Sherlock Holmes 2.0

6 aprile 1893, Edimburgo

“Qui stiamo tutti bene, sono a metà dell’ultimo racconto di Holmes, al termine del quale il gentiluomo scompare per non tornare mai più. Sono stufo anche solo di sentirlo nominare”.[1]
La decisione è presa, Doyle sembra risoluto, solo dopo sei anni di racconti il detective più famoso del mondo lascia il palcoscenico, la pipa e gli enigmi insolubili.
Peccato l’autore non abbia prima fatto i conti con la sua creatura più grande, nato “di carta”, è ormai “di carne”. Pinocchio è diventato un bambino vero e non ha intenzione di lasciarsi uccidere così facilmente. Le richieste del pubblico sono pressanti, quelle degli editori fin troppo generose, e Sherlock Holmes resuscita in un batter d’occhio.
Ora ha 131 anni e lo si può immaginare benissimo seduto in poltrona a fumare la pipa, anzi lo si può immaginare benissimo seduti sul divano col computer sulle ginocchia : Holmes è vivo e vegeto e non è mai sembrato così giovane e aitante.
La BBC, infatti, nel 2010 lancia un nuovo prodotto, o meglio un prodotto riadattato: Sherlock, la serie tv.
In una Londra traslucida e super moderna Benedict Cumberbatch sembra calzare alla perfezione i panni del detective e Martin Freeman quelli del suo compagno fedele, Watson.
“Sherlock Holmes was a man of is Age”[2], commentano i produttori. Sherlock Holmes era un uomo del suo sherlock2tempo, un uomo moderno già in epoca vittoriana, perché quindi non esserlo nel XXI secolo?
L’investigatore sembra un born digital a tutti gli effetti, un nativo digitale nato e cresciuto nella nostra epoca. Il nuovo Holmes parte, infatti, da un’idea di comunicazione tutta incentrata sui nuovi media, alla pipa preferisce i cerotti alla nicotina, alle lettere lo smartphone.
I racconti di Conan Doyle si sono sicuramente ben adattati, in un genere come il poliziesco, alla serialità. Ogni avventura diventa un episodio e il riferimento al Canone originale è innegabile: Uno studio in rosso si trasforma in Uno studio in rosa, Uno scandalo in Bohemia in Uno scandalo in Belgravia. Ciò che ha stupito la critica e che probabilmente è la causa prima di tanto successo è proprio la canonicità della serie tv. Sherlock cambia tutto e contemporaneamente non cambia nulla, come se la creatura tanto odiata da Doyle fosse già perfetta così, atemporale, archetipica, immortale.
La BBC ha dato la prova della longevità di un personaggio letterario come quello di Holmes, sfuggito alle redini del suo stesso autore e ancora tra noi.
“E magari, a fumare la sua pipa su una sdraio, in disparte, c’è pure Sherlock Holmes, che per i suoi appassionati lettori non è un personaggio letterario, ma è esistito veramente alla fine dell’800 ed è ancora vivo, perché ha scoperto una specie di serio dell’immortalità” [3]

[1] J. D. Carr, La vita di Sir Arthur Conan Doyle : il creatore di Sherlock Holmes, Milano, Rizzoli, 1956 p.114

[2] Gatiss 2010, Asip DVD commentary

[3] C. Lucarelli, La faccia nascosta della Luna. Storie di delitti e misteri tra musica, cinema e dintorni, Einaudi, 2009

Photocredit: Pinterest

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