Sonia Terk D. o Madame alfabeto colore

Caleidoscopica può essere la vita attraverso lo specchio dell’entusiamo e lo spettro dell’arte e la spontaneità della natura. È anche una scienza culturale la scoperta dei significati condensati in forme e colori naturali o a imitazione del vero. Il blu ad esempio, c’è quello di Chagall – profondo tempo dell’attesa o il nobile pigmento venato d’oro delle dinastie monarchiche europee, il colore del lutto in Oriente; un colore amato sopra ogni altro prima di essere pastello soppiantato dall’indaco. Poi c’è la violenza – malgrado rimanga sicuramente posto per tutte queste sfumature – nell’esplosione cromatica nelle opere di Frida Khalo[1] o la bomba energetica di sangue e specchiere di Niki di Saint Phalle[2]. Ma di che colori stiamo parlando? E che tipo di operazione artistica sottendono o presuppongono?

Nominare i colori: operazione scientifica o culturale? Il primo contatto con la realtà che ci circonda è sempre un’esperienza prelinguistica: ne consegue che la nostra competenza linguistica è influenzata dall’ambiente fisico e dai sistemi culturali in cui una data lingua viene utilizzata[3].

Ci sono momenti in cui nominare i colori è impossibile anche per un altro motivo: essi sono vulcanicamente attaccati all’opera come opera stessa. Sono l’anima policromatica dell’oggetto d’arte. Proprio così, stiamo parlando di Sonia Delaunay – in esposizione al Museo d’Arte Moderna della città di Parigi. Per troppo tempo eclissata dall’ombra della produzione del marito, la retrospettiva parigina ha l’intento espresso di consegnarle lo spazio che merita.

sonia teckChi è Sonia? Sonia è i colori e l’astrazione, è il ritmo sincopato, è il centone di stoffe e fatture, è l’olio su tavola, ma è anche l’intento mai nascosto di democratizzare l’arte[4].

In un’intervista, la Commissaria dell’esposizione – Cécile Godefroy – ammette il valore pioneristico di Sonia, che nel 1912 creò le sue prime opere astratte, genere che contribuì a “inventare” insieme a Kandinsky, Picabia e Kupka. È con il marito Robert Delaunay che Sonia sviluppò quello che venne definito simultanismo: una vena che è propria della coppia, consistente nella rappresentazione della luce attraverso il colore, e più precisamente a partire da giochi interattivi tra contrasti e colori complementari in conflitto.

Contemporaneamente l’implicazione più affascinate è che nell’opera di Sonia non c’è una distinzione netta tra generi e stili, non può essere affermato che un mezzo domina l’altro, arte pittorica ovvero arte applicata, entrambe sono protagoniste e convivono.

Sonia Delaunay ci trasporta tra i ricordi di viaggio nelle regioni soleggiate piene di folgorazioni alla Rimbaud… Ci conduce negli spazi magici dello spazio ottico e di invisibili comunicazioni[5].

La critica ha parlato di un nuovo linguaggio, diffuso anche attraverso oggetti della realtà quotidiana o semantica.

Un nuovo alfabeto immaginativo, tra intellettualismo e spontaneità. Possiamo pensare agli abiti e ai costumi. O al suo abbecedario, «le lettere si dimenano e rimbalzano, zigzagano, si destreggiano con abilità, si disseminano e spargono e fanno le acrobazie o si ribaltano, si percuotono cantando nei blu, nei verdi o i rossi aranciati». La Ssemplicemente la silhouette la più sinuosa.

art et lumiere

La volontà più o meno cosciente è la sintesi delle arti, rinnovata dopo la morte del marito: coup d’éclats a seguito di un grande lutto. Incoraggiata dai suoi amici Magnelli e Arp, riprende slancio nell’elaborazione delle arti decorative e potenzia la pittura. Un omaggio al suo compagno di vita che sempre l’ha sostenuta e con il quale ha intessuto una relazione di completa collaborazione scientifica e umana.

«Come e perché definire ciò che si ha nelle viscere? Prima di tutti gli altri Robert ha avuto fiducia in me. Nelle mie ultime ricerche ho avuto il sentimento di essere vicina e di poter toccare ciò che Robert aveva intuito e che era la ‘fonte solare’ della sua opera[6]»

Le Pavillon des Chemins de Fer. Potremmo parlare infinitamente di questa donna eccezionale, ma per l’occasione sceglierò il mio momento preferito nella sua carriera: il padiglione delle ferrovie. Dopo la crisi del 1929, vissuta, in fondo, come un sollievo da Sonia perché liberata dalla responsabilità di gestire un atelier – l’artista si dedica nuovamente alla pittura pura. esseIl decoro monumentale realizzato con Robert per l’Esposizione Internazionale delle Arti e delle Tecniche tenutasi a Parigi nel 1937 è una tappa importante: il padiglione delle Ferrovie e il Palazzo dell’Aria totalizzano 2500 metri quadrati devoluti ai due artisti perché essi vi concentrino e riversino la somma delle loro esperienze. Sonia porta il suo contributo eminentemente nelle pitture monumentali e sceniche sperimentate al fianco di Diaghilev. È così che ottiene la Medaglia d’oro: realizzando per il padiglione un insieme di pitture murali intitolate Viaggi lontani. Il successo è tale che gli Stati Uniti chiederanno che le opere siano installate nuovamente in occasione dell’Esposizione universale del 1939, purtroppo, però, non fu possibile.

Ritmo e colore. Fu poi il tempo della sperimentazione del ritmo. Fu questa la sua rivelazione dopo la morte di Robert. Sbocciata, come affrancata dalla “tutela” del lavoro comune. Esplode l’astrazione delle forme, emozionanti, fragili, avanguardiste, come cerchi e triangoli che giocano con una trama colorata, galleggiando in superficie in maniera indecisa e poetica. La capacità di rinnovamento di Sonia si fonde al costante rapporto con le metamorfosi del mondo e la musica, jazz in primis. Ecco che appare il tono dell’oro, l’esito della ricerca di luce, di suono e modernità, per la forma perfetta.soniadelaunay-terk

Non sembra esserci distinzione tra vita e arte, infatti la simultanità arriva al sè: le coperte per il figlio secondo le usanze delle contadine russe, vestiti e accessori che combinano tecnica e invenzione in linea con lo spirito delle società industriali e lo stile delle metropoli. Colori elettrici, stoffe dalla sintassi inedita, come Pablo Picasso incolla frammenti di carta e Schwitter assembla oggetti raccolti. La connotazione specifica del simultanismo delauniano si definisce come una costruzione formale totale – estitica – di tutti i mestieri e le cose: arredamento, vestiti, libri, manifesti, sculture, sulla scia dell’Arts and Crafts inglese e de l’Art nouveau francese e belga.

Non poteva mancare il rapporto alla letteratura. Come Niki de Saint Phalle, anche Sonia dialoga con la grafia, la calligrafia e la scrittura. Ancora una volta, Sonia preferisce l’esperienza concreta e collabora con Blaise Cendrars incontrato grazie ad un intermediario d’eccezione: Guillaume Apollinaire.

Insieme, Sonia e Cendrars, realizzano una versione compositiva di un quadro-poema: La prosa del Transiberiano e della piccola Giovanna di Francia (1913). L’opera si presenta come un nastro lungo di carta che svolto in verticale fa apparire una colonna di testo stampato in differenti caratteri e tinte, in curve e spirali e volute. L’illustrazione rende giustizia alla storia del protagonista del poema che si muove fisicamente dentro ad un treno e crea corrispondenze plastiche e sonore, degli intervalli colorati e delle sincopi cromatiche. Come disse Cendrars, all’epoca ogni scrittore aveva il proprio pittore, e Sonia ebbe i suoi poeti, in particolare strinse una forte affinità con Tristan Tzara di cui realizzò numerose rilegature per antologie e raccolte.

Gli ultimi anni della sua carriera portarono Sonia verso il disegno. E più in generale al ribaltamento (speculare, asimmetrico) dei generi e dei mezzi artistici stessi: gli arazzi imitano l’effetto della mina sfregata su di un foglio di carta, gli oli acquisiscono opacità e la fluidità dell’acquerello.

Una sorta di estremo ritorno all’origine incrociato. Non vorremmo mai lasciare questa artista, come non vorremmo che quest’artista ci avesse lasciato. Allora finiamo con le sue parole, quando una reminescenza le riportò vivida la sua primordiale ispirazione: «nei musei non sono le pitture che mi interessano ma le bozze, i disegni, è da là che è venuta, insomma, sì, la mia fascinazione per la pittura.»

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*Prima grande Retrospettiva dedicata a Sonia Terk Delaunay Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, dal 17 ottobre 2014 al 22 febbraio 2015

Un altro articolo dedicato anche a Sonia Terk Delaunay: Le donne sono il futuro dell’arte

NOTE

[1] Ritratto, Natura vivente. Rivoluzione e «pace». Frida

[2] Retrospettiva su Niki de Saint Phalle. Guerriera come la vittoria. Ribelle come la gioia

[3] Approfondimento, Di che colore è?

[4] Dossier, Pittrici e bisessualità: tre esempi di contemporaneità

[5] Louis Cheronnet, Robert et Sonia Delaunay. Le centenaire, Paris, MAMVP, 1985

[6] Georges Bernier e Monique Schneider-Maunoury, Robert et Sonia Delaunay, Lattès, 1995

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