Gli ultimi giorni di Pompei?

Si sta compiendo in questi giorni l’ultimo degli innumerevoli sforzi per salvare Pompei ma le speranze riposte in una nuova svolta, un intervento definitivo sono sempre sottili. Il perché, come spesso accade, è scritto nella storia recente, e infinitamente passata. (Siamo tornati a Pompei tre anni dopo: ecco cosa è successo nel frattempo)

Aggirarsi adesso nel sito archeologico più esteso del mondo rimane un esperienza unica ma il distacco dalla propria linea temporale operato dal mistero palese dell’antica città non è indolore.
La condizione dell’area è raccapricciante, maschere tragiche in fontane mosaicate occhieggiano tra cumuli di macerie polverose, containers mastodontici offendono la vista tra teatri e porticati, reti e cancelli di protezione impediscono l’accesso ai due terzi del sito e gli unici custodi visibili sono cani gonfi che riposano in ripari ombrosi.

1318965629138341«Pompei Viva» sta scritto su tutti i cancelli serrati manifestando la contraddizione della conservazione della cultura.    Quei cancelli dietro i quali si intravedono splendori dimenticati fanno parte di un gigantesco progetto risalente al 2010 benedetto dall’allora Commissario delegato Marcello Fiori. Tale programma prevedeva la rinascita dell’antica Pompei attraverso la riapertura di domus fino a quel momento inaccessibili al pubblico, percorsi multimediali, l’apertura dei cancelli per visite notturne e una ricca stagione estiva al Teatro Grande al tempo gravemente lesionato. Tutto ciò adesso è solo un opaco ricordo di cui si possono ammirare le dismesse vestigia.

Il delegato speciale incaricato di riportare in vita l’antica città sannita è ora indagato per truffa e frode assieme a Luigi d’Amora, direttore dei lavori nel periodo di gestione commissariale, mentre alla rappresentante legale della “Caccavo srl”, la società che si aggiudicò l’appalto per i lavori di restauro del Teatro Grande e del Quadriportico dei Gladiatori, accusata di abuso d’ufficio, corruzione, frode e truffa, Annamaria Caccavo, spettano adesso gli arresti domiciliari; interdetti dall’attività professionale gli ingegneri Lorenzo Guariniello, Vincenzo Prezioso e Antonio Costabile che avallarono e seguirono il progetto.
Sul Commissario prescelto nel 2008 dall’allora Ministro dei beni culturali Sandro Bondi per operare quegli interventi ordinari e straordinari di salvaguardia e recupero e il suo entourage sono ricaduti provvedimenti legali per aver rispettato il ben noto copione degli appalti: essendo necessario un massiccio e costoso restauro, si decide di concedere un appalto per 5 milioni di euro a una ditta territoriale la quale gonfia ad arte i costi delle forniture del 400% fino a portarli a 8 milioni, per poi intervenire su un sito vecchio di duemila anni ed estremamente delicato con ruspe e martelli pneumatici ricostruendo le parti lesionate con materiali scadenti quali mattoni di tufo comunemente impiegati negli ovili e cordoli di cemento armato a vista.    area box prefabbUn’operazione necessaria a rendere nuovamente fruibile il teatro con nuove, scintillanti gradinate. La sera dell’inaugurazione del teatro rinnovato, l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” diretta da Riccardo Muti ne celebra lo scempio; i quattro immensi containers utilizzati come camerini degli artisti per l’occasione sono ancora là, tra il teatro e il quadriportico, da tre anni, raccapriccianti ma misteriosamente inamovibili.

Passa il tempo e si succedono i governi, subentra l’esecutivo tecnico e il politologo Lorenzo Ornaghi viene incaricato dal premier Mario Monti del Ministero per i beni culturali mentre l’Unesco s’interessa al caso di Pompei a causa dei numerosi crolli avvenuti nel sito. Grazie all’intervento del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale e apporti nazionali vengono stanziati 105 milioni di euro per salvare il secondo reperto più visitato dopo il Colosseo. Nell’aprile 2012 viene presentato il “Grande Progetto Pompei” che vanta un intesa interistituzionale di legalità e sicurezza tra il Ministro della Coesione, il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, il Ministro dell’Interno, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed il Presidente dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici per la sicurezza degli appalti, con la firma del Protocollo di Legalità del 5 aprile 2012.
Tali larghe intese non riescono a produrre nulla di concreto, non per mancanza di denaro ma per incapacità tecnica, lungaggini burocratiche, carenza di personale e atteggiamenti corporativi dei dipendenti che fanno slittare gli interventi di recupero.

Nel frattempo crollano parti della domus del Moralista, di quella dei Gladiatori, di Diomede, le mura nei pressi di Porta di Nola, la domus di Loreio Tiburtino e un tratto della domus lungo il vicolo di Modesto, nella VI regio; infine crolla anche il governo e il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo viene affidato nell’aprile 2013 a Massimo Bray dal neo premier Enrico Letta.

La commissione Unesco torna a calcare le pietrose strade della città che fu sepolta e lancia l’ultimatum: «Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano e rinviare al prossimo Comitato mondiale 2014 ogni decisione sull’esclusione di Pompei da sito patrimonio dell’Unesco».
Il denaro per gli interventi non manca, i problemi da affrontare sono però sempre gli stessi: riduzione del rischio idrologico, consolidamento delle murate esterne, restauro delle superfici decorate, potenziamento della videosorveglianza; ma soprattutto la protezione del sito da ciò che nel territorio è più inevitabile, le intemperie e la Camorra.

canipompeiLe prime sono causa della chiusura di numerosi edifici privi di qualunque copertura contro gli agenti atmosferici, protezione basilare come la stesa di un piano trasparente sopra i mosaici di alcune domus che permetterebbe da un lato la salvaguardia dei reperti e dall’altro la loro fruibilità da parte dei visitatori.
Per quanto riguarda la seconda, il rischio è altissimo se si pensa alla quantità di denaro in gioco e la forte tentazione di assegnare appalti a aziende che promettono la risoluzione dei problemi in breve tempo e con grande risparmio per poi operare in modo disastroso. Qualunque svolta, qualunque intervento deve tener conto di questo fattore determinante, la criminalità organizzata e le sue capacità di infiltrarsi con pressioni, lusinghe, minacce. La tendenza ad assegnare l’appalto tramite aste al ribasso presta il fianco a una criminalità estesamente strutturata in grado di presentare preventivi bassissimi per poi richiedere ulteriori esborsi e produrre un risultato irrimediabile come nel caso del restauro al Teatro Grande.
Spinosissimo problema che proverà ad essere arginato con un monitoraggio dell’intero processo di realizzazione delle opere: dall’analisi dei documenti di gara alla fase di esecuzione dei lavori e dei soggetti che li realizzano, al monitoraggio dei flussi finanziari connessi nel rispetto dei principi di tracciabilità, infine la verifica delle condizioni di sicurezza dei cantieri e il rispetto dei diritti dei lavoratori impiegati.

Il nuovo decreto “Valore Cultura” approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri prevede la creazione di un Direttore Generale del Progetto Pompei, una inedita figura fondamentale che diverrà unica amministratrice del Progetto e che disporrà di pieno potere esecutivo. Insieme a una ventina di tecnici ed esperti in materia giuridica, economica, architettonica, urbanistica e infrastrutturale, dovrà definire le emergenze, assicurare lo svolgimento delle gare, migliorare la gestione del sito e delle spese.
Un incarico che attende un nome mentre i primi appalti sono già stati assegnati, rispettivamente all’impresa di costruzioni campana Perillo e al Consorzio di restauro l’Officina con sede a Roma, sotto l’egida della soprintendente speciale beni archeologici di Napoli e Pompei dott.ssa Teresa Elena Cinquantaquattro in carica dal 2010 (retribuzione: 115.199 euro lordi l’anno).

051112_1087WS_LSembrerebbe dunque che qualcosa si stia muovendo in meglio grazie anche all’aiuto di un Europa senza la quale parrebbe impossibile sviluppare progetti. Ma questo non è del tutto vero, se infatti fosse burocraticamente e legalmente più semplice per i privati fare donazioni non ci sarebbe neppure bisogno di un fondo europeo, semplificazione che il Dl cultura ha messo in conto di realizzare. Ci si chiede però se sia davvero possibile ormai sperare in un rinnovamento in una regione strangolata da Camorra e N’drangheta e dove pare impossibile far convivere soprintendenza e figure istituzionali, burocrazia e semplicità operativa; e allora, si mormora, non sarebbe meglio vendere l’area allo straniero per una cifra astronomica? Efficienti inglesi ad esempio, estranei alle pastoie che immobilizzano ogni strato della vita istituzionale della penisola e che certo non si curerebbero del territorio ma almeno riporterebbero il sito agli antichi splendori?

Domande oziose perché fino ad ora il caso Pompei resta una tanto perfetta quanto amara cartina al tornasole della stagnante situazione italiana: un antica, meravigliosa città giace in rovina nonostante l’abbondanza e la semplicità dei mezzi reperibili per salvarla, mezzi congelati, inutili perché le figure incaricate non possono o non vogliono salvarla.

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