“Il rosso e il blu” di Luca Giommoni – “Da un grande potere derivano grandi responsabilità e anche la cittadinanza, spero”

Anni fa lessi un romanzo di Massimo Cuomo, Piccola osteria senza parole (edizioni e/o) e mi piacque molto. Era ambientato in un paesino veneto fittizio degli anni Novanta, una storia corale e sospesa, con personaggi a cui ti affezioni subito e che nel corso della lettura diventano “tuoi amici”. È un libro a cui penso spesso e questo è il bello della letteratura: quando le storie ti si attaccano e diventano parte di te anche a distanza di mesi o anni significa che l’autorə ha fatto un buon lavoro. Mi è capitata la stessa cosa leggendo Il rosso e il blu di Luca Giommoni (effequ) per il quale credo che il sottotitolo calzi a pennello: “Una comune favola di migrazione”.

La causa dei migranti è quella che mi sta più a cuore: non so se sia perché sia siciliana, terrona emigrata al nord per lavorare con le parole e con i libri, non so se sia perché nella mia città esista un centro di accoglienza o se mi senta semplicemente troppo umana. Parlo spesso dell’argomento, leggo saggi e articoli, ma anche romanzi che narrano storie vere o inventate in cui i protagonisti sono persone, perlopiù giovani, che partono – spaventati, emozionati, ma speranzosi – per darsi la possibilità di cambiare vita. Mi commuovo sempre, inutile negarlo. E mentre penso continuamente a cosa possa fare di più, rifletto sul romanzo di Luca Giommoni, una vera e propria favola che non racconta di tratte e di traversate, ma della vita che si svolge in una struttura, il centro di accoglienza straordinaria Arcobaleno. In un’atmosfera sospesa, quasi magica, si incontrano personaggi eclettici, buffi, a volte tristi, a volte felici, a cui è impossibile non affezionarsi.

Il responsabile della struttura è Manfredi, un tipo schietto che combatte il razzismo e i problemi sociali grazie a fialette puzzolenti che dispensa ai suoi colleghi. C’è poi Valerio, insegnante di italiano, attanagliato dalle sofferenze altrui che si mescolano con le sue; Santiago, proveniente dalla Repubblica Dominicana che per sbarcare il lunario decide, con la moglie, di sfornare figli in continuazione e, infine, Malang, mediatore linguistico.
Tutti e quattro sono accomunati dalla passione di lavorare nel sociale, lo fanno a modo loro, con i pochi mezzi e le poche risorse a disposizione, rimboccandosi le maniche e annaspando in un sistema che spesso si rivela ostile.

Al CAS Arcobaleno è arrivato da poco Makamba, un giovane partito dal Mali con un quaderno di famiglia scritto in una lingua comprensibile solo a lui e pieno di cifre. La sua missione è quella di aggiustare il mondo attraverso l’acqua, equilibrando i rubinetti di ogni Paese in cui va (e di viaggi, insieme a lui, durante la lettura, se ne fanno davvero parecchi arrivando perfino a Dublino!).

Sono le nove di sera ed entrambi sono appostati a pochi metri da Dublino. Fagadan si fruga in tasca e tutto gli sembra più semplice al tatto della gomma per cancellare. La luce della luna ancora bassa nel cielo si riflette sullo strato argentato della coperta termica di Makamba.
«Anche io ne avevo una» dice Fagadan toccando un lembo della mantellina, come se si fosse accorto solo ora di com’è vestito l’amico.
«Riscalda come un pomeriggio in Mali» sorride Makamba.
«Quando ho capito che con la gomma potevo cancellare gli errori» si confida Fagadan senza distogliere gli occhi dall’obbiettivo «la prima cosa che ho cancellato è stata la Libia».
«In cosa l’hai corretta?»
«In un cielo stellato. Mia nonna rimaneva nottate intere a osservarlo. Diceva sempre che bisognerebbe imparare dal cielo: subisce di tutto e continua a dare stelle».

In ogni posto in cui va Makamba si fionda in bagno, gira e rigira i pomelli dei rubinetti per compiere la sua impresa per equilibrare il mondo, creando danni, dando vita a un putiferio, a un teatrino comico in cui volano urla e improperi mentre l’unico che rimane tranquillo davanti a tutto ciò è proprio il giovane maliano che non manca di appuntare ogni volta i dati sul suo quaderno.

Ad accompagnarlo nei suoi giri ci sono altri migranti, ospiti del centro, che provengono da Paesi diversi e parlano idiomi differenti (le parti dialogate in lingue straniere vengono segnalate dal corsivo): Terry, Billy Idol, Fagadan, Benedict e molti altri, ognuno con i propri ideali e i propri sogni, le proprie cicatrici e le proprie esperienze. Personaggio a parte che merita un plauso è senza dubbio Vasco (ma non svelerò di più…).

Il rosso e il blu è una favola, a tratti realistica, a tratti surreale, in cui Giommoni descrive velatamente i problemi di oggi che non riguardano soltanto il fenomeno della migrazione, ma anche e soprattutto le difficoltà dei centri di accoglienza, dei permessi di soggiorno, dei contratti in nero. L’autore racconta – in alcune parti in maniera toccante – dei migranti sottopagati che lavorano ugualmente, in condizioni pessime, soltanto per poter mandare i soldi alle loro famiglie e ci dà uno sguardo ampio su quanto possa essere forte la paura nei confronti del famigerato Trattato di Dublino. È un romanzo che tra una risata e qualche lacrima porta alla riflessione che scrivevo all’inizio: cosa posso fare di più? Se ve lo domandate anche voi, la risposta è semplice: potreste leggere questo libro.

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