La rivincita dei nerd

Essere nati negli anni Ottanta comporta possedere tre tratti caratterizzanti: conoscere un’infinità di cartoni animati giapponesi, recitare a memoria tutti gli spot passati sulle TV private tra il 1985 e il 1999 e aver vissuto, in modo più o meno consapevole, la rivoluzione culturale dei videogiochi.

Lorenzo Fantoni, classe 1981, ripercorre quest’ultima in Vivere mille vite, una “Storia familiare dei videogiochi”, come recita il sottotitolo, pubblicata da effequ nella collana saggi pop. È un tesoro inestimabile, questa piccola casa editrice toscana, perché guarda la contemporaneità con occhio intelligente e non convenzionale, proponendo un catalogo trasversale che intrattiene, informa e ha il coraggio di accogliere quello che, spesso, il mainstream nasconde sotto il tappeto.

Vivere mille vite è un open world, come quei videogiochi che si possono esplorare in lungo e in largo senza una rigida concatenazione di eventi: lo si può leggere in ordine cronologico, saltare da un capitolo all’altro, oppure seguire dei percorsi tematici che l’autore propone in apertura. Insomma, è più Red Dead Redemption che Super Mario Bros, a cui lo accomuna comunque una certa immediatezza espressiva nella forma. Ma la particolarità sta proprio nella parola “familiare” citata qualche riga più su. Perché Fantoni si lancia nell’impresa di esplorare la storia del mondo videoludico parallelamente alla sua storia personale, raccontando al lettore come l’evoluzione del mezzo e del linguaggio abbiano influenzato la sua stessa vita.

L’esperimento è interessante anche nella sua disomogeneità, perché se è vero che in alcuni capitoli zeppi di aneddoti, nomi, date e tecnicismi l’autore rimane sullo sfondo, in quelli più riusciti il livello emotivo si alza e il videogioco si fa riscatto sociale, terapia, mezzo di aggregazione, riferimento culturale in continuo divenire che non è più possibile ignorare. Il punto di vista è intelligente perché permette a Fantoni di parlare, in filigrana, della sua generazione, i millennials di primissima linea. Quelli che, come i videogiochi, sono nati in un’epoca instabile e tendente al vuoto, costretti a reinventarsi e reinventare il linguaggio della loro stessa narrazione. Guardati spesso con sospetto dal vecchio che non cede il passo, considerati “giovani” a quarant’anni e incalzati dai veri giovani, che già spingono alle loro spalle per cambiare il panorama.

Ecco quindi che Vivere mille vite diventa il titolo perfetto, il manifesto di una generazione che non molla mai e si adatta a vestire panni sempre diversi. Perché sa che Super Mario non muore, ma allarga semplicemente le braccia e ricomincia da capo il livello. Gente che è cresciuta amministrando le poche monetine che aveva in tasca, sfidando un conto alla rovescia che chiedeva sprezzante Are you sure you want to quit?

Oggi libri come questo sono preziosi. Sono mappe per uscire dalle paludi culturali che bollano come iniquo ciò che non capiscono e/o non vogliono sforzarsi di conoscere. Ciò che l’autore con tono bonario e nostalgico vuole dimostrare, è che ridurre alla parola “gioco” un fenomeno di tale portata sociale, culturale ed economica significa non capire il mondo in cui viviamo. Quello, per capirci, dove siamo in tanti ad aver caricato i bagagli in macchina canticchiando il motivetto del Tetris.

Chi già sguazza nel mare videoludico, ma non ne ha una conoscenza enciclopedica, troverà in questo volume spunti interessanti di approfondimento. Mentre chi fino a oggi ha snobbato per pigrizia o altezzosità questo open world, lo scoprirà vasto, complesso e divertente da scoprire.
Il vero nerd, infine, probabilmente non uscirà arricchito dalla lettura, ma si troverà ad annuire con la testa, indossando lo stesso sorriso ebete che avrà, da vecchio, guardando la vetrina di Game Stop con le mani dietro la schiena.

Davide Cerreja Fus

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