Una donna sudcoreana: “Kim Ji-Young, nata nel 1982” di Cho Nam-Joo

Kim Ji-Young, nata nel 1982 dell’autrice coreana Cho Nam-Joo (La Tartaruga, 2021) ha avuto un grandissimo successo in Corea del Sud e non mi stupisco perché continua ad avere il placito di molti lettori in tutto il mondo.

È stato definito un libro al femminile ma in realtà lo definirei più come un libro potente sull’esperienza collettiva di essere donne. Considerata dal marito dopo tutto una donna solare che stava sempre allo scherzo, un giorno Kim Ji-Young inizia a dare degli strani segnali di comportamento e all’improvviso il marito pensa:

«Quella non sembrava più sua moglie. Dopo tutto quel tempo – gli innumerevoli particolari che si erano raccontati, le carezze, morbide come fiocchi di neve, che si erano scambiati, e la bambina bellissima che avevano avuto – quella donna che era sua moglie da tre anni e che aveva corteggiato in modo appassionato per due non sembrava più lei.»

– “Kim Ji-Young, nata nel 1982”, pag. 12

Stanca e stressata, Ji-Young si sente triste e svogliata, inizia a temere di soffrire di depressione post-partum. Ma in realtà all’improvviso esplode dentro di lei una ribellione contro le pressioni sociali, familiari e sistemiche che la schiacciano da una vita. La sua è poi la storia di tutte le donne: una storia di pregiudizi, di limitazioni, di accuse e di colpe attribuite gratuitamente e impunemente.

La madre di Kim Ji-Young, il suo modello di donna-moglie-madre, aveva lavorato una vita per far sì che lei studiasse, ma sullo sfondo si comportava come se avesse rimpianto tutta la sua vita, il suo passato e magari anche il fatto di essere la madre di Ji-Young, che così aveva sofferto sentendosi un peso, una pietra piccola ma pesante e irremovibile, attaccata alla lunga gonna della madre.

Ji-Young è una donna che è femmina in una famiglia che voleva un figlio maschio, colpevolizzata poi dal padre ogni volta che qualcuno la importuna, una donna che subisce ingiustizie sul lavoro nonostante le sue prestazioni da impiegata modello e ancora una madre costretta malvolentieri ad abbandonare l’ufficio per crescere i figli e dedicarsi alla cura della casa – nel 2014 una donna sposata su cinque in Corea lasciava il proprio lavoro per diversi motivi, tra cui il matrimonio, la gravidanza, la maternità o per occuparsi dell’istruzione dei propri figli. Aveva imparato per tutta la vita a non avere grandi aspettative, le bastava per esempio un marito che non la tradisse e non la picchiasse. Aveva imparato che era come se fosse normale che i maschi venissero per primi.

Cho Nam-Joo

Kim Ji-young, cresciuta come una normalissima bambina e adolescente, quando inizia a soffrire di una sorta di disturbo mentale viene mandata dal marito a delle sedute di terapia con uno psichiatra, che inizia a registrare la sua storia. Ciò che ha provato, anche la sua sofferenza, non è contata mai come quella degli altri, neppure per chi le vuole bene. Questo romanzo è magistrale nella sua crudezza e spiazzante verità che nella società, non solo quella coreana, la misoginia viene costruita con soprusi, pregiudizi, limitazioni, sensi di colpa e silenzi differenziati a casa, a scuola, a lavoro nella vita di una donna.

«Perché sua madre non glielo aveva mai detto, che era difficile? Nessuno le aveva mai detto niente di simile, né sua madre, né i suoi parenti, né le sue amiche che avevano avuto figli prima di lei. I bambini in televisione e nei film erano sempre carini e le madri sempre belle e in forma. Certamente era compito di Ji-Young crescere sua figlia al meglio, ma non voleva sentirsi dire dalla gente che erano orgogliosi di lei. Queste parole la facevano sentire in colpa per il suo esaurimento.»

– “Kim Ji-Young, nata nel 1982”, pagg. 130-131

Mi sono ritrovata nella sua storia, l’ho letta con un senso di frustrante asfissia e con piacere allo stesso tempo. Noi donne dobbiamo continuamente lottare al lavoro, a casa, a volte con la nostra stessa famiglia. La metafora spiazzante e radicale costruita dall’autrice Cho Nam-Joo rappresenta una donna che, pur di essere finalmente libera e far sentire la sua voce, è costretta a perdere se stessa.

Kim Ji-Young soffre di depressione? Kim Ji-Young forse è pazza?

No Kim Ji-Young è solo se stessa. Kim Ji-Young è ognuna di noi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.