Un Salone con le sneakers. Intervista a dieci04, la voce del Salone del libro

dieci04 vuol dire tante cose. È il giorno del mio compleanno, per esempio, ma questo interessa poco. 10:04 è anche l’ora in cui in Ritorno al futuro un fulmine colpisce l’orologio del municipio, consentendo a Marty McFly di tornare al presente, o il titolo originale di un romanzo di Ben Lerner.

dieci04 è anche un’agenzia di comunicazione specializzata in advertising letterario. Un nuovo modo di comunicare, un ufficio stampa che sostituisce i soliti comunicati con delle storie tutte da scrivere. La storia di dieci04, invece, è iniziata curando la comunicazione della Scuola Holden e di scrittori come Alessandro Baricco ed Emiliano Poddi. Ed è continuata con una sfida stimolante e sicuramente non semplice: il racconto ufficiale della trentesima edizione del Salone del Libro. Valentina Rivetti e Sebastiano Iannizzotto, i fondatori, hanno deciso di parlarne con noi.

Facciamo una premessa: a quante edizioni del Salone siete stati prima di questa?
Valentina: Da quando sono a Torino, quindi 4.
Sebastiano: Anche io da quando vivo a Torino, 5 edizioni.

Che tipo di partecipanti eravate? Cacciatori di libri, fissati con le conferenze, attenti alle pubbliche relazioni?
Sebastiano: Non seguivamo molti incontri. Mi viene in mente solo una conferenza di Walter Siti, era appena uscito Il realismo è l’impossibile per Nottetempo. Ma in realtà preferivamo girare tra gli stand.
Valentina: È che ci sono tanti eventi in pochissimo tempo. Su di me ha un po’ l’effetto Torino Film Festival: inizio a studiare il programma, mi viene l’angoscia di non poter vedere tutto e mi blocco. Per fortuna c’era Bastiano che mi faceva correre da uno stand all’altro (e saltare qualche coda in modo creativo). Rispetto alle pubbliche relazioni: non siamo mai stati bravi.

Sebastiano Iannizzotto e Valentina Rivetti

Sebastiano Iannizzotto e Valentina Rivetti

Qual è stato il valore aggiunto di questa trentesima edizione del Salone?
Sebastiano: Aver ritrovato un certo spirito, un certo attaccamento al Salone. Sicuramente quello che è successo la scorsa estate ha dato una scossa.
Valentina: Lo ha spiegato bene Lagioia: la storia di questo Salone sembra quella di un film, con tutti gli elementi narrativi che servono. Una specie di viaggio dell’eroe.
Sebastiano: Nella marcia di avvicinamento abbiamo sentito non solo una città, ma una comunità di lettori che attraversa tutta l’Italia a supporto del Salone.
Valentina: Anche un cambio di passo. Alcuni lo hanno definito pop. Forse non è proprio la parola giusta, o forse sì, ma questo tentativo di accorciare le distanze è stato uno dei valori aggiunti. Accorciare le distanze non significa abbassare la qualità, ma fare le cose in un modo umano. Per quanto riguarda la comunicazione online, ha significato evitare la tipica impostazione da agenzia, cercando di creare una comunità di appassionati di letteratura, e di parlarci.

Ma con tutti questi complimenti, cosa c’è che si può migliorare?
Valentina: Si può sempre comunicare meglio un evento come il Salone. Quest’anno abbiamo puntato sul creare un sentimento, un posto (più o meno fisico) in cui fosse bello stare e in cui – poi – le persone avessero voglia di andare, ma dire che sono completamente soddisfatta della nostra comunicazione andrebbe contro la mia religione: ontologicamente, non posso essere soddisfatta.
Sebastiano: Vale intende dire che avremmo voluto raccontare e documentare veramente tutto. Non solo Annie Ernaux e Richard Ford, ma anche tanti appuntamenti interessantissimi ma senza un nome di grido.

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Ma le figurine come vi sono venute in mente?
Sebastiano: Quando Nicola Lagioia ci ha rivelato il programma e gli ospiti, ci siamo chiesti come avremmo potuto comunicare la presenza di tutte queste all star della letteratura. Così ci sono venute in mente le figurine.
Valentina: Sapevamo solo che volevamo stare sui volti degli autori, ma non puoi organizzare una presentazione così importante con le fototessere degli scrittori. La prima conferenza era stata ad altissimo tasso ironico, in questo caso abbiamo deciso di puntare su un immaginario condiviso e – comunque – su una buona dose di cazzeggio (l’album s’intitola “Star SalTo30”): non prendersi troppo sul serio ci sembra sempre una delle chiavi vincenti, soprattutto quando si parla di cose (appunto) serie. Il rischio, altrimenti, è di fare una comunicazione pesante, ingessata e autocelebrativa. Il contrario di quella cosa inclusiva di cui parlavamo prima. Il problema è stato inventare il formato di figurina più adatto, e tenerlo per 279 slide.
Sebastiano: Ce le siamo guardate tutte, dagli anni ’70 a oggi – e la cosa brutta è che avremmo voluto cazzeggiare con le figurine di Capello, Ancelotti e Higuita.
Valentina: Abbiamo trovato un format grafico che ci convincesse soltanto alle dieci di sera. Bastiano stava tirando fuori dal forno la cena e io ho gli ho urlato di correre al computer perché “forse così può andare”.

Il Salone ha avuto un grande riscontro anche sui social. Vi aspettavate questo risultato?
Sebastiano: Quando abbiamo visto gli appuntamenti della Primavera Torinese e poi il programma, ammetto che ho cominciato a sperarci. Non lo dicevo per scaramanzia, non lo ammettevo neanche a me stesso, ma ci speravo. Alle conferenze stampa e agli incontri di avvicinamento della Primavera si percepiva una certa elettricità. Quella stessa energia ha avuto un riflesso anche online.
Valentina: A proposito del discorso sulla qualità che facevamo sopra, vedere un sacco di gente agli incontri con Schultz, D’Ambrosio, Lerner è stato un indizio della grande partecipazione che ci sarebbe stata a maggio. Sicuramente però, all’inizio, non ce lo aspettavamo e ha avuto un effetto galvanizzante: “ehi, Bastiano, ci siamo riusciti: il General Store è pieno!”, “Bastiano siamo in tendenza su Twitter con #DAmbrosio e #PrimaveraTorinese!”. Al termine del Salone, un giornalista con cui avevamo diviso la scrivania per tutti quei giorni ci ha fatto notare come la partecipazione dal 18 al 22 maggio fosse frutto del lavoro dei mesi precedenti.
Sebastiano: Aver creato affezione e hype è stato il vero segreto. Il Salone è una manifestazione che dura cinque giorni. Noi abbiamo provato a farlo diventare un punto di riferimento per la cultura al di là di quello che succede al Lingotto. Lo abbiamo fatto divertendoci.

Vi è piaciuto raccontarlo?
Sebastiano: Tanto. È stato bello, bello in modo assurdo.
Valentina: Più di quello che si può immaginare. Va anche detto che siamo stati davvero fortunati non solo per la qualità del programma, ma anche per la libertà con cui abbiamo potuto farlo. Nicola e tutta la Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura si sono fidati di noi, ci hanno chiesto di fare quello che volevamo e ci hanno pregato di non soccombere ai “sensati obblighi di comunicazione” che manifestazioni come queste hanno. È stato come godere di uno statuto speciale, che ci ha liberati dal peso di dover riportare online pedissequamente tutto quello che poi sarebbe finito nel programma.

Avete trovato resistenze? Tutto sommato gli amanti della letteratura sono spesso parecchio conservatori.
Valentina: Tendenzialmente no, anzi. Va però detto che l’ironia è uno sport poco praticato in generale, ma ancora di più quando le persone sentono che c’è in ballo qualcosa di importante. E infatti all’inizio i post più pazzerelli non venivano capiti, poi invece i lettori hanno iniziato a ridere con noi.
Sebastiano: Abbiamo cercato di incrociare la letteratura con la cultura dei meme, una cultura che può avere anche una sua difficoltà interpretativa. Resistenze interne non ne abbiamo avute, c’è stata massima libertà. Ma il giudice supremo è il pubblico, e vedere che gli utenti ridevano con noi ci ha permesso di continuare su quella strada.

WhatsApp Image 2017-05-25 at 15.43.01Non siete stati troppo formali.
Valentina: Leggeri, diciamo. Senza scomodare Calvino.
Sebastiano: È come se avessimo tolto lo smoking al Salone, il vestito della grande festa, e gli avessimo messo un paio di sneakers, i jeans e una t-shirt. Che è quello che facciamo sempre, peraltro. Volevamo avvicinare il Salone alle persone, non volevamo che sembrasse qualcosa calato dall’alto. Volevamo creare aggregazione, uno spirito partecipativo, e avere un competitor come Tempo di libri ci ha aiutato a metterci in discussione.

In molti hanno insistito sul dualismo con Tempo di libri…
Valentina: Nessuna persona assennata avrebbe impostato la comunicazione in questo senso. Scherzando un’amica ha paragonato questo dualismo al grande conflitto Stark versus Lannister (che poi sono proprio due modi diversi di stare al mondo, due posture differenti), ma giocare con questo antagonismo, e fomentarlo, sarebbe stato di cattivo gusto. Abbiamo preferito cercare di lavorare bene senza dare corda alle polemiche.
Sebastiano: si sarebbe innescata un’escalation che non avrebbe fatto bene a nessuno. Perché guardare quello che facevano a Rho quando qui si stavano facendo cose fighissime?

Qual è il servizio migliore che possono rendere i social alla letteratura?
Sebastiano: Quello che dovrebbe fare tutta la comunicazione: avvicinare un prodotto alle persone, senza aver paura di essere troppo pop e di tradire chi già ti segue. Questo avvicinamento si può applicare al libro come al cinema, al teatro e a qualsiasi altra forma d’arte.
Valentina: Il bello è che puoi creare un immaginario parallelo al libro, un mondo in cui puoi mostrare delle cose che nella fruizione solipsistica del libro inevitabilmente mancano. Intendo dire che si può creare una comunità, ma non in senso oratoriale, semplicemente un posto in cui la gente sta volentieri.
Sebastiano: Tutte le varie campagne a favore della lettura si sono rivelate fallimentari. Questo perché vogliono farti credere che chi legge un libro sia una persona migliore. Partono con un approccio sbagliato. Noi lo evitiamo. Non stiamo a dirti che leggere ti renderà migliore. Ma ti possiamo dire quanto ti divertirai.
Valentina: O quanto ti farà stare male! Per tornare alla tua domanda: nei social si può avere allo stesso tempo spessore e naturalezza, uscire dalle pesantezze accademiche ma senza finire nella chiacchieraccia da bar.

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Sebastiano Iannizzotto

Qual è stato l’incontro che vi ha coinvolto maggiormente? Raccontatecelo senza usare gli hashtag, please.
Valentina: Annie Ernaux. Di lei ho letto tutto, tranne Memorie di ragazza che è uscito adesso. Sentirla parlare è stata una delle rarissime volte in cui mi sono sinceramente, profondamente, emozionata.
Sebastiano: Vale è una sempre molto composta. Per me l’incontro più bello è stato quello con Miriam Toews. Non avevo letto nulla di suo (ho regalato a Vale I miei piccoli dispiaceri e mi sa che glielo ruberò presto), ma per come è stato portato avanti l’incontro, per i temi trattati, come il suicidio e l’uscita da una comunità oppressiva, è stato veramente toccante. Che poi toccante è un aggettivo del cazzo, da Occhi del cuore, ma incontri come questo o come quello con Ernaux muovono qualcosa dentro. Citiamo questi due eventi non a caso: Daria Bignardi è riuscita a creare un’atmosfera speciale, non era la classica promozione di un libro, ma l’opportunità di ascoltare i pensieri di autrici stupende. E anche il pubblico lo ha capito.
Valentina: Quella mattina poi è stata epica. L’incontro con Ernaux è iniziato e noi non avevamo rete. Io ovviamente volevo renderle onore twittando l’impossibile, ma né il wi-fi né il 4G mi assistevano. Dopo i primi cinque minuti di sconforto e imprecazioni soffocate, Bastiano mi ha guardata e mi ha detto “goditela, ci penso io”. È un po’ sdolcinato dirlo, ma davvero ho percepito il suo amore (e mi sono persa i successivi tre minuti di incontro cercando di non lacrimare, fino a che Flabbi, il traduttore di Ernaux, ha parlato). Altro momentone è stato la conferenza stampa di fine Salone. C’è stato un momento in cui non sapevamo se tifare, applaudire o twittare. A un certo punto Bastiano si è commosso. Siamo contenti di aver vissuto una cosa così bella.

Vi è venuta voglia di leggere o rileggere qualcosa?
Sebastiano: Tanta, tantissima voglia. Oltre a Ernaux e a Toews, voglio leggere tutto quello che mi manca di Bolaño (sto leggendo proprio adesso Tre), Voci del verbo andare di Jenny Erpenbeck, La fine dei vandalismi di Tom Drury.
Valentina: Il corpo che vuoi di Alexandra Kleeman, Una vita come tante di Hanya Yanagihara, vorrei terminare Future Sex, leggere l’ultima Ernaux e quello che mi manca di Toews. Praticamente sono spacciata. Ah! Visto che mi sono giocata un braccio a causa di due ore di diretta Facebook, vorrei recuperare Furore.
Sebastiano: A proposito di Furore, il momento del rave-reading è stato veramente forte. E quella formula lì si avvicina molto all’idea di letteratura e di comunicazione della letteratura che abbiamo noi.

Sebastiano Iannizzotto e Valentina Rivetti

Sebastiano Iannizzotto e Valentina Rivetti

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Valentina: Comprare un bagnoschiuma…
Sebastiano: Mettere in ordine casa…
Valentina: Fare la spesa…
Sebastiano: E poter continuare quello che stiamo facendo con la Scuola Holden e con il Salone del Libro. Ci piacerebbe poter partecipare anche alla prossima edizione. E continuare a parlare di ciò che ci piace: libri, letteratura, cultura.
Valentina: Ci occupiamo di tante altre cose, ma questo è quello che ci piace davvero.

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