Haxa 3: il cerchio di pietre – il capitolo conclusivo della saga di Nicolò Pellizzon

Uscito da poche settimane grazie a Bao Publishing, Haxa vol. 3 –  il cerchio di pietre non deludo affatto le alte aspettative di chi, in passato, aveva già avuto modo di leggere i due volumi precedenti.

Capitolo conclusivo di una saga pensata inizialmente in quattro volumi, Haxa 3 riprende le fila di una storia che avevamo lasciato in sospeso e che non attendeva altro che la propria conclusione.

A rispolverare la memoria degli accadimenti passati ci pensa Pellizzon, autore della saga, che prima di catapultarci nelle vicende che riempiranno le tavole del capitolo conclusivo, riassume per sommi capi quello che è accaduto finora. Se volete ripassare con noi, trovate qui il nostro articolo sui primi due volumi di Haxa.

Intanto, cerchiamo di fare brevemente il punto della situazione lì dove l’avevamo lasciata.

Sophia, studentessa dotata di poteri magici, fugge insieme al suo ragazzo Mark, anche lui dotato di poteri. Le loro strade si dividono in fretta trasformandoli da amanti a nemici. Per cercare la propria strada e il proprio posto nel mondo Sophia si unisce a una gang di maghe fuorilegge. È così che iniziano una serie di fughe e lotte contro i custodi dell’Ars Alchemica e la polizia ellida antimagiche che termineranno, alla fine del secondo volume, con l’uccisione di Aiko (capo banda della gang a cui appartiene Sophia) per mano di Mark che nel frattempo è diventato affiliato dell’Hexacustodit. All’apertura del terzo volume ritroviamo Sophia, che è riuscita a fuggire insieme a Suwi – creatura alla quale lei stessa ha dato vita – intenta a ricercare informazioni sul conto della madre morta e spinta dal desiderio di vendetta nei confronti di Mark.

Tutto Haxa è pieno di elementi che andrebbero indagati a fondo. Prima tra tutti, la questione dei personaggi. Il mondo di Haxaè un mondo prevalentemente femminile. Abbandonati gli stereotipi e le restrizioni del patriarcato le eroine dei tre volumi sono donne che combattono e si battono per i propri ideali. I personaggi maschili non mancano, anzi, basti pensare a Mark che ricopre un ruolo di tutto rispetto, ma tra i due sessi c’è un equilibrio forse impensabile per la realtà nella quale viviamo.

Anche amore e famiglia sono temi ben sviluppati e presenti in tutti i volumi. Anche questi slegati e sdoganati dai cliché che spesso li accompagnano, assumo in Haxa forme e sfaccettature diverse. Sophia, protagonista della saga, le esplora l’amore nelle sue diverse manifestazioni: l’amore per Mark che poi diventa odio, quello per Aiko – quasi ossessivo – che diventerà la fiamma che alimenta la sua vendetta.

La famiglia, invece, viene presentata nel suo aspetto meno convenzionale. Non è del modello di famiglia patriarcale che si parla, ma di famiglia come luogo di appartenenza, come sentimento più che come istituzione. Sophia, abbandonata dalla madre, cercherà nel corso dei tre volumi che compongono Haxa, di reperire ulteriori informazioni su sua madre e sulla sua morte da un lato, e di ricrearsi una famiglia dall’altro. Tutti i suoi sforzi però saranno vani. È anche per questo che nasce Suwi che, come dirà Sophia stessa, viene da lei ed è parte di lei e proprio per questo è ciò che più si avvicina all’idea di famiglia.

Con Suwi il concetto di trasformazione fisica e della materia arriva alla massima espressione. Nell’ultima fase della sua trasformazione, infatti, la creatura è – oltre che una parte della stessa Sophia – anche Aiko e Tsisia insieme.

Quello del corpo mutato è un elemento che trova molti punti di contatto, oltre che antecedenti, nella tradizione giapponese oltre che nell’universo dei videogiochi, a cui Pellizzon si ispira.

A dominare l’universo di Haxa però è la magia. Fulcro centrale degli scontri che vediamo succedersi nel corso di tutti i tre volumi e che ne Il cerchio di pietre raggiunge il suo momento di massima espressione. Qui scienza, magia e tecnologia si fondono insieme strettamente connessi l’uno all’altra. L’idea è quella di una magia che altro non è che iperscienza. Dopotutto, gli scienziati nel nostro mondo non possono essere paragonati a dei maghi che mettono usano i loro poteri per il bene dell’umanità?

Ed è in questo vortice di scienza, magia e tecnologia che si aggiunge un elemento ulteriore, quello della fede Ogni personaggio in Haxa ha un proprio credo ed è spinto nelle proprie azioni dalla fede in qualcosa che ritiene essere il bene più elevato.

È forse anche per questo motivo, per questo essere così strettamente legati tra loro ma al tempo stesso mossi da intenti diversi e indipendenti, che i personaggi di Haxa possono definirsi come spin-off della saga. Ognuno di loro potrebbe diventare protagonista di una nuova e diversa saga, ognuno di loro ha dietro una storia che merita di essere raccontata.

A tal proposito l’autore inserisce nel corso della storia delle pagine file che hanno proprio il compito di spiegare e approfondire ciò che i personaggi non dicono.

Ultima questione è quella della lingua. In Haxa Pellizzon sperimenta un insieme di lingue diverse tra inglese, giapponese e italiano fino a creare una lingua che si adatta ai diversi momenti della narrazione. Troviamo parole come gyangu, nechan, ocitsuke che diventano una sorta di gergo di strada usato da Sophia e dalle altre ragazze della gang.

La libertà creativa che Pellizzon riesce a esprimere e trascrivere nelle pagine di Haxa trova la sua massima espressione a livello grafico grazie all’uso di colori forti e intensi che sembrano vere e proprie esplosioni di magia sulla pagina. Lo stesso vale per i disegni, tavole di impatto con pagine in continua evoluzione.

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