Pier Paolo Pasolini a fumetti

Mi chiederai tu, morto disadorno, d’abbandonare questa disperata passione di essere nel mondo? (Le ceneri di Gramsci)

Parlare di Pier Paolo Pasolini è tutto fuorché semplice. Quarant’anni sono passati da quel 2 novembre 1975, giorno in cui fu trovato senza vita all’Idroscalo di Ostia. La poliedricità di Pasolini, che dalla letteratura tocca la poesia, dal giornalismo il cinema, dalla drammaturgia l’editoria, permette al lettore di conoscerlo davvero a fondo?

Qualcuno ci ha provato e ci è anche riuscito. Tra questi “qualcuno” c’è Davide Toffolo, fumettista, ma sicuramente più noto per il suo ruolo di cantante e chitarrista all’interno del gruppo dei Tre allegri ragazzi morti. Il fumetto, inizialmente pubblicato nel 2002 da Biblioteca dell’Immagine con il titolo Intervista a Pasolini, viene poi ristampato prima da Coconino Press e poi, lo scorso 22 ottobre, da Rizzoli Lizard con il titolo Pasolini.

Foto 27-11-15, 13 28 16Un giovane ragazzo (che ricorda Toffolo stesso) si trova a Versuta, località del comune di Casarsa, luogo d’infanzia pasoliniano. Il giovane è andato a visitare alcuni luoghi vissuti da Pasolini per prepararsi a un’intervista. Un certo sig. Pasolini vuole essere intervistato dal ragazzo. Non è Pier Paolo Pasolini, lui è morto da ventisette anni. Ma allora chi è? O meglio, cos’è? Un fantasma? Possibile. Ma sia le sembianze, sia la voce ricordano moltissimo PPP. Toffolo riesce, attraverso i disegni e le parole proferite dal sig. Pasolini a rendere l’idea di chi sia stato PPP e quanto abbia donato alla cultura italiana. Impossibile in un concentrato di centoquaranta pagine approfondire tutto quello che Pasolini ha scritto, scritturato, prodotto, ma non arduo tentare di delineare il suo pensiero, o almeno in parte, come quello riguardante la borghesia.

Negli Scritti corsari, raccolta di articoli per il Corriere della Sera, Pasolini parla di borghesia, la maggior parte dei suoi articoli hanno come obiettivo la denuncia nei confronti del sistema. Per Pasolini, la borghesia non è solo una classe sociale, ma una forma di vita. Nel 1968, Pasolini scrive e scrittura Teorema: il testo e di conseguenza il film propongono allegoricamente l’esperienza del sesso e del sacrificio come unica via di fuga. Quando il borghese si confronta con l’elemento eliminato dalla sua razionalità ovvero la sacralità, il contatto è così forte da portare alla perdita di identità e di alienazione. Dopo il ’68 vi è la prima rivoluzione borghese di destra: il consumismo produce una mutazione antropologica fondata sull’omologazione e il genocidio (va eliminata ogni forma di vita minore). Con la parola “teorema” Pasolini vuole indicare una dimostrazione: cosa avviene quando i componenti di una famiglia alto borghese vengono a contatto con un elemento alieno, chiamato l’Ospite. Il teorema si sviluppa come un referto, il suo aspetto è quello del codice. Pasolini presenta i personaggi con una serie di ritratti che alludono a una dimensione visiva (non a caso la parola teorema proviene dal greco theorein che significa guardare). Il racconto ha un tono neutro, come se qualcuno stesse solo osservando un’opera dipinta. Tutti i componenti della famiglia borghese vengono conquistati dal sesso sacro dell’ospite, del quale i comportamenti sono sia materni che paterni, come se fosse una specie di androgino. Il ventisettesimo capitolo intitolato «Gli Ebrei si incamminarono…» si apre con la frase: «Gli Ebrei si incamminarono verso il deserto». Il deserto è il simbolo di Unicità, percepita dagli Ebrei. Secondo R. Rinaldi, l’immagine del deserto rappresenta il principio di realtà perduto dalla borghesia nel suo sogno fittizio: il trionfo di un Reale non più divino. Ipotesi che si può capovolgere pensando che il rapporto sessuale che i membri della famiglia hanno con l’Ospite sia l’unico momento reale in quanto sacro e ciò accelera la chiusura dei personaggi in un mondo indifferenziato, vale a dire quello del deserto.

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Ma torniamo al giovane che sta intervistando Pasolini con la telecamera. Il sig. Pasolini parla del suo arrivo a Roma negli anni ’50 e del processo che il suo romanzo Ragazzi di vita subì, accusato di scurrilità e oscenità. In questi racconti ambientati nel secondo dopoguerra, si parla del passaggio dall’infanzia alla prima giovinezza.Foto 27-11-15, 13 30 54

I personaggi sono dei ragazzi, ragazzi di vita per l’appunto, ragazzi che vivono la Capitale. Roma è la protagonista in senso vero e proprio e viene descritta attraverso lo sguardo dei suoi personaggi che parlano in romanesco. Pasolini ha una passione per i dialetti, lingue vive perché parlate dal popolo e allo stesso tempo lingue morte perché non scritte dato che l’italiano non lo permette.

La prima intervista si conclude, Davide, il giovane, giunge a Bologna dove il sig. Pasolini gli ha dato il secondo appuntamento. Dopo un giro per la rossa Bologna, il giovane incontra il sig. Pasolini che gli parla della sua esperienza con il cinema.

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E dopo Davide domanda: «Lei, sig. Pasolini, come si vede nel panorama culturale attuale?» La mia indipendenza che è la mia forza, implica la solitudine che è…la mia debolezza.

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 La terza intervista si svolge a Roma. Davide arriva fino all’Appia Antica, luogo in cui Pasolini girò La ricotta nel 1963. In Pasolini vi è il richiamo ai pittori del tardo ‘500, ne La ricotta, Pasolini sfrutta un richiamo manierista: Orson Welles gira un film sulla crocifissione e crea un quadro vivente ispirato alle deposizioni di Pontormo e Rosso Fiorentino.

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Con lo scooter, Davide arriva fino a Ostia, dove fu trovato il cadavere di Pasolini. Lì, vi è una scultura bianca per ricordare il 2 novembre 1975.

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«I capelli impastati di sangue gli ricadevano sulla fronte, escoriata e lacerata. La faccia deformata dal gonfiore era nera di lividi, di ferite. Nerolivide e rosse di sangue anche le braccia, le mani. Le dita della mano sinistra fratturate e tagliate. La mascella sinistra fratturata. Il naso appiattito deviato verso destra. Le orecchie tagliate a metà, e quella sinistra divelta, strappata via. Ferite sulle spalle, sul torace, sui lombi, con i segni dei pneumatici della sua macchina sotto cui era stato schiacciato. Un’orribile lacerazione tra il collo e la nuca. Dieci costole fratturate, fratturato lo sterno. Il fegato lacerato in due punti. Il cuore scoppiato.» (Cronache giudiziarie, Perizie del collegio di difesa, Corriere della Sera, 2 novembre 1977)

Il sig. Pasolini si palesa a Davide dopo un po’, sembra più vecchio. Stavolta la voce è più forte che mai, quasi come se il trovarsi nel luogo in cui venne ucciso sia un motivo per rivelare una certa indignazione per il fatto di non aver mai nascosto il suo pensiero e soprattutto la sua omofilia. L’intervista non si conclude e a Davide non resta che aspettare un’altra mail dal sig. Pasolini che stavolta gli dà appuntamento sull’Etna, luogo in cui Pasolini girò quattro film: Il Vangelo secondo Matteo, Porcile, Teorema e I racconti di Canterbury. Davide si assopisce, vede un cane che gli ricorda quello visto a Ostia, gli sembra di riconoscere la fisionomia del sig. Pasolini. Foto 27-11-15, 13 34 42

«Desideriamo essere distrutti da un “sistema” che noi rifiutiamo. Per questo io penso che la disperazione è oggi l’unica reazione possibile!!! L’unica possibile all’ingiustizia e alla volgarità del mondo, ma solo se individuale e non codificata. Tu la senti la disperazione?» (Pasolini – Toffolo) Quella disperata passione di essere nel mondo.

Davide sa di dovere tornare a casa. Non incontrerà più il sig. Pasolini. Il 28 giugno 2002 si trova a Grado, Laguna. Si immerge nell’acqua. Scende la notte, si stende sull’erba. Tutto intorno è pieno di lucciole. (Sono tornate?)Foto 27-11-15, 13 36 01

Ne L’Affaire Moro di Leonardo Sciascia, lo scrittore dedica le prime pagine proprio a Pasolini: «Ieri sera, uscendo per una passeggiata, ho visto nella crepa di un muro una lucciola. Non ne vedevo, in questa campagna, da almeno quarant’anni: e perciò credetti dapprima si trattasse di uno schisto del gesso con cui erano state murate le pietre o di una scaglia di specchio; e che la luce della luna, ricamandosi tra le fronde, ne traesse quei riflessi verdastri. Non potevo subito pensare a un ritorno delle lucciole, dopo tanti anni che erano scomparse. Erano ormai un ricordo: dell’infanzia allora attenta alle piccole cose della natura, che di quelle cose sapeva fare giuoco e gioia. Le lucciole le chiamavano cannileddi di picuraru, così i contadini le chiamavano. Tanto consideravano greve la vita del pecoraio, le notti passate a guardia della mandria che gli largivano le lucciole come reliquia o memoria di luce nella paurosa oscurità. Paurosa per gli abigeati frequenti. Paurosa perché bambini erano di solito quelli che si lasciavano a guardia delle pecore. Le candeline del pecoraio, dunque. E ogni tanto ne prendevamo qualcuna, la tenevamo delicatamente chiusa nel pugno per poi aprirne a sorpresa, tra i più piccoli di noi, quella fosforescenza smeraldina. Era proprio una lucciola, nella crepa del muro. Ne ebbi una gioia intensa. E come doppia. E come sdoppiata. La gioia di un tempo ritrovato – l’infanzia, i ricordi, questo stesso luogo ora silenzioso pieno di voci e di giuochi – e di un tempo da trovare, da inventare. Con Pasolini. Per Pasolini. Pasolini ormai fuori del tempo ma non ancora, in questo terribile paese che l’Italia è diventato, mutato in se stesso. […] Fraterno e lontano, Pasolini per me». (L’Affaire Moro – Leonardo Sciascia)

Le lucciole si riferiscono a L’articolo delle lucciole, scritto da Pasolini e pubblicato l’1 febbraio 1975. Pasolini parla della DC che ha avuto due fasi: dalla fine della guerra alla scomparsa delle lucciole e dalla scomparsa delle lucciole a oggi. Nella fase Prima della scomparsa delle lucciole vi è continuità assoluta, secondo Pasolini, tra fascismo fascista e fascismo democristiano. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista era solo formale. Nella fase Durante la scomparsa delle lucciole, il PCI e gli intellettuali, secondo Pasolini, non si stavano accorgendo della scomparsa delle lucciole. Nella fase Dopo la scomparsa delle lucciole i vecchi valori quali Chiesa, patria, famiglia, non contano più. Questi valori vengono sostituiti da un nuovo tipo di civiltà. Il trauma italiano del contatto tra l’arcaicità pluralistica e il livellamento industriale ha un precedente secondo Pasolini: la Germania prima di Hitler. Anche qui i valori delle culture particolaristiche sono stati distrutti dall’omologazione dell’industrializzazione con conseguenze di masse non antiche (artigiane) e non ancora moderne (borghesi) che hanno costituito le truppe naziste. In Italia succede una cosa simile perché l’industrializzazione del ’70 costituisce una mutazione: gli italiani vengono definiti un popolo ridicolo perché il potere dei consumi lo ha reso tale fino alla degradazione. I democristiani vengono definiti maschere funebri, gli appartenenti alla DC non avevano capito che il potere stava subendo un cambiamento: per esempio, erano convinti di poter contare sul Vaticano, su un esercito nazionalista, il potere imponeva cambiamenti radicali. Ma i sintomi si notano soltanto nella lingua, durante la scomparsa delle lucciole gli uomini democristiani hanno cambiato il loro modo di esprimersi con un linguaggio nuovo, ma incomprensibile: tra questi, soprattutto Aldo Moro (per approfondimenti si leggano Todo Modo e L’Affaire Moro di Leonardo Sciascia).

A mio avviso, l’intervista al sig. Pasolini fatta da Toffolo permette a coloro che non conoscono Pasolini (o che lo conoscono poco) un ritratto fedele e agli appassionati di quest’immenso scrittore, poeta, giornalista, un modo per entrare in contatto con lui. Proprio come ha fatto Davide.

Oltre al fumetto Pasolini, edito da Rizzoli Lizard, si è utilizzato Teorema (Garzanti), Le ceneri di Gramsci (Garzanti), L’Affaire Moro (Adelphi),  Pier Paolo Pasolini (Mondadori) scritto da M. Bazzocchi, il quale ha anche scritto la postfazione al fumetto.

Tutte le fotografie sono state scattate dalla sottoscritta.

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