Il sindaco Marino

Il marziano torna a casa. Cronistoria di un sindaco e di una città marcia

“Chi mi ha accoltellato ha 26 nomi e cognomi e un solo mandante”. Ignazio Marino commenta così la fine del suo mandato da sindaco di Roma, che si conclude dopo due anni e qualche mese.

Il marziano cade insieme a Giunta e Assemblea Capitolina dopo la firma in Campidoglio di 26 consiglieri comunali, avvenuta nel tardo pomeriggio del 30 novembre. Questo atto pone fine a un periodo travagliato per la capitale e le sue istituzioni. Le motivazioni vengono da lontano e coinvolgono la stessa figura di Marino, politico atipico e distante dagli umori della capitale, come testimonia l’appellativo di marziano che lo accompagna fin dai primi mesi.

Molti sono i punti controversi che hanno caratterizzato il suo mandato, dal registro delle Unioni Civili all’apertura della Metro C. Esemplare è la pedonalizzazione dei Fori Imperiali, finalizzata a tutelare il patrimonio artistico della Capitale, apprezzata dai turisti quanto mal digerita dai romani per le sue ripercussioni su traffico e viabilità.

Ma è nel 2Colosseo014, con i primi arresti di Mafia Capitale, che l’ambiente politico romano vive la sua prima fase di accuse incrociate e tentennamenti. Tra i reati spicca l’associazione a delinquere di stampo mafioso. L’operazione, senza precedenti nella storia recente di Roma, porta subito all’arresto di 29 persone, i domiciliari per altre 8 e 100 indagati. Il terremoto politico-giudiziario coinvolge la scena politica in maniera bipartisan, ma a pagarne le spese è soprattutto Marino, pur non essendo indagato, colpevole di aver scelto le persone sbagliate e di non essere riuscito a risolvere ciò che aveva ereditato dalla giunta Alemanno.

Roma si riscopre una città marcia, dove i Casamonica possono permettersi di organizzare un funerale show con carrozze e petali di rosa. Il marziano diventa il perfetto capro espiatorio di una situazione insostenibile, di un degrado che coinvolge tutta la città e che arriva persino sulle pagine del New York Times. Marino non ha più l’appoggio della Chiesa, fondamentale per chi governa la Capitale. Le parole del Papa di ritorno dagli Stati Uniti suonano come una scomunica verso Marino, creando il gelo tra primo cittadino e ambienti ecclesiastici.

Marino e Renzi

Marino e Renzi

Ma a mancare a Marino per tutto l’arco del suo mandato è stato proprio l’appoggio del suo partito, il PD. La polemica sugli scontrini e sulle spese di rappresentanza è il pretesto per sfiduciare formalmente il primo cittadino, vittima del fuoco amico del presidente del Partito Democratico Matteo Orfini e dello stesso presidente del consiglio Matteo Renzi. Le dimissioni di Marino, subito ritirate, dividono la città. Gli hashtag #marinodimettiti e #marinoresisti, virali su Twitter, lo rendono protagonista del dibattito politico nazionale, tra chi invoca un modello Expo per Roma e chi si domanda sull’ingerenza dell’azione governativa sulla politica locale. Troppo persino per un marziano.

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