Uso sbagliato del verbo «sabotare»

Questa è una storia che comincia nel settembre 2013 e si conclude il 19 ottobre 2015.

Questa non è una storia. O meglio, non una storia inventata, di quelle che si leggono nei romanzi.

Questo è un fatto di cronaca. Questo è il tentato sabotaggio alla libertà di parola.

Questo è un processo che imbarazza la giustizia italiana, stando a Le Monde.

Il 10 settembre 2013 una denuncia viene depositata presso la procura della Repubblica di Torino. È la denuncia contro lo scrittore Erri De Luca da parte della LTF, la ditta che si occupa della linea Tav Torino-Lione. Questa accusa nasce da alcune frasi pronunciate dallo scrittore e pubblicate su Huffington Post Italia e Ansa.

Nell’intervista di Laura Eduati a Erri De Luca, pubblicata l’1 settembre 2013 sull’Huffington Post, lo scrittore commenta le parole del procuratore Giancarlo Caselli che accusa gli intellettuali di sinistra di sottovalutare l’allarme terroristico in Val di Susa. Caselli non cita esplicitamente i nomi, ma probabilmente nella cerchia sono compresi anche Erri De Luca e Gianni Vattimo.

Erri De Luca pronuncia le parole per cui sarà accusato: «Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo». Poi, lo scrittore, continua dicendo che la Tav «non è una decisione politica, bensì una decisione presa dalle banche e da coloro che devono lucrare a danno della vita e della salute di una intera valle. La politica ha semplicemente e servilmente dato il via libera».

L’avvocato della L.T.F. S.A.S. (Lyon Turin ferroviaire) è Marco Rettinghieri che scrive nella denuncia che le affermazioni di De Luca «nulla hanno a che vedere con la libertà di manifestazione del pensiero in quanto, già di per sé, configurano un invito, e cioè un’istigazione a compiere atti illeciti, il sabotaggio della Tav» e continua scrivendo che «le dichiarazioni del De Luca sono un chiaro incitamento alla violenza idoneo a suscitare consensi tra gli attivisti No Tav, peraltro distintisi anche di recente con episodi preparatori di azioni violente con armi».

Il 24 febbraio 2014, gli Agenti della Digos, giungono presso la casa dello scrittore e gli consegnano la copia di avviso all’indagato.

Il 5 giugno 2014 si svolge a porte chiuse l’udienza preliminare alla presenza dei pubblici ministeri Padalino e Rinaudo, degli avvocati difensori Gianluca Vitale e Alessandra Ballerini, dell’avvocato della LTF costituitasi parte civela. La difesa non richiede il ricorso al rito abbreviato, l’udienza non si conclude e viene aggiornata al 9 giugno. (La parola contraria – De Luca)

Il 9 giugno 2014 il giudice Ruscello stabilisce il rinvio al giudizio per il 28 gennaio 2015, ma De Luca sceglie di non presenziare alle udienze perché a porte chiuse.

Il 19 ottobre 2015, Erri De Luca viene assolto. 103432850-5c1cc192-75d8-42e0-8e61-86bba3db1304

Il 2 febbraio 2015 Erri De Luca scrive le seguenti parole alla casa editrice Feltrinelli:

«Fosse capitato a un altro scrittore, poeta, filosofo, scienziato di essere incriminato per la sua parola contraria, sarei andato al suo processo. Avrei voluto ascoltare gli argomenti della pubblica accusa e della parte civile, per sapere in che tempo e in che paese mi trovo.
Nell’aula 52 del Tribunale di Torino il 28 gennaio 2015 c’era, fitta in piedi come in tram, una piccola folla di lettori.
Di scrittori erano presenti un uomo, Fabio Geda, e una donna, Laura Pariani, a nome personale e non delegati di una categoria assente.
Fuori di quell’aula e nei giorni precedenti altri gruppi di lettori si riunivano per leggere a voce alta le pagine di uno scrittore incriminato. Non credo sia successa prima una simile volontà di difendere con appuntamenti di letture uno scrittore sotto processo. In piccoli e grandi centri, in Italia e all’estero, alla pubblica accusa ha risposto la pubblica difesa, spontanea e corale.
Spero non dispiaccia ai miei avvocati Alessandra Ballerini e Gianluca Vitale, che io assegni a queste letture il primato della mia difesa. Poi lo assegno all’editore dei miei libri, Feltrinelli, che ha voluto pubblicare “La Parola Contraria” a un prezzo minimo, utile allo spargimento. Lo stesso succede in Francia, Germania, Spagna.
Devo alla stampa estera un’attenzione che costringe quella nostrana a seguire il processo con un imbarazzato sforzo di obiettività.
Comunque vada il caso giudiziario, ho potuto spiegare le mie ragioni.
Per questo non presento appello in caso di condanna. Il mio pacco di sale l’ho sparso sul terreno dell’accusa perché sia inservibile una seconda volta. Non sono il primo scrittore incriminato, desidero essere l’ultimo.
Erri»

 Cos’è La parola contraria? È un testo di difesa e di denuncia contro chi non vuole che l’articolo 21 della Costituzione italiana sia un diritto per tutti: «All’uscita dell’udienza preliminare del 5 giugno 2014 a Torino i pubblici ministeri dichiarano al Corriere della Sera: “Al barbiere di Bussoleno possiamo perdonare se dice di tagliare le reti, a un poeta, a un intellettuale come lui, no”». Perché?

È innegabile che uno scrittore – o per meglio dire, un intellettuale – possa influenzare una popolazione, ma questo capita sempre. Pensate ai demagoghi o alla televisione. Scrive De Luca: «Se dalla parola pubblica di uno scrittore seguono azioni, questo è un risultato ingovernabile e fuori del suo controllo».

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni. (Articolo 21)

Quello che, però, è necessario approfondire è ciò che è nascosto dietro il velo. Non è stato lo Stato a ritenersi danneggiato dalle parole di De Luca, ma una ditta privata. E, soprattutto, la denuncia della LTF è indirizzata ai pubblici ministeri Paladino e Rinaudo. Dunque, è la ditta che ha scelto i magistrati a cui assegnare il procedimento.

«Le denunce si presentano alle procure della Repubblica, alle quali spetta dare l’incarico ai magistrati. La ditta gode di un percorso preferenziale e fa da sé. Esiste alla procura di Torino un pubblico ufficio di magistrati adibiti a difesa privata della ditta LTF?»

De Luca è accusato di avere utilizzato il verbo sabotare, ma il verbo sabotare ha vasta applicazione in senso figurato e coincide con il significato di ostacolare. Lo scrittore fa alcuni esempi: uno sciopero può sabotare un servizio, un soldato che esegue male un ordine, lo sabota, un ostruzionismo parlamentare contro un disegno di legge, lo sabota. De Luca si batte come cittadino, non come intellettuale. De Luca si batte in nome della lingua italiana perché afferma: «Accolgo di buon grado una condanna penale, non una riduzione di vocabolario». Ed è anche curioso il fatto che i pubblici ministeri non abbiano mai richiesto all’Huffington Post o all’Ansa di rimuovere le frasi dello scrittore. Quelle che avrebbero spinto i giovani a sabotare la Tav. cropped-10265500_10203202121126490_5212383571059543346_o

Prima di vedere le motivazioni per cui il progetto della Tav non dovrebbe essere portato a termine secondo De Luca, vediamo cos’è questa parola contraria:

«In margine al diritto di parola contraria, desidero scrivere che per me si tratta di dovere. […] Per me, da scrittore e da cittadino, la parola contraria è un dovere prima di essere un diritto. Torto: non sto subendo un torto, che riguarda un comportamento scorretto tra privati. Un torto lo può fare un automobilista a un incrocio. Sto subendo un abuso di potere da parte della pubblica accusa che vuole impedire, dunque sabotare, il mio diritto di manifestazione verbale. Sto subendo un processo per questo e non lo sgarbo di un estraneo».

De Luca ci tiene a precisare che se avesse inteso il verbo sabotare in senso di danneggiamento materiale, sarebbe stato lì a farlo. Ma prima di andare contro coloro che non vogliono la Tav, occorrerebbe un minimo di informazione in più. Per esempio, è interessante sapere che dallo scavo di prova geognostica la Val di Susa comincia a ricevere le dosi quotidiane di polveri di amianto: chi le riceve, in primis, sono gli operai e le unità in divisa. I sindacati di polizia se ne sono preoccupati e hanno ottenuto come unico rimedio alla contaminazione l’annaffiamento delle strade intorno al cantiere. Ma l’amianto non è solubile in acqua, non esiste un’esposizione sicura all’amianto. Inoltre, le montagne da perforare sono anche giacimenti di pechblenda: «è un materiale radioattivo più concentrato di quell’uranio impoverito per usi militari, responsabile dei tumori dei nostri militari impegnati nei Balcani. Informati o no, gli agenti impiegati a presidiare il cantiere della linea Tav sono una delle varianti infelici del film di Clouzot (Le salaire de la peur n.d.a). Stanno nella scia di quel salario della paura, pagato per giunta a prezzi modici.  […] Fermare quello scavo avrà l’effetto di allungare le vite di quegli uomini esposti alla malora in cambio di salario».

Non dovevamo parlare di Tav, del se sia giusto o meno costruirla, ma focalizzarci sul fatto che ad uno scrittore è stato negato il diritto alla libertà di parola, qualunque essa fosse. Molte sono state le persone che si sono impegnate a lottare per Erri e con Erri, creando la seguente pagina internet http://iostoconerri.net/ e utilizzando sui vari social network l’hashtag #iostoconerri.

Prima dell’udienza del 19 ottobre, De Luca scrive: «Ho espresso la mia opinione e vogliono condannarmi per questo. Vittima per ora è l’articolo 21 della Costituzione italiana. Sono e resterò, anche se condannato, testimone di sabotaggio, cioè: di intralcio, di ostacolo, di impedimento della libertà di parola contraria».

Stavolta, la parola contraria ha vinto. Il 19 ottobre De Luca è stato assolto e con lui l’articolo 21 della Costituzione.

Le foto sono prese dal sito http://iostoconerri.net/

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