Storie di maghi e altre generazioni

In principio, tutto era normale.
Nel mondo non esisteva magia in ambito politico, legislativo, scolastico, sportivo, nei libri di storia o di scienze naturali. Joanne Kathleen Rowling non ha inventato la magia, ovviamente, ma quando nel 1997 viene pubblicato il primo libro della saga di Harry Potter (La pietra filosofale) il suo universo ammalia e rapisce i lettori più giovani, come se un vaso di Pandora fosse stato aperto.

fantastic-beasts-newt-scamander-crowd Il suo mondo non è troppo diverso dal nostro, in cui la magia è celata all’apparenza dei meno fortunati babbani (coloro incapaci di usare la magia), eppure a noi lettori viene data l’esclusiva di sbirciare dietro il velo che ci separa da esso e gioire delle sue scoperte insieme al giovane undicenne Harry.

Quello che, da bambini, si prova nello scoprire questo mondo magico, può essere riassunto in una scena visivamente molto efficace del primo film tratto dall’omonimo libro: nel retrobottega di uno squallido bar londinese, l’accompagnatore di Harry, Rubeus Hagrid, tocca con perizia dei precisi mattoncini di un muretto che, scomponendosi, apre per la prima volta le porte di un nuovo mondo, mostrandoci Diagon Alley, via londinese in cui fare acquisti magici di ogni tipo: pozioni, ristoranti, scope volanti, animali, libri e persino una banca.

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I personaggi che incrociamo nella storia sono a loro volta parte di una routine, con un lavoro, una casa in cui sbrigare le faccende, conti da pagare e altri problemi in cui chiunque si può identificare; ed ecco che la Rowling compie una magia, questa sì, vera: rendere ordinario lo straordinario. Creare un ordine in un universo nuovo e che, in tutte le forme culturali passate in cui è stato rappresentato, è sempre stato senza regole. Questo, anziché dare delle limitazioni alla scrittrice, le permette di ampliare ulteriormente il suo universo in modo coerente e mai forzato.

51iyveg8kpl-_sx326_bo1204203200_Ed è così che nasce, insieme a altre opere originariamente pensate per devolvere in beneficenza il ricavato delle vendite, un libro di zoologia: Gli animali fantastici: dove trovarli, scritto dal magizoologo Newt Scamander. La capacità di ampliare questo universo magico è direttamente proporzionale all’immaginazione dell’autore e l’interesse del lettore, ed entrambe -ad oggi- sembrano non mancare. Giustificare un seguito – o un prequel – di un’opera che di per sé vuol essere un romanzo di formazione e crescita è rischioso, principalmente perché si rischia di cadere nel banale e nello scontato. Ma la Rowling banale non lo è stata, e lo dimostra con questo film (da lei direttamente scritto, bisogna ricordarlo), introducendo protagonisti e ambientazioni del tutto nuove, dove gli unici riferimenti alla “vecchia” saga sono piccoli dettagli sapientemente –e mai in modo pedante- disseminati per tutto il film. Insomma il fan-service non è certo di suo interesse, quanto lo è invece il continuare a raccontare un universo la cui profondità – che i più curiosi potranno scoprire attraverso il sito Pottermore – va sempre a braccetto con la capacità di stupire, o per lo meno incuriosire, lo spettatore.

fb-trl3-87979-1024x429E così come aveva fatto un gigante della letteratura – anche  –fantasy come J.R.R. Tolkien, l’ampliamento dell’universo attraverso storie – grandi e piccole – dei personaggi e del suo stesso universo magico è benefico alla saga, che non ristagna nel successo già avuto ma guarda oltre, introducendo personaggi con caratteri mai macchiettistici ma sempre particolari: Newt Scamander, infatti, compie il suo viaggio non in modo passivo ma spinto da un sentimento di curiosità, ricerca e voglia di libertà nei confronti dei suoi – soli  – amici animali, finendo per infrangere leggi magiche sull’importazione di animali in un altro paese. Al suo iniziale inseguimento troviamo l’ex dipendente del Magico Congresso degli USA Tina Goldstein, in cerca di riscatto dopo essere stata cacciata dal proprio lavoro. Sullo sfondo delle vicende osserviamo le azioni dei Nuovi Salesiani, una setta che cerca di smascherare i maghi al mondo babbano, mentre la minaccia del mago oscuro Grindelwald incombe sull’intera comunità di maghi (e non solo).

Molta carne al fuoco che la scrittrice, avvezza alla scrittura di storie dall’impianto giallo, riesce sempre a dosare con accuratezza, facendoci scoprire i personaggi lentamente, dandoci le risposte e rivelandoci preziose informazioni con gli opportuni tempi narrativi. Le storie dei comprimari non mancano infatti di sorprendere, come nel caso del babbano Jacob Kowalski, spalla comica capace, tuttavia, anche di commuoverci nel finale, e il Nuovo Salesiano Credence, un orfano maltrattato dal capo dell’ordine che incarna tutte le conseguenze che il razzismo e la paura del diverso rischiano di causare nella nostra società, minata, purtroppo, ancora oggi da questo pericolo non solo nei mondi di fantasia.

 Tutto quello che sulla carta funziona, sullo schermo, tuttavia, perde parte della sua efficacia, poichè il regista David Yates non è la Rowling, e le sue doti registiche non sono paragonabili alla capacità introspettiva che la scrittrice possiede. Spesso i personaggi vengono infatti filmati, a parare del sottoscritto, in modo eccessivamente pesante – cinematograficamente parlando –, riferendomi in particolare a scene emotivamente toccanti in cui una dilatazione dei tempi delle inquadrature e un volume smodatamente alto della colonna sonora strappalacrime rasentano lo stucchevole, mostrandoci una buona maestria del mezzo cinematografico che, tuttavia, risulta un po’ banale.

Una particolare maestria, invece, si nota nel modo in cui vengono gestite le scene d’azione, la ricostruzione scenografica dell’epoca – New York, anni ’20 –, gli effetti speciali e la comicità. Ma ancor di più quando si tratta di approcciare gli aspetti più oscuri degli eventi narrati: in altre parole, i cattivi. Personaggi le cui identità non sveleremo per rispetto nei confronti di chi il film non l’ha ancora visto, ma che, possiamo dire, spiccano per tragicità e che di macchiettistico non hanno pressoché nulla: in particolare il personaggio dell’Obscurus risulta ben approfondito ed efficacemente empatico.; persino il modo in cui il regista decide di mostrarcelo e di filmarlo risulta interessante e affatto banale.

ezra-miller-fantastic-beasts-1 In definitiva non possiamo che essere felici per l’approccio non scontato che si è deciso di avere nell’esplorazione di un universo tanto vasto, come è quello della magia di J.K. Rowling: il risultato finale che abbiamo visto con questo film, e che continuerà con altri quattro seguiti, è sicuramente qualcosa di interessante e che ha tutte le carte in tavola per continuare a stupirci. Aspettiamoci, insomma, di riscoprire la magia in ambiti che non ci eravamo mai nemmeno immaginati!

P.S. Come esempio delle fantastiche capacità della scrittrice di miscelare il mondo reale (nostro) a quello fantastico dei personaggi, basti citare la scena della danza di accoppiamento tra Newt Scamander e l’Erumpent (mezzo rinoceronte, mezzo elefante) che non è semplicemente esilarante, ma anche etologicamente accurato (ve lo dice uno studente di Veterinaria).

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