I giorni che scompaiono: sulla caducità del tempo e la perdita d’identità

Il tempo è fugace: come un tiranno con i suoi sudditi costringe gli esseri umani alla corsa, alla fretta. Di tempo non bisogna sprecarne nemmeno un minuto, lo abbiamo imparato a scuola, quel carpe diem di Orazio riecheggia nella mente di tutti, alcuni se lo tatuano addosso per ricordarsi che la vita è una, è breve e ogni attimo è prezioso. Il tempo, l’ubiquità e la dualità sono tematiche portanti de I giorni che scompaiono, intenso graphic novel di Timothé Le Boucher pubblicato in Italia da Bao Publishing.

Lubin è un ragazzo con una vita normale. Come molti suoi coetanei, si guadagna da vivere lavorando in un negozio, in attesa che quello che fa per passione – l’acrobata – diventi un mestiere e un lavoro remunerato. Un giorno, durante le prove, cade e sbatte la testa. L’indomani si sveglia e, arrivato al lavoro, scopre dal suo migliore amico Léandre che in realtà sono passati due giorni, ma Lubin non ricorda nulla del giorno prima, come se non avesse vissuto.

Il problema comincia a farsi serio perché diventa ricorrente e, preoccupato, Lubin decide di aprirsi con Gabrielle, la sua ragazza, e con gli amici. Una notte lascia la telecamera accesa per filmarsi e – due giorni dopo – riguardando il video, vede un altro sé. Così Lubin decide di stabilire un contatto e utilizza la videocamera per filmarsi, chiedendo all’altro di fare lo stesso. Un’idea geniale quella di conoscersi attraverso i video: il protagonista inizialmente tenta un approccio gentile per limitare i danni alla sua persona, ma le cose si complicano. I due vivono una vita parallela e totalmente diversa. Da un lato c’è Lubin il narratore alle prese con la sua relazione, con le prove della compagnia ma soprattutto con la cognizione di perdere attimi preziosi della sua vita. Privato del suo tempo, prigioniero dell’altro che, al contrario, comincia a fare carriera e a non assecondare più le scelte del narratore.

 

Se prima Lubin doveva sacrificare soltanto 24 ore della sua vita, andando più avanti i giorni di intervallo tra un risveglio e l’altro aumentano: tre, quattro giorni, una settimana. E così Lubin deve fare i conti con tutto ciò che gli è più caro: il suo sogno di diventare un acrobata professionista, la sua relazione ormai instabile con Gabrielle, ma anche le normali uscite con Léandre e il resto del gruppo. Lubin deve fronteggiare non solo la perdita del controllo, la forza che l’altro sé giorno dopo giorno acquisisce, ma anche la lenta scomparsa di chi era e di chi è, delle sue ambizioni, dei suoi sogni, dei suoi legami.

Una storia inquietante, carica di angoscia e di suspense. La narrazione da un solo punto di vista, quello di Lubin, permette al lettore di creare una forte empatia con lui. Man mano che la narrazione va avanti, passano anche gli anni che portano con sé separazioni, perdite e dolore. Sebbene i due Lubin predominino la scena, c’è posto anche per altri personaggi, accuratamente definiti dai comportamenti e dalle loro relazioni con il narratore. Tra tutti spiccano Tamara, una femme fatale, caporale dell’esercito ed Héloise, la sorella giramondo di Lubin.

I giorni che scompaiono, terzo graphic novel di Timothé Le Boucher, il primo a essere pubblicato in Italia, è un’opera geniale. Da un lato c’è la sceneggiatura complessa che abbraccia l’arco di una vita senza perdere mai di vista la linearità; dall’altro i disegni che denotano un’elevata concentrazione sulle espressioni, sui paesaggi e su diversi dettagli. L’ingranaggio che fa funzionare tutto alla perfezione è, senza dubbio, la storia che induce a una riflessione sulla propria identità, sulla caducità del tempo e su come gli uomini, in fondo, ne siano schiavi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.