioni Nuages.
Nel 2005 esce con Bompiani “L’anima del volto” e nel 2006 Tullio Pericoli espone la mostra “Parti senza un tutto” alla Galleria Ceribelli di Bergamo.
Nel 2007 l’artista presenta i ritratti di Samuel Beckett a Dublino presso la Oscar Wilde House. Adelphi pubblica un’edizione illustrata di “Robinson Crusoe” che rielabora il progetto realizzato per Olivetti tra il 1982 e il 1984, mentre Rizzoli pubblica “Paesaggi”,le cui opere vengono in parte esposte alla galleria Lorenzelli Arte di Milano.
Nel 2009 la Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini di Ascoli Piceno gli dedica la mostra antologica “Sedendo e mirando”.
Nel 2010 Tullio Pericoli espone “Lineamenti, volto e paesaggio” al Museo dell’Ara Pacis di Roma e “L’infinito paesaggio” a Villa Necchi a Milano.
Nel 2012 le Cartiere Vannucci di Milano ospitano “Moby Dick”, che raccoglie opere prodotte dal 2008 al 2012 e nello stesso anno la mostra “Graffiature. I paesaggi di Tullio Pericoli e Mario Giacomelli” accosta i paesaggi dipinti da Pericoli a quelli fotografati da Giacomelli, esponendoli alla Rocca Roveresca di Senigallia. Sempre nel 2012 la Galleria Franca Mancini di Pesaro ospita “Quelques riens pour Rossini”.
Sempre nello stesso anno Tullio Pericoli pubblica “Attraverso l’albero. Piccola storia dell’arte”, con Adelphi, e “80 ritratti per 10 scrittori” per Mondadori.
Nel 2013 Adelphi fa uscire il volume antologico “I paesaggi”; una parte di queste opere vengono esposte dal MART di Rovereto nel 2014.
Sempre nel 2014 Adelphi pubblica “Pensieri della mano. Da una conversazione con Domenico Rosa” e si allestisce, presso il MAG di Riva del Garda, la mostra “Areonatura”.

© Tullio Pericoli

Le immagini sono state gentilmente concesse dall’autore

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