L’editoria per ragazzi ha un cuore. E batte forte

Qualche giorno fa si è conclusa a Bologna la 52a fiera del libro per ragazzi, un prestigioso evento di fama internazionale che coinvolge 70 paesi diversi e riunisce chiunque si occupi di contenuti culturali per ragazzi: autori, illustratori, agenti letterari, business developer, librai, bibliotecari, insegnanti, editori (e in verità anche giornalisti, circa 600, provenienti da ogni parte del mondo).

All’interno di uno spazio di 20000 metri attraversato da lunghi tappeti rossi e ricco di riferimenti ad “Alice nel paese delle meraviglie” – madrina dell’evento a 150 anni dalla sua apparizione nel panorama editoriale, gli operatori della filiera del libro hanno cercato, come negli anni precedenti, di sviluppare o consolidare rapporti professionali, proporsi, contrattare per la compravendita di diritti, scoprire nuove forme di business.

Ma non finisce qui, perché la fiera offre molto spazio anche ad altri elementi. Ai ragazzi, tanto per cominciare, che sono i veri protagonisti dei libri (perché sono quelli che li leggono) e a cui è rivolta una grande area tra i padiglioni.
Agli illustratori, fondamentali per questo settore dell’editoria e ai quali è annualmente dedicata una mostra espositiva notevole per quantità e qualità di opere. Sono loro a coprire le enormi pareti in cartongesso vicine all’ingresso con bigliettini da visita, disegni a mano, cartoline e poster nei modi più disparati (per dirne qualcuna, Teresa Alberini ha inserito i suoi biglietti da visita in alcune casette per uccelli, ognuna diversa dall’altra; Nikolai Kurantov ha affisso alla parete, con semplici puntine da disegno, buste colorate contenenti biglietti d’auguri ancora da scrivere ma raffiguranti alcune delle sue illustrazioni; Kumiko Yamashita ha inserito in piccoli contenitori di plastica gialla il suo portfolio, comprimendolo in un depliant a fisarmonica di formato ridotto; Reinis Gailitis ha solo appoggiato per terra uno dei suoi schizzi estemporanei su un leggero foglio giallo paglierino – serie moleskine, per intenderci) sperando di essere contattati e notati. Infine, molta attenzione è data alle iniziative e ai riconoscimenti, che precedono, accompagnano e chiudono la fiera.

Schizzo di Reinis Gailitis, foto di Simona Cometti

Schizzo di Reinis Gailitis, foto di Simona Cometti

Oltre all’iniziativa per il 150° anniversario dalla pubblicazione del capolavoro di Carroll, quest’anno il Weekend dei lettori e il ciclo di incontri Facce da libro hanno anticipato la fiera, mentre il progetto “Living Waters, Living Stories” ha permesso alla Croazia – paese ospite della fiera per quest’anno – di presentare per tutta la durata della rassegna libraria e nelle due settimane precedenti la propria produzione editoriale per ragazzi, in più incontri e in una grande mostra di illustratori croati contemporanei. Per ciò che riguarda i premi invece, con l’edizione della fiera coincidono annualmente la rivelazione delle candidature al premio Andersen e il riconoscimento del  Bologna Ragazzi Award, che quest’anno ha compiuto 50 anni e che conclude l’appuntamento annuale con i libri per ragazzi.

Il Bologna Children’s Book Fair nasce quindi come una fiera professionale, ma è molto di più perché costituisce un’occasione unica al mondo, straordinaria per contenuti, per ricchezza, per diversità, per bellezza.

Visitare i padiglioni, approdare a stand di case editrici fantastiche e sconosciute (un esempio: Edizioni Tapirulan) e poi chiacchierare in lingue diverse per sapere qualcosa in più su un illustratore che ci ha attratti o ancora scoprire – toccare, guardare, annusare, sentire – i libri prodotti in Bangladesh o in Polonia è un’esperienza emotiva, sensoriale – e viene da dire estetica – di forte impatto, che vede la cultura fondersi con l’arte e abbracciare l’umanità.

Copertina del porfolio di Irina Danilova, diamante di punta dell'illustrazione russa

Copertina del porfolio di Irina Danilova, diamante di punta dell’illustrazione russa

È stato commovente e terribile, rimbalzare dal dito dell’editor che batteva nervosamente su un’illustrazione come a dire ”questo non va” agli occhi tristi eppure mai disperati dell’illustratrice dai mille fogli e dalle mille idee.

È stato nostalgico e forse infantile, ma senza dubbio incredibilmente gioioso, stringere i cosplay di Heidi e Pikachu e incrociare poco dopo lo stand dedicato ai puffi e a Topolino, rileggere il latino classico sul nuovo Diario di una schiappa.

È stato preoccupante e coinvolgente percepire la tensione dei rappresentanti delle piccole case editrici straniere, seduti nei loro stand vuoti davanti a cartellette bicromatiche e ciotole di caramelle.

È stato conturbante accorgersi di quanta fatica, quanto lavoro, quante persone, quanta fantasia e soprattutto quante relazioni umane ci siano dietro la realizzazione di un singolo libro. Più in generale quanto sia importante un ragazzo, una ragazza, se vale tutto questo. Se si investono montagne di schizzi e di ipotesi, un testo da scrivere e soprattutto da riscrivere, un lavoro redazionale e grafico ingente e costante, un intero ufficio stampa, una capillare distribuzione, soldi e quanti più contatti si riescono a stabilire…solo per poter garantire che un ragazzo riceva quel libro – o che quel libro arrivi a una ragazza.

Ecco. Forse, più di tutto, è stato sconcertante misurare, cogliere a un tratto, il peso della speranza e della moralità, perché dare il libro giusto a un ragazzo, fare quanto possibile perché questo accada è un atto morale e insieme di fede.

Illustrazione di Daniel Trudu

Illustrazione di Daniel Trudu

L’atto morale è voler rispondere alla curiosità dei ragazzi in maniera esauriente e completa, è fornire loro gli strumenti utili alla formazione di una coscienza critica e insieme dargli un bagaglio da cui possano liberamente attingere spunti, pensieri, soluzioni. È essere il vento che gonfia la vela e spinge la barca, ma solo vento e mai mare o timone.

L’atto di fede è credere fermamente, in assenza di certezze, che il libro verrà scelto e letto. Che l’autore, l’illustratore o la combinazione illustrazione-testo funzioni, piaccia e venda al punto da poter permettere la pubblicazione di altri testi che funzionino e piacciano. Che i ragazzi leggano ancora e trovino ancora nelle parole e nei libri quel rifugio, quel conforto in cui noi un tempo ci siamo nascosti, acquietati, addormentati respirando piano. Che i libri possano ancora essere un conforto e un rifugio, in ogni parte del mondo e per sempre, difendendo e tramandando in tal modo la diversità dei singoli paesi, la loro cultura e la loro tradizione, insieme all’immaginario universale e umano.

Al Bologna children’s book fair, morale e fede esistono ancora, e a dimostrarcelo sono casi come quello di Arianna Squilloni. Arianna è una donna eclettica e complessa, difficile da descrivere. Parla velocemente, è carismatica e nervosa, a fasi alterne si lascia andare a leggera ironia e a densa serietà. A qualificarla in maniera calzante è forse l’anomalia per cui lavora tutto il giorno alla casa editrice che ha fondato, occupandosi di temi “scomodi”, arte e strategie, e poi, di sera, compila schede di lettura per una casa editrice che pubblica manuali di self-help e libri d’amore commerciali. È una di quelle donne che sembrano matte perché troppo lucide, e non lo considera affatto un male. Io l’ho intervistata proprio in fiera, a un passo dallo stand che condivide con Topipittori, e mi ha raccontato una bellissima storia di perseveranza, speranza e coraggio: la sua.

Catalogo 2015 di "A buen paso", la casa editrice di Arianna Squilloni

Catalogo 2015 di “A buen paso”, la casa editrice di Arianna Squilloni

Dopo una laurea in lettere classiche, un master in editoria, un trasferimento per motivi sentimentali in Spagna e una lunga collaborazione con una casa editrice barcellonese, Arianna, licenziata dal suo datore per difficoltà finanziarie, decide di mettersi in proprio e fondare una casa editrice tutta sua. È  il 2008. La Spagna è in crisi, il mercato editoriale boccheggia, le previsioni sui cali di lettura non si contano. Arianna investe i risparmi di tutti i suoi anni di lavoro in un progetto editoriale piccolo, ma di grande respiro: nasce così A buen paso.

Ma perché?
«Perché mi piace fare libri e farlo per me è un’azione politica, la manifestazione della mia responsabilità sociale. Ogni persona, per il fatto di appartenere a una società e di doversi relazionare con altre persone, ha un’identità politica. Di conseguenza ognuno dovrebbe essere un soggetto attivo, cosciente e lucido, in modo da poter vivere liberamente, da poter scegliere ed essere utile agli altri e a se stesso. Produrre libri illustrati, mescolando così arte visiva e letteraria, per me significa creare un territorio privilegiato in cui la curiosità dei bambini sia stimolata in più modi e sensi. Non si tratta di ideologia, ma di metodo, perché non ho mai voluto fornire risposte o imporre un determinato punto di vista quanto suscitare dubbi e porre domande, incentivare la riflessione e quel processo di problematizzazione alla base della conoscenza dell’Altro e di se stessi. In definitiva volevo e voglio ancora puntare a creare liberi pensatori che a loro volta possano creare liberi spazi sociali. Non a caso Grassa Toro diceva: La poesia non si fa con le parole poetiche, né con le realtà poetiche. Le parole e le realtà poetiche non esistono. La poesia si fa con le relazioni poetiche tra parole e realtà, con le relazioni poetiche tra realtà e realtà, con le relazioni poetiche tra parole e parole». Le relazioni sono importanti.

Perché hai chiamato la casa editrice proprio “A Buen Paso”?
«L’avrei potuta chiamare “A passo di tartaruga”, perché non mi piace andare troppo veloce rischiando di perdermi qualcosa. “Zoppicando”, perché non è un progetto facile, oppure “Salto nel vuoto”, perché chi mai avrebbe puntato in tempi di crisi sui libri per bambini? Ma l’ho chiamata “A buen paso” per rendere l’idea dell’avanzamento, perché si tratta solo di prendere un libro e poi un altro e un altro ancora, proprio come si muovono i piedi l’uno dopo l’altro per camminare. È questo il metodo elementare e infallibile per raggiungere qualunque meta, no?».

Alcuni libri pubblicati da A Buen Paso

Di cosa devono parlare i tuoi libri?
«Di persone. Dei loro sentimenti, ma anche delle innumerevoli interpretazioni che si danno ai sentimenti e alla loro espressione. Sono libri per lettori curiosi, disposti a giocare e a pensare sia le parole che le immagini, capaci di inventare o ricavare una chiave interpretativa ad hoc. Ricercando le relazioni, voglio dei libri in cui sussista una relazione profonda tra testo e illustrazione e che si relazionino con la stessa profonda affinità al lettore: libri amici, libri compagni. Io sono attratta dalle prospettive distorte e originali, e se mi piacciono ed emozionano, le scelgo e ci credo».

Libro a libro….come passo dopo passo, in Papà Orso – uno dei libri di A buen Paso

Come si fa in amore, insomma. Quale credi che sia il problema principale della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, in Italia?
«Che al di fuori dell’ambito scolastico nessuno prende sul serio la letteratura infantile, che quindi è appannaggio del marketing più aggressivo. In Spagna la rete è più attiva, in Italia c’è un’attenzione generale scarsa, anche e soprattutto sociale. Forse perché si guarda ai libri con sospettosa soggezione».

Saluto Arianna balbettando qualche complimento, facendole i miei auguri di cuore. Avrei voglia di abbracciarla perché sono commossa, perché si può provare gratitudine anche per gli sconosciuti, perché la Fiera del Libro dei ragazzi di Bologna è una giostra colorata dove le persone sognano, imparano e camminano tentando di andare sempre avanti. A buen paso.

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*Se volete leggere piano, leggere bene e andare lontano…questo è il link della casa editrice A Buen Paso: http://www.abuenpaso.com/

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