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Verso il Nevada con Imogen Binnie

Per vivere più femministə: libri, podcast, arte, musica, newsletter e fonti per allargare gli orizzonti e aprire le menti. Oggi ci immergiamo nel trans/femminismo nella storia di Maria e James – e lasciamo che siano loro a guidare. Ah, e buona giornata dell’orgoglio LGBTQIA+.


Imogen è magnetica: senti che è presente nella stanza ancora prima di vederla. E Nevada è una storia magnetica: di quelle che fa impazzire l’ago della bussola e ti mostra un punto verso cui tendere e andare che non sapevi esistesse. O che, forse, non sapevi di voler riconoscere.

Nevada di Imogen Binnie vede la luce per la prima volta (e non solo perché è stato scritto in uno scantinato) nel 2013 con Topside Press, editore indipendente di Brooklyn specializzato in letteratura trans e femminista. Da allora, ha messo gambe lunghe e forti e ha continuato a camminare – o a pedalare veloce, come vorrebbe la sua protagonista Maria – ed è ora in Italia per Feltrinelli Editore nella superba traduzione di Silvia Rota Sperti.

Il libro è costruito secondo un racconto speculare e, proprio per questo, inconciliabile: il racconto di Maria, ventinovenne che lavora in una libreria indipendente di New York e vuole concludere la sua relazione con Steph anche per poter andare in bici all’infinito, e il racconto di James, post adolescente che lavora nel Walmart di Star City e preferirebbe continuare a fumare piuttosto che dirci che cosa gli sta accadendo. Lə seguiamo da vicino con la voce narrante, che ogni tanto si rivolge direttamente a noi interpellandoci con la seconda persona singolare – anche se a volte abbiamo l’impressione che stia parlando a Maria e a James, oltre che a noi, che voglia smettere i panni di voce onnisciente per prenderlə per le spalle, avvicinarsi tantissimo al loro viso e parlare direttamente ai loro pensieri.

Ma, soprattutto, Nevada è un testo attivista: oltre che con Maria e James Imogen è in dialogo con noi, con la società e con il nostro tempo, trasformando questo libro (romanzo non mi sembra infatti la parola adatta: nulla è romanzato in Nevada) in un pamphlet narrativo – o in un long form del proprio blog.

Okay scusa, dice Maria. Non parliamo di capitalismo, anarchismo o nient’altro, dico solo che quelle cose hanno finito col diventare fondamentali per la mia comprensione del mondo trans, del femminismo, della mia posizione e degli aspetti peggiori dell’essere trans. Tutte quelle robe lì. Quindi forse possiamo metterle da parte per il momento e tornarci più avanti.

Nevada, p. 206

Sapere chi sei

In Nevada, ci si scopre trans relativamente tardi. È un modo di esistere con cui si deve fare i conti, contro la narrazione del se sei trans lo hai sempre saputo, hai sempre avuto una bambina dentro di te, esperienza comunque valida, come accade in Una storia d’amore. Lettera a mia figlia transgender, ma spesso riduttiva e rischiosa: è il pericolo di farsi raccontare la propria storia da altrə, anche quellə che fanno parte della nostra comunità. Ci fa rimanere in allerta, questionare noi stessə, chiederci continuamente in quale delle lettere dobbiamo riconoscerci e, soprattutto, con quale presentarci al mondo.

È solo che una volta che cominci a usare i loro termini, continua lei, ti chiudi in questa minuscola casella che hanno inventato e che non lascia spazio per capire chi sei o cosa vuoi.

Nevada, p. 224

La scoperta di chi si è si accompagna a un forte senso di responsabilità. Verso sé stessə, soprattutto, una responsabilità che spesso ci autoneghiamo per poter esistere sotto il radar della società ma anche di noi stessə, quello che attiviamo sia perché lo abbiamo interiorizzato – e che non può essere affrettato, come succede per James – sia perché ricordarci chi siamo significa non poterlo dimenticare: è un impegno che prendiamo per continuare a esistere.

Questo spiega anche perché si è agitata così tanto per il fatto di essere trans. Il suo corpo le sta dicendo, ehi stronza, sono un corpo trans, devi fare le robe che si fanno per prendersi cura di un corpo trans. Generalmente non ha mai metabolizzato del tutto la cosa, ma generalmente l’ha metabolizzata molto più di così.

Nevada, p. 63

Perché esistiamo nel mondo anche come corpi che hanno bisogno di arrivare da un giorno all’altro, non solo come identità politiche. A volte la nostra storia e chi siamo esiste più lì che nei nostri discorsi e in quello che ci raccontiamo, e a volte preme con così forza da sotto la superficie epidermica per uscire che ci strappa dai nostri pensieri e ci ricorda che dobbiamo esistere sia nella comunità che in noi stessə, che una volta fatto il primo passo ci sono tutti quelli infiniti successivi che dobbiamo continuare a fare.

Mentre leggevo Nevada, facevo un’esperienza che non so se mi sia mai capitata prima in positivo: mi è venuto da dirmi più volte hey aspetta, è proprio Feltrinelli il nome sulla copertina? Perché questo è un libro che in traduzione mi sarei aspettata da case editrici che questi temi li abbracciano e li diffondono con la stessa forza magnetica di Imogen, ma che il colore della copertina dell’edizione Feltrinelli fa svettare tra le loro uscite. Questo è un libro che non ci darà tregua.

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