Il Cavallino rampante: da leggenda di un simbolo a simbolo di una leggenda

Qualcuno sostiene che attraverso la conoscenza del passato, spesso, è possibile decifrare il presente. Forse.. ma non sempre: almeno non nel caso della storia che ha portato la Ferrari ad essere identificata  da un lato all’altro del globo col “suo” universale simbolo del Cavallino.

Come negli intrugli da stregoni, per acciuffare il senso del prancing horse è necessario mettere insieme gli ingredienti più disparati, dagli occhi di drago alla polvere di meteorite, buttare tutto nel ribollente calderone della storia del Novecento e mescolare lentamente.

Il primo personaggio che ci occorre è un individuo stravagante, il capitano di cavalleria dell’esercito del Regno d’Italia Federico Caprilli, futuro inventore della  tecnica di equitazione naturale, piemontese formatosi all’Accademia Militare di Modena dalla quale esce nel 1888, anno nel quale nasce un altro celebre allievo della stessa scuola, l’ammiraglio Francesco Baracca, <<asso degli assi>> dell’aviazione italiana, figlio del conte Emilio Baracca, di Lugo, nel ravennate.

Federico Caprilli nel corso di un addestramento

Federico Caprilli nel corso di un addestramento

Caprilli partecipa nel 1902 ad un concorso internazionale a Torino durante il quale, alle redini del suo impareggiabile destriero Melope, si esibisce in un salto così eccezionale da guadagnarsi non solo il record mondiale di altezza raggiunta, ma anche l’appellativo di <<cavaliere volante>>.

L’episodio rimane nella memoria collettiva, mentre la retorica dannunziana di quegli anni inneggia alla modernità ed alle gesta eroiche di sfida quando non anche alla guerra mondiale che incombe. Sotto lo stesso cielo di vibranti spiriti “futuristi”, mentre la stella di Caprilli si spegne nel 1907 per una caduta letale dai contorni poco chiari, quella di Francesco Baracca si accende, attraverso le impavide battaglie condotte dall’aviatore simbolo della “Squadriglia degli Assi italiani”, punta di diamante dell’esercito e sinonimo di morte per i nemici dei cieli.

Baracca con sé portava sempre un gagliardetto, con su raffigurato un cavallino, nero e rampante, ai piedi del quale campegggiava il motto venustus et audax, bello e audace. Quello è lo stemma della Cavalleria piemontese, dello squadrone Piemonte reale capitanato da Federico Caprilli quindici anni prima, Caprilli, il cavaliere volante. Per Baracca un modello, oltre che un militare come lui, per giunta formatosi nella stessa sua accademia.

Francesco Baracca e lo Spad S.XIII con il cavallino rampante

Francesco Baracca e lo Spad S.XIII con il cavallino rampante

Così come Caprilli cadde col proprio cavallo, Baracca, nel 1918, precipitò col suo Spad. S XIII, il caccia monoposto su cui il Cavallino era stato anche dipinto, quasi ad effigie di ciò che quel biplano da guerra rappresentava: il Melope del cavaliere dell’aria Baracca.

Anche le circostanze della scomparsa dell’ammiraglio romagnolo furono fin da subito poco chiare, per non dire dipinte di tinte fosche, come era stato per Caprilli, tanto che quando il suo corpo venne ritrovato, all’iniziale tesi dell’abbattimento durante un duello bellico si affiancò quella del suicidio, avvalorata da un foro di proiettile all’altezza della tempia destra.

Nel nostro miscuglio aggiungiamo allora un venditore di auto emiliano, di Modena per la precisione. Enzo Anselmo Ferrari, nato a Modena il 18 febbraio 1898, a diciotto anni, sopravvissuto al primo conflitto mondiale, cerca fortuna in Fiat, dove viene assunto come collaudatore di automezzi pesanti, per poi passare all’Alfa Romeo, della quale diviene prima pilota, poi collaboratore commerciale e, infine, capo del reparto corse.

Enzo Ferrari e i suoi meccanici sull'Alfa Romeo RL SS con la quale vinse la Coppa delle Alpi nel 1923

Enzo Ferrari e i suoi meccanici sull’Alfa Romeo RL SS con la quale vinse la Coppa delle Alpi nel 1923

Nel 1923 Ferrari è sul circuito del Savio, in provincia di Ravenna, e guida una delle “sue” Alfa, con a fianco il fedele meccanico Giulio Ramponi. I due segnano un successo, e lo stesso Enzo scriverà, anni dopo, come si consumò in quell’occasione l’intreccio magico, in un certo senso iconico e cruciale per il suo avvenire: “Quando vinsi nel ’23 il primo circuito del Savio, che si correva a Ravenna, conobbi il Conte Enrico Baracca, padre dell’eroe e successivamente la madre, la contessa Paolina. Fu lei a dirmi, un giorno, “Ferrari, perché non mette sulle sue macchine il cavallino rampante di mio figlio? Le porterebbe fortuna”. Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica dei genitori, in cui mi affidano l’emblema. Il cavallino era ed è rimasto nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena.”

Ferrari e Ramponi in gara al Circuito del Savio, giugno 1923

Ferrari e Ramponi in gara al Circuito del Savio sull’Alfa Romeo RL Targa Florio, giugno 1923

Ferrari, amante dell’ideale della sfida, che a suo modo interpreta nella progettazione di vetture da gara con le quali spingersi sempre fino al limite, era evidentemente affascinato dalla figura di chi, come Francesco Baracca, aveva fatto di quello stesso ideale un modello di vita. Ammirazione ma anche sentimento di appartenenza comune: un emiliano ed un romagnolo, figli della stessa terra.

La vita di Ferrari prosegue all’insegna dei motori fino a quando, nove anni dopo l’incontro col conte Baracca, il 27 gennaio 1932,  dalla gestione sportiva Alfa esce la nuova 2300 8C MM pronta per correre nella stagione agonistica.

L'Alfa 2300 8C MM ad una rievocazione, il Cavallino rampante fa la sua apparizione

L’Alfa 2300 8C MM ad una rievocazione, il Cavallino rampante fa la sua apparizione

In occasione della 24 ore di Spa-Francorchamps, il neonato bolide per la prima volta sfoggia ai lati del cofano il simbolo del cavallino rampante.

L’auto scriverà diverse pagine delle competizioni di quegli anni, mentre l’emblema diverrà un marchio inconfondibile, con almeno quindici anni di anticipo rispetto alla prima vera auto della Scuderia Ferrari, che vide la luce solo nel 1947.

La storia di Enzo Ferrari viene ricordata non soltanto per gli enormi traguardi raggiunti dal Ferrari costruttore di automobili, ma anche per le tragedie che hanno accompagnato il Ferrari uomo nel corso degli anni, come la perdita del padre a sedici anni, subito seguita da quella del fratello, come ancora la morte del figlio Dino, scomparso a 24 anni a causa di una distrofia muscolare progressiva.

Gli accadimenti tragici della vita di Ferrari tracciano un filo invisibile con le stesse tragedie che, in fondo, avevano portato a Ferrari il suo simbolo, quel Cavallino che Baracca non avrebbe dipinto sul suo aereo se il capitano Caprilli non fosse scomparso così prematuramente da divenire un’icona, così come i conti Baracca non avrebbero sentito il bisogno di tenere viva la memoria del  figlio caduto, l’asso dei cieli, donando a quel pilota da cui compravano le Alfa lo stemma che ne simboleggiava le imprese.

Tutto questo, ottantuno anni fa, portò alla nascita del logo di quella che è considerata la casa automobilistica più prestigiosa al mondo, universalmente riconosciuta come eccellenza motoristica del nostro paese.

Ferrari, intercettò il valore simbolico di quel cavallino: quasi un monito a seguire la propria passione oltre ogni limite, compreso quello della vita. Scelse di esporlo sulle proprie auto, creature della sua ingestibile ed unica vocazione. In età avanzata, intervistato, disse<<Ho trovato uomini che indubbiamente amavano come me l’automobile. Ma forse non ne ho trovati altri con la mia ostinazione, animati da questa passione dominante nella vita che a me ha tolto il tempo e il gusto per quasi ogni altra cosa. Io non ho alcun diverso interesse dalla macchina da corsa.>>

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Ferrari accanto ad alcune “sue” storiche vetture da competizione

Si potrebbe dire che Ferrari volle dare alle Rosse di Maranello un’anima: ognuna delle vetture uscite da sessant’anni a questa parte dalla fabbrica, infatti, porta con sé, senza saperlo, la storia non solo di Melope, ma del mito, del mistero e delle suggestioni anche drammatiche che quel Cavallino ha sempre incarnato.

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