Pediculosi alieni – Intervista a Luca Cognolato per Io non ho i pidocchi

Io non ho i pidocchi (Marietti Junior, 2022), il nuovo libro di Luca Cognolato, con le bellissime illustrazioni di Giorgia Castiglioni, è la nuova perla della giovane casa editrice Marietti Junior – nata a settembre 2020, nel pieno della pandemia – che ha già pubblicato tanti autori italiani già conosciuti al pubblico, tra cui il duo Carolina Capria e Mariella Martucci, lo stesso Cognolato e tanti esordienti. 
È un bell’esperimento Marietti Junior, di cui Tropismi aveva già parlato, e che continua a sfornare autentiche chicche. 
Lo è anche Io non ho i pidocchi, che possiamo allegramente definire una storia di ostinatezza. Hugo è il protagonista, un bambino solitario – per scelta più degli altri che sua – a cui capita la cosa peggiore che possa succedere a qualsiasi studente: i pidocchi. 
Il problema è che qualcos’altro sta accadendo nello stesso momento. Hugo comincia ad avere piccole visioni, pensieri non suoi che gli zampillano nel cervello, messaggi sonori che non sente con le orecchie ma con la mente. E quelli che glieli stanno inviano non sono pidocchi. 

Luca Cognolato

Che diavolo sta succedendo a Hugo? 
Nulla di eccezionale. Semplicemente una pattuglia di alieni è atterrata sulla sua testa, per stabilire un primo contatto con la specie che domina il pianeta. Il problema iniziale per i visitatori extraterrestri è stato decidere se dovessero prendere contatto con le zanzare (molto diffuse), con i topi (non molto puliti) o con gli umani, che però hanno solo quattro arti. Hugo è il prescelto, il campione della razza umana oppure, più probabilmente, il primo umano che passava di là. Sta a chi legge decidere. 

Questi alieni, nonostante siano minuscoli, sono davvero fracassoni, ci vuoi parlare dei loro nomi? Come ti sono venuti in mente? 
I nomi sono frutto di libere associazioni, direi di messaggi telepatici ricevuti durante un momento di contatto alieno davanti alla tastiera. Obarabò è un nome quasi fotografico, perché richiama la forma tondeggiante del goloso pidocchio di fatica, quello che deve svolgere i compiti più pesanti. E quindi deve nutrirsi spesso. Kome? è il navigatore, piuttosto distratto. Lo scienziato si chiama Trallallero perché… beh tra i pidocchi, anche se la scienza viene presa molto sul serio, è permesso scherzarci su. Di sicuro la terribile Wrustell deve il proprio nome a una compagna di scrittura, Silvia del Francia, che è convinta di pronunciare correttamente il nome del nobile insaccato, ma invariabilmente lo modifica. Mi ha comunque fatto notare che nemmeno i tedeschi li chiamano così. A proposito di scambi tra mondi diversi, Dyleen è un nome pescato dai miei ricordi: una chiacchierata in treno di molti anni fa con una ragazza che veniva da molto lontano, durante il quale ho fatto sfoggio del mio Italianish più britannico. Sarebbe stato più utile aver a disposizione doti telepatiche: non so quanto abbia capito di quello che le raccontavo.  

La storia parla di alieni, certo, di astronavi e scambi telepatici, ma riesce a trovare spazio per raccontare la solitudine, la prepotenza di un compagno un po’ bullo, l’amore e i turbamenti pre-adolescenziali. Ma soprattutto l’amicizia…
Ho voluto ascoltare i lettori incontrati in questi anni, che spesso si sono dichiarati stanchi di trovare nei romanzi dei protagonisti sempre pieni di ‘sfighe incredibili’. Hugo vive una vita normale, con tutti gli imprevisti e le cose strane che capitano a tutti noi (le sue sono appena un po’ più strane) ma è uno dei tanti ragazzi che incontro ogni giorno. Affronta gli avvenimenti e le sfide che si trovano davanti anche i suoi lettori, se la cava bene o  meno bene, malgrado i genitori, la scuola, i Boston che non vanno bene nel campionato NBA e tutto il resto, ma se la cava. Quando incontra i pidocchi dello spazio, che non sanno cosa sia l’amicizia, nel tentativo di spiegare tutta questa strana faccenda si rende conto che forse non lo sa bene nemmeno lui, perché non ha amici. Hugo è un solitario che deve mettere a fuoco un po’ di cose che iniziano con la A, come Amicizia, Amore, Accoglienza, Antipidocchi… Aspettiamodivederecomevaafinire.  

Hugo è davvero un ragazzino simpatico: è sveglio e ha sempre la battuta pronta (almeno mentalmente, ecco). Assomiglia a qualcuno che conosci? 
Attendevo con ansia che qualcuno un giorno si decidesse a farmi una domanda del genere: assomiglia a me! A quel Luca che a volte sono e a volte vorrei essere, a come sono stato. Forse assomiglia a tutti noi, molto più di quanto possiamo immaginare. Come noi anche lui ha sempre la migliore risposta pronta e a portata di mano, ma solo quando ormai è fuori tempo massimo. Usa la fantasia e l’ironia (anche l’autoironia) per superare gli ostacoli, per cercare di capire meglio quello che accade, insomma per rendersi la vita meno spigolosa. E i pidocchi lo aiutano, perché lo fanno riflettere anche su quegli aspetti che lui ha sempre dato per scontati. ‘Ma perché i tuoi genitori ti chiamano Chicco se sono stati proprio loro a darti nome Hugo?’. ‘Perché si stirano le camicie se poi, appena indossate si stropicciano?’. Belle domande, no? A volte Hugo è in grado di capire il pensiero alieno meglio di quello degli umani adulti. E non è il solo. 

Tu hai scritto diverse serie per ragazzi, sto pensando a Basket League, ma anche a La vera storia del verme mela e ai suoi sequel. Pensi che ci sia spazio per una serie con questi protagonisti?  
Una volta digitata sulla tastiera la parola FINE, dopo averla sottolineata e aver salvato il file (in almeno tre posti diversi). Dopo aver mandato, nei tempi concordati, una mail alla banda di Marietti Junior (tutta gente seria e più temibile della stessa Wurstell: guai a farli arrabbiare) ho chiuso gli occhi, soddisfatto, pregustando il momento nel quale avrei visto le illustrazioni di Giorgia Castiglioni accanto alle mie parole. 
In quel preciso istante la comandante Gazzai ha cominciato a inviarmi domande che mi pungevano le sinapsi dei neuroni, fino alle profondità del cervello. Immagini di un rosa alieno, dove un lontano pianeta arancione e turchese rotolava pigro lungo la sua orbita. Obarabò voleva sapere se le punte rotte delle matite colorate si potessero mangiare e Trallallero desiderava informarsi su dove vanno a dormire i moscerini di notte. Non è stato facile recuperarli tutti dai miei capelli e metterli a dormire nel cappellino dei Boston Celtics. Ho dovuto promettere che ci sarebbe stato un seguito e finalmente si sono zittiti. Credo sia il caso di dire a volte ritornano. 

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