Frida, Diego e la scuola messicana nella collezione Gelman

Una donna rossa, formosa, dal fisico statuario, è sdraiata gentilmente su un divano scuro, porta un abito lungo e chiaro che richiama la sinuosità delle calle bianche alle sue spalle. Lei guarda fisso in avanti l’uomo dal talento incontenibile, il pittore del volto immorale del capitalismo, dei grandi murales e della rivoluzione. Siamo in Messico e sono gli anni ’40, la donna in posa è Natasha Zahalkaha, avvenente moglie di Jacques Gelman e davanti a lei Diego Rivera, a quel tempo maestro assoluto e venerato dell’arte della Rinascita Messicana, che ritrae la moglie del suo amico in tutto il suo provocante splendore.

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Ritratto di Natasha Gelman (1943)-Diego Rivera

In un altro ritratto Natasha ha un volto severo, incorniciato da una pelliccia e da pesanti boccoli, le labbra sono leggermente schiuse, ma non sorridono, anzi sembrano quasi piegarsi in un broncio. L’altra faccia della medaglia è quella di Frida Kahlo, che dipinge la donna, forse sua amica, in tutta l’austerità dell’Europa dell’est, nella freddezza di una pelliccia che si oppone all’azzurro e ai rossi accesi di Città del Messico.

Ritratto di Natasha Gelman (1943)-Frida Kahlo

Ritratto di Natasha Gelman (1943)-Frida Kahlo

Un po’ più in la, la stessa donna posa su una sedia dallo schienale alto, gli stessi riccioli ma con lo sguardo assente e la postura rigida, così come le spalline del vestito nero, quasi a voler accentuare lo stile spigoloso di un cubismo ormai agli sgoccioli. Quest’ultimo ritratto è invece opera di Rufino Tamayo.

Ritratto della signora Natasha Gelman (1948)-Rufino Tamayo

Ritratto della signora Natasha Gelman (1948)-Rufino Tamayo

Parte da qui, da tre immagini diverse della stessa donna, un viaggio che ci conduce lungo la riscoperta del periodo d’oro della cultura messicana, visto attraverso al lente degli artisti che ne fecero la storia e la fortuna.
I coniugi Gelman di messicano avevano bene poco: entrambi europei, lei era morava, Jacques era di origini russe, vissuto in Francia e arrivato in Messico poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, qui i due coniugi fecero fortuna producendo i film di Mario Moreno, il Charlie Chaplin messicano. Cruciale è nel 1943 il loro incontro con un’altra coppia, Frida Kahlo e Diego Rivera, appena risposati, in un periodo abbastanza quieto della loro turbolenta relazione e nel pieno della loro produzione e del loro successo artistico, entrambi testimoni e narratori attraverso la pittura di un mondo pregno di tradizione e atmosfere folcloristiche, ma, allo stesso tempo, di innovazione, rivoluzione e metamorfosi.
Il racconto del Messico e della sua arte contemporanea è condensata nelle opere che i coniugi Gelman collezionarono, a partire dal 1941, dai più grandi artisti dell’epoca: non solo Frida e Diego, ma anche María Izquierdo, David Alfaro Siqueiros, Rufino Tamayo e Ángel Zárraga. La collezione Gelman rappresenta oggi la più importante collezione privata che racchiude capolavori di tutta l’arte messicana del XX secolo, risiede in Messico, alla Fundaciòn Vergel, ma dal 19 novembre, alcune di queste opere sono esposte a Palazzo Albergati di Bologna, in una mostra intitolata proprio all’arte messicana del XX secolo.
Accanto ai due ritratti descritti prima, la mostra contiene alcune tra le più famose opere di Frida e Diego, dai più celebri autoritratti della grande pittrice, alle tele del maestro che rappresentano le storie di vita dei contadini e degli operai. Circa trenta dipinti sono esposti in un contesto arricchito di testimonianze fotografiche, pagine dei diari, gioielli e oggetti che ci riportano ai colori del Messico di Frida, alla sua inconfondibile cifra pittorica che naufraga tra un surrealismo rinnegato e una tradizione riplasmata.

Autoritratto con scimmie (1943)-Frida Kahlo

Autoritratto con scimmie (1943)-Frida Kahlo

Alcune delle opere esposte sono ormai entrate a far parte del nostro immaginario collettivo, come Autoritratto con scimmie (1943) in cui Frida si ritrae con l’animale domestico e simbolo con cui l’artista messicana da voce alla propria vita interiore. Abbigliata con un huipil bianco, Frida si rappresenta per la prima volta come donna realizzata1, come regina con, appunto, dietro le sue spalle un unico esemplare di flor de la Reina. Altre opere esposte sono indiscutibilemente legate al suo amore per Diego: L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor Xólot, del 1949, ci parla proprio di questo amore, struggente e materno, incastonato tra simboli presi dalla cultura azteca e dalla mitologia messicana.

L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor Xólot (1949)-Frida Kahlo

L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor Xólot (1949)-Frida Kahlo

Le profonde radici nella cultura, ma soprattutto nell’ideale della rivoluzione messicana, sono fissate all’interno delle grandiose opere di un altro artista: David Alfaro Siqueiros, maestro, insieme a Rivera, del Realismo sociale. I suoi dipinti e murales politicamente impegnati ci portano ad esplorare la grandezza dell’arte collettiva e la sua importanza nel Messico della metà del ‘900, così come il suo tentativo di veicolare attraverso l’opera il messaggio marxista.
Insieme alle opere della celebre coppia, sono esposti altri pezzi di indiscutibile valore realizzati negli stessi anni di fervore culturale.

Autoritratto (1947)- Maria Izquierdo

Autoritratto (1947)- Maria Izquierdo

Accanto a Frida troviamo María Izquierdo, altra tenace donna che ha impegnato la propria vita in una imponente produzione artistica legata alle proprie radici messicane. Data in sposa a 15 anni e madre di tre figli a 17, la Izquierdo, proveniente da ambienti contadini e trasferitasi nella capitale nel 1920, entra in contatto con il fermento culturale di Città del Messico appena dopo la Rivoluzione. Sarà la sua passione per l’arte a farle lasciare il marito e farla entrare alla Escuela Nacional de Bellas Artes: María sarà la prima artista messicana ad esporre le sue opere negli Stati Uniti.

Meno legati alla tradizione e dal taglio più espressionista, ma pur sempre carichi di significato artistico, si mostrano invece le opere di Ángel Zárraga e Rufino Tamayo custodite nella collezione Gelman.
Il punto di forza di questa mostra risiede proprio nel miscelare egregiamente le opere dei più rappresentativi artisti messicani che hanno prodotto tra gli anni ’30 e gli anni ’50 con oggetti, vestiti e suppellettili che mostrano il loro mondo in quegli anni e la loro vita privata. Questo miscuglio di artefatti guida il visitatore alla scoperta di un mondo straniero e indigeno fatto non solo da opere pittoriche, ma da foto, gioielli, vestiti, pezzi di vita.
L’esposizione, divisa in due parti di cui una dedicata interamente a Frida, segue uno snodo tematico, e ci lascia alla fine con una stanza dedicata all’ormai noto amore tra la colomba e l’elefante.

1. Frida aveva infatti ottenuto da poco la cattedra di pittura e scultura presso il Ministero della Pubblica Istruzione e la nappa mancante del vestito simboleggia nella tradizione l’acquisizione del titolo di studio.

Di Frida Kahlo vi abbiamo già parlato in alcuni dei nostri articoli:

Natura vivente. Rivoluzione e «pace». Frida
Pittrici e bisessualità: tre esempi di contemporaneità
Trafitture. Le frecce di Antonello da Messina, Frida Kahlo e Marina Abramovich

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