La buona notte di Angelo Canaletti

Leggendo il romanzo di Angelo Canaletti La buona notte (Collana Le giraffe Noir, Robin edizioni, 2020), ci si interroga sul genere da cui l’autore può aver tratto ispirazione. Un racconto giallo si sviluppa con una narrazione che prevede una serie di fasi ben definite: una struttura a schema rigido con un enigma da sciogliere – una donna scomparsa, uno strano delitto, una serie misteriosa di furti, meglio se avvenuti in un luogo culturale o sociale di rilievo, un museo, una chiesa, una villa antica. Viene ingaggiato un detective che deve raccogliere indizi, individuare delle piste da seguire, verificare gli alibi delle persone coinvolte, formulare delle ipotesi sul movente, e incastrare il colpevole mettendolo alle strette.

Si ipotizza un rinvio al genere noir: potrebbe trattarsi di quel tipo di storia che viene definita di
intrattenimento con un delitto già avvenuto e con l’impossibilità di giungere alla risoluzione. Spesso
esiste un investigatore che indaga su possibili colpevoli e con un assassino il più delle volte
impunito, perché abile a non lasciare indizi. Si tratta in ogni caso di un racconto sospeso, alla
ricerca del colpevole
.

Il romanzo di Angelo Canaletti si presenta molto chiaro fin dall’inizio: il lettore si chiede fino a che
punto si possa spingere il protagonista del romanzo. Un uomo svolge un lavoro particolare, che
deve nascondere. Una donna giovane innamorata lo attende sempre a qualsiasi ora e con qualsiasi
richiesta. Le tante domande e i dubbi femminili sono mal sopportati e l’uomo non sa e non può
darle nessuna risposta e nessuna certezza.

La sua vita si snoda tra due binari. C’è un anziano, malato di Alzheimer da accudire. Il vecchio
(come lo chiama il protagonista sempre) ha perduto ogni facoltà sensoriale. È un anziano dalle mani
tremanti e il viso straziato, costantemente mal tollerato. La storia è costruita su doppie verità da
nascondere.
Gli atteggiamenti del protagonista spiazzano, disorientano. Occorre entrare in punta di piedi nella
psicologia di quest’uomo: così freddo e cinico a volte, così dubbioso, triste e maledettamente
infelice a tratti.

È un uomo che vive di notte. I suoi incontri notturni preludono a qualcosa di già previsto.
L’inquietudine notturna, i silenzi e il lavoro da eseguire. Perfetto, calibrato. Le notti cupe si fanno
piene di urla e rompono i prolungati silenzi. E poi ancora quel punto fermo. Doloroso, lì in quella
casa, ormai diventata sede di donne straniere delegate a curare il vecchio. Un rapporto tra i due
uomini che il protagonista definisce «ipocrita».
La narrazione prosegue seguendo l’andamento ciclico stagionale e tocca varie località italiane. Dal
Nord al centro. È la volta del Veneto e della misteriosa e impenetrabile Venezia:

Piazza San Marco è impenetrabile e questo attira la folla, che tende a stiparsi, lungo le calli di accesso. Credo dovrò lottare almeno un’altra mezz’ora prima di potermi mettere a salvo. Comunque ho ancora tempo. Venezia conclude e riapre ogni cosa con l’acqua del mare melmoso della laguna, ricama e trasforma i paesaggi con gli archi degli arabi ottomani, affonda lentamente nella sabbia in sella ai leoni del Santo.

Angelo Canaletti, La buona notte

La giovane innamorata è sempre lì ad attenderlo. E il protagonista si lascia andare, la abbraccia, la
stringe forte e i pensieri si confondono tra «i flutti verdi dell’Adriatico che si gonfia. È lo sforzo dei
vinti»: il tentativo di stare bene anche quando si è a pezzi; sereno e infelice allo stesso tempo,
irrequieto e cinico per dovere e inerzia. Non si tratta di finzione, ma di realtà che si materializzano
in un colpo dietro l’altro, in fredde e glaciali esecuzioni
.

La storia, abilmente costruita dall’autore, alterna momenti di ritmo narrativo costante in cui si
susseguono con rapidità gli episodi, e pause riflessive arricchite da brevi descrizioni paesaggistiche suggestive e di effetto. Il lettore si sofferma per cercare di comprendere l’animo del protagonista,
che sente un vuoto attorno e il suo peregrinare criminoso è una scelta cercata.

Quando tira vento dal mare le cose cambiano. Ascolto i tuoni e osservo le onde, all’orizzonte si muovono nuvole fatte di latta e d’argento, striate come graffi profondi nel cielo ricurvo su se stesso. Penso che questo vivere sia un male, una punizione; il castigo che fa il paio con l’ostinazione a voler sopravvivere in modo osceno. Sento l’acqua arrivarmi ai piedi, ricordo a me stesso che ci sono stati momenti in cui vivere valeva la pena… quando si dava retta ai consigli dei saggi. Penso a Demetrio Stratos, alla sua Il bandito del deserto.
Ora il deserto è ovunque e io sopravvivo da bandito.

Angelo Canaletti, La buona notte

Il vecchio è gravemente malato. L’autore non risparmia nessun dettaglio sulle conseguenze di una
malattia ancora così poco curata. E si percepisce un senso di comunanza esistenziale fra il
protagonista e il malato. Non ci sono speranze, se non l’accettazione passiva di una condizione
destinata a peggiorare.

Due vite che non potranno che peggiorare, corrispondenza biunivoca, accoppiamento strutturale tendente al disastro.
Prendo le distanze, mi dissocio, esco. Il vecchio accenna ad un saluto perché non ha perso le buone maniere. L’altra dice “ciao”, poi affonda le unghie nello stomaco del dolore. Pensa di essere una badante; in effetti è un minatore senza casco e senza luce.

Angelo Canaletti, La buona notte

Anche alcuni eventi casuali finiscono per condizionare tragicamente il destino delle persone incontrate dal protagonista: una cena di classe, una donna incontrata per caso, gente con una vita normale, già segnata: freddezza, lucidità, angoscia, sgomento nel fluire della vita. Un uomo perennemente in viaggio, mai alla conquista di un sogno o di un desiderio.

Raccontami di Bologna. Ci siano stati insieme, raccontami di Firenze. Raccontami di Napoli, di Venezia, raccontami di Bari, di Lecce, della Sicilia e Cariddi. Raccontami del porto, dei cantieri, delle barche del tuo vecchio. Dei legnami e delle asce. Di quando non si diceva sempre sì. Raccontami del tuo eskimo e di quello che avevi comprato per me. Blu e non verde; raccontami del mare e dei viaggi in montagna, della Francia e delle notti passate a parlare.

Angelo Canaletti, La buona notte

Il romanzo di Angelo Canaletti si presta a diverse letture interpretative. La storia corre su due binari
di vita che spesso si incrociano e urtano paurosamente: freddezza e cinismo del killer e la necessità
forzata di assistere un grave malato in casa. Il linguaggio è crudo, a tratti volutamente
esagerato per connotare maggiormente il protagonista, che percorrendo i due itinerari esistenziali
tragicamente compromessi, non può fare altro che portare avanti i propri piani.
Da sottolineare il racconto della drammatica esperienza di un anziano malato di Alzheimer,
descritto con un’oggettività spiazzante, ma che invita a riflettere.

Mariangela Lando

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