Il Burka! che fa ridere

Si tratta di un fumetto di qualche anno fa eppure quanto attuale: Burka!
Un fumetto di cui dobbiamo andare orgogliosi anche perché è una di quelle opere che nascono in Italia e che poi passano il confine per essere apprezzate anche in Francia (con il titolo leggermente modificato: Burqa!)

burka24 Tavole illustrate tra fumetto e satira – una ironia semplice e delicata, niente di offensivo eppure quanto intelligente! – che nascono dalla collaborazione tra Simona Bassano di Tufillo e Jamila Mujahed.

Simona Bassano è una illustratrice impegnata anche politicamente attraverso la propria produzione artistica, l’esempio può essere STAR TRASH – sacchetti in mondovisione «sull’emergenza ambientale in Campania». Spazzatura simbolo di decadenza, ma più che di denuncia si tratta di comunicare la necessità di rigenerazione culturale proprio come in l’Arte della felicità.

Jamila Mujahed è allo stesso modo impegnata pubblicamente per l’estensione dei diritti sociali nel proprio paese, l’Afghanistan e ha fondato The Voice of Afghan Women’s.

Questo fumetto è semplice e leggero, quasi un’opera per bambini, il cui testo, ponderato nella sua dose di comicità, non dà lezioni morali, piuttosto ci ricorda come – che si tratti di Oriente o di Occidente – non saranno mai (più) gli uomini a scegliere quale è la misura della libertà femminile, ma nemmeno saranno alcune donne a scegliere quale è la risposta giusta per tutte le altre donne, perché ciascuna donna la conosce, la propria misura, per sé, velata o non che scelga di vestirsi (di essere anche).

rosella-prezzoQuesta questione dei ‘veli’ d’Occidente e d’Oriente è stata trattata dalla filosofia (viene naturale scorrere Al di là del versetto di Lévinas), dalla letteratura (penso alla sensibilità di Ben Thahr Jelloun), dalla poesia (il verso liberato dalla ritmica grammaticale) e dalla pittura (Ingres tra gli altri) e dalla psicoanalisi ed è diventata appannaggio della guerra mediatica e giuridico-burocratica in un momento di trasformazioni mondiali quanto a  nuovi valori, migrazioni, crisi economiche e a precarietà liberatoria data dall’impossibilità di ricorrere a una unica entità ordinante monoteista.

Orfani della lucidità di Mernissi e Djebar, qualche mese fa, sulla rivista Le débat pubblicata da Gallimard, il professor Fethi Benslama ha individuato l’odio come attuale sofferenza psichica sullo sfondo delle grandi minacce terroristiche e Mathieu Guidère ha approfondito la posizione subalterna e al contempo centrale della figura della donna nella giurisprudenza islamica. Velo o non velo?

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Nonostante Fanon ci spieghi il suo punto di vista sull’uso del discorso di genere attorno al velo inteso come strumentale a un’opera di colonizzazione vicendevole tra Oriente e Occidente, la psichiatra Monique Selz ci ricorda che il pudore è un luogo di libertà ma che (in quanto tale) non può e non deve essere definito da qualcun altro che non sia noi stessi per noi stessi.

In maniera più completa e analitica abbiamo un piccolo grande libro italiano, Veli d’Occidente di Rosella Prezzo.

Lì ho potuto conoscere l’opera di Didi-Huberman e lì ho incrociato per la prima volta questo piccolo albo che disegna per e-semplificare senza essere semplicistica.

Un sorriso per continuare a riflettere e a ascoltare e soprattutto a tenere gli occhi aperti sul mondo.

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