Perché Harry Potter ci piace ancora così tanto

Harry Potter oggi ha 42 anni. Da quando si è diplomato a Hogwarts, fa l’auror al Ministero della Magia.
I primi anni sono stati entusiasmanti. In fin dei conti era pur sempre il mago che a 18 anni aveva sconfitto lo stregone oscuro più potente della sua epoca. Sconfitto non una volta, ma due. Il Ministero della Magia gli aveva fatto ponti d’oro. L’ufficio che si occupava di contrastare la magia oscura sembrava appartenergli per diritto di nascita.
Nei primi anni si era molto divertito. Aveva viaggiato molto, passando attraverso molte avventure che gli ricordavano quelle dei suoi anni a Hogwarts. E poi c’era Ginny, e i tre figli.
Tutto andava a gonfie vele.

Col passare del tempo, però le cose si erano raffreddate. Il lavoro al Ministero della Magia è diventato più noioso e a Harry sembrava sempre più spesso di non essere poi così diverso dai molti impiegati babbani che lavoravano nei loro banali Ministeri. I figli poi. Più diventavano grandi più sembravano voler staccarsi da lui, e anche con Ginny le cose non erano più smaglianti come all’inizio della loro storia.
Harry pensava a queste cose, mentre andava verso la sua stanza al Ministero, quando passò davanti a una porta che dava sul corridoio e che lui aveva sempre visto chiusa.
Quel giorno però non lo era e, da dentro, si sentivano diverse persone bisbigliare. Colto dalla curiosità, Harry si avvicinò alla porta e in quel momento accadde una cosa che non gli capitava da più di venti anni: la cicatrice sulla fronte iniziò a fargli male. Una scarica di dolore gli attraversò il capo: non appena si riprese si precipitò dentro alla stanza. Si ritrovò in uno stanzone polveroso, un deposito dei mobili del Ministero. All’interno non c’era più nessuno. La pulsazione che ancora insisteva sulla sua fronte non lasciava però spazio a dubbi.
Si precipitò alla sua scrivania, prese carta e penna, e iniziò a scrivere febbrilmente una lettera ai suoi amici Hermione e Ron…

Le mitologie sono come fili che permettono di tessere la stoffa delle storie all’infinito. Spaziano nel tempo, nello spazio, tra i generi, tra i temi.

Va da sé che Harry Potter è un’opera mitologica. Non si esaurisce nei sette libri canonici, tant’è che l’autrice ha continuato a scrivere attingendo allo stesso mondo anche in opere successive, sebbene l’abbia fatto con una certa parsimonia.
Quante storie si potrebbero raccontare con protagonisti Harry Potter e i suoi amici? Basterebbe recuperare una nuova incarnazione di Voldemort o un suo adepto sopravvissuto, e il meccanismo narrativo sarebbe di nuovo pronto per riprendere la sua marcia, andando pressoché in qualsiasi direzione.

E, in fin dei conti, quanti sono i temi che vengono trattati nella saga di Harry Potter? Certo, c’è il tema principale, il diventare adulti, con tutte le sofferenze e le rinunce che questo comporta.
Ma non è tutto qui.
Il potere, l’amore, la morte, il pregiudizio, la gestione del conflitto, le differenze tra persone, le discriminazioni sociali, il totalitarismo e il collasso della democrazia, il peso del passato che vincola le generazioni future… Sono tutti temi che la saga di Harry Potter tratta senza problemi, riuscendo a inglobarli senza fare una piega negli avvenimenti che racconta. Come sanno fare solo le opere mitologiche, appunto.

Rimane da capire perché Harry Potter sia riuscito ad arrivare a questo grado letterario, che così poche opere riescono a raggiungere. Tra i suoi illustri colleghi ci sono altri mostri sacri del fantasy, come Il Signore degli Anelli, il Trono di Spade, o – per passare al cinema – Guerre Stellari. Ma, per qualcuno che ce l’ha fatta, quante opere sono rimaste solo degli abbozzi mitologici, che rimangono solo nella sezione fantasy di qualche biblioteca di provincia?

Cosa fa sì quindi che Harry Potter ce l’abbia fatta? Era la disillusione della fine degli anni ’90, pronta a far spazio a un mondo magico e pieno di cose per cui lottare? È il fatto che la magia nel mondo di Harry Potter non è mai il fattore decisivo, ma solo un espediente per riflettere sulle scelte e le sfide che ognuno si trova ad affrontare? Era la semplicità della trama, dove in fin dei conti ci sono i buoni contro i cattivi per tutta la durata dell’opera? Oppure al contrario era il mondo profondo, complesso, coerente che Rowling è riuscita a creare?

Se c’è una cosa che mi è cara della letteratura è che è refrattaria a qualsivoglia tentativo di spiegazione. Il successo di un libro è molto raramente determinabile a priori – non parlo ovviamente dei libri costruiti a tavolino per vincere i premi letterari o per imbroccare qualche supposta ondata di viralità sui social.
Parlo di quei libri che si impongono sulla scena a dispetto di tutto, e senza che nessuno ci avesse scommesso. L’opera di Roberto Bolaño, Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert Pirsig, Il maestro e Margherita di Bulgakov e ovviamente Harry Potter, che ebbe una vita editoriale assai travagliata: sono tutte opere pubblicate quasi per caso, dopo molti rifiuti e molta incomprensione e che sono diventate dei classici.
Non è dato sapere come ci siano riusciti, e va bene così: è la magia che solo alla vera letteratura riesce.

Davide Martello

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