Virus e mobilità – Se la bicicletta diventa protagonista di una nuova normalità

La scorsa settimana, uno studio pubblicato su Nature Climate Change ha affermato che le emissioni globali di CO2 si sono ridotte quotidianamente del 17% a partire dall’inizio di aprile 2020. Il lockdown imposto dai governi di (quasi) tutto il mondo ha portato a una riduzione media delle emissioni del 26% in ogni Paese. La chiusura delle frontiere, la limitazione degli spostamenti e il cambiamento nelle modalità di consumo per un periodo di tempo limitato sono stati sufficienti a mettere in evidenza una rilevante diminuzione nella concentrazione di CO2. L’ammontare della riduzione, ovviamente, dipenderà dalla durata del confinamento con una stima massima del -7% se alcune delle restrizioni adottate nei mesi scorsi continueranno per tutto il 2020. Molto probabilmente, le prossime politiche, procede lo studio, influenzeranno le emissioni globali di CO2 per decenni. Ancora una volta, dunque, ci troviamo di fronte a un bivio. Da un lato, il ritorno a un prima che sappiamo benissimo essere pieno di criticità e contraddizioni; dall’altro, la delineazione di un dopo ancora troppo incerto ma che richiede necessariamente ambiziosi e radicali cambiamenti. Nel mezzo, un presente di emergenza, di confinamento e distanziamento fisico che non può e non deve essere l’unica condizione per la drastica riduzione di emissioni di cui vi è bisogno. Per quanto riguarda il settore mobilità e trasporti e limitandoci a osservare il contesto europeo, le proposte politiche avanzate finora hanno avuto l’obiettivo di incentivare diverse forme di mobilità sostenibile. Ma siamo sicuri che l’unico modo per farlo sia quello di elargire bonus e sconti? E con la mancanza di infrastrutture come la mettiamo? E per chi lavora in aree extra-urbane che prima raggiungeva con i mezzi pubblici quali interventi saranno proposti? Il timore è che il trasporto individuale su quattro ruote possa riprendere con ancora più consistenza rispetto a tre mesi fa quando molti facevano affidamento su autobus e treni per recarsi al lavoro. Paure e dimezzamento dei posti disponibili sui mezzi di trasporto collettivi potrebbero comportare un ricorso maggiore all’auto privata sostituendo, di fatto, anche il car sharing. Per arginare i danni da ripresa, molte capitali europee stanno implementando misure atte a favorire la circolazione in bicicletta, considerata da molti come il mezzo più agevole per spostarsi in città e relativamente sicuro poiché nella maggior parte dei casi assicura il distanziamento fisico necessario.

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A Berlino, ad esempio, le piste ciclabili sono state costruite o ampliate già durante il lockdown per permettere un migliore uso della bicicletta ai lavoratori che dovevano spostarsi e un alleggerimento dell’uso dei mezzi pubblici locali. A differenza di quanto accaduto in Italia, in Gran Bretagna i negozi e le botteghe di biciclette sono rimasti aperti perché considerati esercizi indispensabili al pari dei negozi di alimentari. In altre grandi città, gli spostamenti in bici sono aumentati di più del 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. Bruxelles, invece, ha deciso di limitare la velocità di tutti i mezzi di trasporto a 20 km/h nelle strade del centro, dando priorità a pedoni e ciclisti. In generale, i dati di utilizzo del bike sharing (così come quello dei monopattini elettrici), riportano un aumento considerevole negli ultimi mesi. #andràtuttinbici, infine, è l’iniziativa messa in campo dalla Consulta Comunale della Bicicletta di Bologna per raccontare i vantaggi della mobilità attiva in città. La speranza è che, da ragioni di necessità e sicurezza, la mobilità ciclopedonale sia incentivata quale migliore forma di spostamento in città e conseguentemente valorizzata tramite le infrastrutture adatte.

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La micro-mobilità, resa possibile da dispositivi elettrici e manuali con una velocità massima di 25 km/h e pensati per spostamenti di una decina di km, si identifica come la nuova frontiera della mobilità urbana ma è ancora fortemente limitata dall’assenza di adeguate infrastrutture che assicurino, ad esempio, la sicurezza chi si sposta su questi mezzi. La realizzazione e il potenziamento di reti ciclabili, anche di quelle provvisorie, dovrà costituire una priorità della pianificazione urbanistica dei prossimi mesi. Sembra quasi superfluo dover ribadire che le ricadute economiche, ambientali e occupazionali legate all’uso e alla promozione della bicicletta generano un indotto enorme su scala nazionale. Inoltre, specialmente nei prossimi mesi, biciclette e simili potranno rivelarsi mezzi preziosi al fine di migliorare la salute, fisica e mentale, messa a dura prova dallo scoppio della pandemia. Come si legge sul post de Il BoLive, il blog dell’Università di Padova, in modo quasi paradossale la circolazione a gran velocità del virus SARS-CoV-2 ha reso immobile la maggior parte della popolazione mondiale, costringendo a ripensare la nostra quotidianità freneticamente mobile. E se la mobilità viene messa in discussione, è necessario dare vita e impiegare nuovi modi per pensarla e gestirla, anche a partire dai mezzi di trasporto a cui si darà priorità nel prossimo futuro che a loro volta richiederanno un nuova pianificazione. È indubbio, inoltre, che queste dovranno essere prese tenendo in considerazione le esigenze dell’agenda globale contraddistinta, ad esempio, dall’urgenza di affrontare in modo coraggioso e decisivo la crisi ecologico-climatica. Come suggerito dal post della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE), si tratta di sviluppare una “nuova normalità” al fine di rimpiazzare lo stile “business as usual” chiaramente insostenibile e profondamente iniquo.

Phcredit: pagina fb andratuttinbici, www.itdp.org/2020/03/24/as-the-impacts-of-coronavirus-grow-micromobility-fills-in-the-gaps/

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