Gender Studies made in Italy

Trattare degli studi di genere (o meglio dei Gender Studies) richiede considerare l’approccio multidisciplinare e interdisciplinare (ma con impostazione socio-culturale!) della ricerca sulla sessualità e sull’identità di genere.

Nati in Nord America, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta nell’ambito degli studi culturali, si diffondono in Europa Occidentale negli anni ’80. Il concetto di genere fu introdotto per la prima volta negli anni ‘60 dai medici statunitensi R. Stoller e J. Money del Johns Hopkins Hospital di Baltimora per distinguere l’orientamento psico-sessuale (gender) di una persona dal suo sesso anatomico (sex).

Gli studi di genere si affermano a partire da un certo filone del pensiero femminista (grazie alla produzione teorica e ai dibattiti del movimento delle donne a partire dagli anni ’70 e da quella delle accademiche femministe coinvolte in progetti di Women’s studies: la questione riguarda la biologia e i condizionamenti ambientali e culturali alla determinazione del comportamento e dei ruoli degli esseri umani) e trovano spunti fondamentali nel post-strutturalismo e decostruzionismo francese. Un po’ tutte le scienze sociali studiano il modo in cui le istituzioni contribuiscono alla formazione dell’identità di genere, mentre l’antropologia ha dimostrato come, in tutte le società, i riti di passaggio e di iniziazione mirino alla costruzione dei corpi maschili e femminili in relazione ai ruoli sociali che sono destinati a svolgere. Sul piano storico-culturale gli studi ispirati dal movimento femminista hanno sottolineato il legame fra lo stereotipo femminile presente nella cultura occidentale e la tradizionale contrapposizione fra natura e cultura, corpo e mente, emozione e ragione, infanzia e maturità, criticando la corrispondente identificazione del femminile con la sfera della natura, del corpo, dell’emotività, dell’infanzia.

L’incrociarsi di varie metodologie e di toni politici ed emancipativi si associano alla condizione femminile soprattutto, sull’identità e sul rapporto tra individuo e società, individuo e cultura. Sono strettamente legati ai movimenti di emancipazione femminile, omosessuale e delle minoranze etniche e linguistiche e spesso si occupano di problematiche connesse a oppressione razziale ed etnica, sviluppo delle società post-coloniali e globalizzazione.

561468_10200984126959821_1594982549_nIn ambito universitario, in Italia, ci stiamo avvicinando a tali tipi di ricerche. Il CSGE – Centro Studi sul Genere e l’Educazione dell’Università di Bologna si dedica alla ricerca interdisciplinare sul genere e sull’educazione, o meglio allo studio delle dinamiche legate al processo formativo e alla socializzazione degli individui nell’ottica dei Gender Studies. Il Centro è il frutto della collaborazione tra docenti, ricercatrici e ricercatori del Dipartimento afferenti alle diverse discipline: Pedagogia, Sociologia, Psicologia, Antropologia, Storia, Filosofia e Scienze fisiche e naturali. Il Centro raccoglie e promuove approcci di studio diversi, inerenti in particolare a: educazione alla femminilità e alla mascolinità (e relativi condizionamenti, stereotipi, pregiudizi, etc.) nel contesto locale, italiano e internazionale; relazioni di genere ed educazione alla relazione tra uomini e donne; problematiche di genere nei contesti formativi, sociali, culturali, dell’istruzione e dell’intervento sociale; processi di discriminazione sessuale e condizioni di disuguaglianza; rappresentazioni sociali e mediatiche delle differenze di genere; genere, socializzazione e immigrazione.

Inoltre, sempre all’Università di Bologna si svolge il corso dedicato all’argomento, tenuto dalla Professoressa del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione, Cristina Demaria, che si concentra in genere su una prospettiva socio-semiotica: semiotica della cultura, sottolineando atteggiamenti epistemologici e categorie euristiche degli ultimi trent’anni. Il corso seleziona le riflessioni più interessanti per un confronto sia teorico sia applicativo con la disciplina semiotica.

Il corso si struttura secondo una modalità sperimentale che prevede un percorso di partecipazione attiva. I contenuti saranno appresi in forma altamente interattiva. Il corso privilegia una prospettiva sociosemiotica e di semiotica della cultura, chiarendo alcune delle posizioni, delle teorie, degli atteggiamenti epistemologici e della categorie euristiche che solo di recente hanno attraversato e mutato il concetto stesso di genere nei suoi rapporti con altri concetti quali il sesso e la sessualità, la differenza e le differenze,  il corpo, la soggettività e l’identità, la razza e l’etnia. Il corso si concentra sulle immagini di genere e sul genere delle immagini, dunque sul rapporto tra rappresentazioni, immagini e desiderio,  indagando non solo le rappresentazioni dei corpi femminili nei media (serie televisive, pubblicità, talk-show, ecc.), ma anche le immagini e i testi sincretici prodotti da registe, artiste e autrici attente a un’ottica di genere e, nello specifico, al rapporto tra immagini, memoria, post-memoria e realtà. Particolare attenzione dunque a quegli esempi che provano a sovvertire gli stereotipi di genere, ma anche a costituire teoria e ripensare l’identità e la memoria attraverso un tipo di pratica artistica che riflette su nuove possibili forme di identificazione, fruizione e, ovviamente, anche produzione di differenti soggettività sessuate.

Proprio in Emilia-Romagna invece è nata una Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra donne e uomini, presieduta da Roberta Mori, che intende promuovere e dare piena diffusione alla cultura di genere, considerandone la funzione di necessario correttivo alla disparità esistente tra donne e uomini nei vari ambiti sociali, finalizzato a radicare in senso più ampio il rispetto e la valorizzazione di tutte le differenze e sostenere adeguatamente l’attività dell’associazionismo femminile di promozione culturale e artistica, rendendo più significativa la partecipazione diretta e indiretta della Regione ai tanti progetti ed eventi che valorizzano la cultura di genere sul nostro territorio.

manrayAnche l’Università di Firenze è da anni impegnata nella promozione della cultura di genere e delle pari opportunità. Con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato attivato proprio quest’anno un percorso formativo per la diffusione della cultura di genere nelle istituzioni culturali, sociali e politiche finalizzate a qualificare e aumentare la presenza e la partecipazione delle donne nella vita attiva. Nel corso degli incontri è stato approfondito il rapporto tra l’universo femminile e alcuni singoli temi quali la disabilità, la psicologia e l’identità, la fecondazione assistita, la religione nella società multiculturale.

In ambito filosofico, Susan Okin, una staordinaria filosofa politica di stampo liberale femminista, morta da pochi anni, credeva che le ineguaglianze di genere all’interno della famiglia vengano perpetuate attraverso l’intera società, in particolare i valori e le idee sessiste  insegnati ai bambini, che poi crescendo approvano come adulti.  In un suo saggio del 1999, più tardi esteso in un’antologia, “Is Multiculturalism Bad for Women?”, la Okin insiste preoccupata sulla conservazione delle  diversità culturali, che potrebbe non eclissare o oscurare la natura discriminatoria dei ruoli di genere in molte tradizionali culture. Ha analizzato il concetto di “vulnerability by marriage” focalizzandosi sui modi con cui le ineguaglianze di genere nei mercati del lavoro e nelle famiglie stanno rinforzando reciprocamente le parti di un singolo sistema. Sono le ineguaglianze generate dal mercato del lavoro che rendono razionale il passare tutto il tempo per una donna all’interno della famiglia, nelle mura di casa. La sua più convinta idea è stata che uomini e donne sono esseri moralmente uguali, ma è il nostro pensiero normativo-politico che non riesce a convincersi di ciò.

Segnalo anche un articolo: “Dreaming parità: questione di secoli?” della demografa sociale e dirigente di ricerca presso il CNR, Rossella Palomba.

 

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